Riprende seppur di poco la rivalutazione dei montanti contributivi. Dopo la pausa dello scorso anno, dovuta ad un tasso negativo, nel 2022 la rivalutazione effettiva, sarà pari allo 0,9758%. Il Ministero del Lavoro ha diffuso ieri, su indicazione dell'Istat, il valore da utilizzare per rivalutare il montante contributivo delle pensioni con decorrenza a partire dal 1° gennaio 2023.
Il tasso 2022
Nello specifico il tasso medio annuo composto di variazione del prodotto interno lordo nominale, nei cinque anni precedenti il 2022, è risultato pari a +0,009973 e, pertanto, il coefficiente di rivalutazione è pari a 1,009973. Tuttavia si dovrà recuperare la mancata svalutazione dell’anno scorso quando il coefficiente di capitalizzazione fece registrare un valore negativo (-0,000215) a causa della pandemia da Covid-19. L'articolo 5, co. 1 del dl n. 65/2015 convertito con legge n. 109/2015 prevede, infatti, che il tasso non possa acquisire un valore negativo rinviando il recupero della differenza alla prima rivalutazione positiva utile. Lo scorso anno, infatti, si utilizzò un valore pari a 1 e ora dal coefficiente 1,009973 andrà sottratto il valore pari a 0,000215. Pertanto il coefficiente di capitalizzazione «effettivo» sarà pari a 1,009758 (ossia dello 0,9758%), almeno in assenza di correttivi legislativi.
Il tasso, come consueto, fungerà da parametro per rivalutare il montante acquisito al 31 dicembre 2021 per i lavoratori iscritti alle gestioni della previdenza pubblica obbligatoria (INPS), che andranno in pensione tra il 1° gennaio 2023 ed il 31 dicembre 2023.
Montante
Come noto, infatti, in base alla riforma Dini il montante contributivo (quel tesoretto che viene annualmente messo da parte dai lavoratori con il versamento dei contributi previdenziali) viene annualmente rivalutato in base all'andamento della crescita nominale del prodotto interno lordo degli ultimi 5 anni (il cd. tasso di capitalizzazione). Il tasso di rivalutazione si applica alla parte contributiva di tutte le pensioni (di vecchiaia, di anzianità, di invalidità) erogate dalla previdenza pubblica obbligatoria (cioè dall'INPS), e quindi è importante per chi ha iniziato a versare i contributi dal 1996, perché la sua pensione sarà calcolata interamente con il metodo contributivo; è meno impattante per chi aveva meno di 18 anni di contributi nel 1995, in quanto soggetto al sistema misto (retributivo-contributivo); ed ancor meno significativo per chi aveva più di 18 anni di contributi nel 1995 dato che il metodo contributivo si applica solo ai versamenti effettuati dal 2012 in poi.
L'ammontare dei contributi che ogni anno si traduce in pensione è determinato dall'aliquota di computo che risulta pari al 33% della retribuzione percepita per i lavoratori dipendenti (per gli autonomi l'aliquota è più bassa, e risulta compresa tra il 24 ed il 25% a seconda del profilo dell'assicurato). E' questo il valore che ogni anno deve essere rivalutato per la media quinquennale del Pil.