La questione risaliva ad alcuni anni. L'interessato aveva usufruito a decorrere dal 1 ° luglio 2008 di una mobilità a seguito della risoluzione del rapporto di lavoro e aveva maturato i richiesti 40 anni di contributi ed il relativo diritto al trattamento pensionistico - sulla base delle allora vigenti disposizioni normative in materia pensionistica - nel mese di giugno 2015 con decorrenza della pensione a partire dal mese di ottobre 2016 (decorsi i 12 mesi di finestra mobile unitamente ai 3 mesi della cd. speranza di vita). Il lavoratore aveva quindi presentato istanza di accesso nel profilo dei lavoratori cd. cessati dal servizio entro il 2011 nell'ambito di procedure di conciliazione con l'azienda o in applicazione di accordi sindacali in quanto risultava rispettato il termine di decorrenza della pensione stabilito dalla settima salvaguardia, cioè il 6 gennaio 2017.
Il lavoratore aveva quindi presentato domanda di salvaguardia ottenendo, peraltro, l'accertamento del profilo di tutela da parte della DTL competente. L'lnps, tuttavia, contestava la fondatezza della domanda sulla base del fatto che l'assicurato aveva presentato il 7 agosto 2003 l'opzione per il sistema di calcolo contributivo ai sensi dell'articolo 1, co. 23 della legge 335/1995 sostenendo che la salvaguardia pensionistica non potesse applicarsi a coloro che avessero optato per il calcolo contributivo prima del 31 dicembre 2011.
La Corte d'Appello, tuttavia, ha respinto la tesi dell'Inps confermando quando già emerso durante il giudizio di primo grado. Secondo la Corte, infatti, le norme di salvaguardia, previste dall’art. 24 DL n. 201/2011, convertito con modificazioni nella Legge Fornero, "ed indi estese dall’art. 1 comma 265 L. n. 208/2015, nel disporre il mantenimento delle più favorevoli soglie di età ed anzianità contributiva previste nel regime pensionistico previgente alla riforma Fornero, non solo in favore di chi avesse maturato i requisiti contributivi prima dell’entrata in vigore della riforma ma anche in favore di altre specifiche categorie meritevoli di speciale cautela – quali i lavoratori il cui rapporto di lavoro si era risolto in base ad accordo conciliativo con concessione di incentivo all'esodo – non operano alcuna distinzione tra chi avesse o non avesse esercitato l’opzione per il regime contributivo piuttosto che retributivo, in base alla disciplina prevista dalla L. n. 335/1995. Pertanto, nel silenzio della legge, non può aderirsi all’interpretazione restrittiva della legge invocata dall’INPS, secondo cui “lex plus dixit, quam voluit”, non intendendo il legislatore accordare il beneficio in questione a chi avesse esercitato l’opzione anzidetta".
I giudici stabiliscono, quindi, il principio - assolutamente condivisibile - secondo cui l’opzione al sistema contributivo non può influire sulla maturazione del diritto al pensionamento, che prescinde dalla scelta del sistema di calcolo della sua liquidazione. E pertanto non può essere di ostacolo all'inserimento nelle salvaguardie pensionistiche.