Il meccanismo consente un anticipo dell'età pensionabile sino ad un massimo di 4 anni rispetto alla normativa vigente, a patto che l'azienda esodante corrisponda, con oneri interamente a suo carico, un assegno ai lavoratori per l'intero periodo di esodo, sino al perfezionamento dei requisiti per il pensionamento. Il periodo di 4 anni è stato peraltro portato recentemente a sette anni dalla legge di bilancio per il 2018 (qui i dettagli). L'azienda in questo caso dovrà versare, oltre all'assegno, anche la relativa copertura contributiva (cioè la contribuzione correlata), utile a garantire ai lavoratori la copertura pensionistica fino al raggiungimento del diritto all'assegno di quiescenza definitivo, senza dunque che la procedura determini alcuna penalità sulla pensione per il lavoratore e alcun costo per l'Inps.
L'esodo vale solo per il pensionamento anticipato o di vecchiaia
Secondo l'Inps però la prestazione, a seguito dei correttivi introdotti dalla legge 232/2016, non può che essere parametrata all'accesso delle prestazioni pensionistiche di base: vale a dire la pensione di vecchiaia e la pensione anticipata. Non è possibile, dunque, calcolare il momento di accesso all’«isopensione» in funzione di altre discipline come quelle relative ad unificazioni di periodi contributivi (totalizzazione e cumulo). Stesso discorso vale per l'opzione donna e per l'assegno straordinario di solidarietà erogato dai fondi settoriali.
Mauro, ad esempio, è un lavoratore con 34 anni di contributi nel fondo telefonici e 5 anni di contribuzione nella gestione speciale dei commercianti risalente a molti anni prima, per un totale di 39 anni di contribuzione tra le due gestioni previdenziali. Il suo datore di lavoro avrebbe intenzione di collocarlo in isopensione pagandogli la contribuzione necessaria a ragguagliare i 42 anni e 10 mesi utili per la pensione anticipata. Ma non potrà farlo in quanto, nel caso di specie, la pensione anticipata sarebbe raggiunta con il cumulo dei periodi assicurativi tra le due predette gestioni previdenziali. In questo caso Mauro dovrebbe quindi ricongiungere la contribuzione presso (l'ex) fondo telefonici ai sensi della legge 29/79 sostenendo il relativo onere economico oppure far trascorrere almeno altri quattro anni di lavoro. Una limitazione piuttosto significativa. In tale ultima circostanza Mauro potrà scegliere se beneficiare fino alla scadenza della «isopensione» o presentare domanda di pensione anticipata alla maturazione dei requisiti tramite il cumulo dei periodi assicurativi tra il Fondo telefonici e la gestione dei lavoratori autonomi. Accertato il diritto a quest'ultima, l'INPS sospende l'erogazione della «isopensione» e liquida la prestazione richiesta.
Un discorso del tutto analogo vale per Cristina, una lavoratrice che ha 36 anni nel FPLD ed altri 6 anni in Gestione Separata dell'Inps. Pur avendo ragguagliato un totale di 42 anni tra le due gestioni previdenziali non può accedere all'isopensione finchè non avrà raggiunto un'anzianità contributiva di circa 38 anni nel FPLD. Nel caso di Cristina non si può, infatti, neanche ipotizzare una ricongiunzione dei contributi dalla gestione separata al FPLD.
La discriminazione è evidente: secondo l'interpretazione dell'Inps e del Ministero del Lavoro un lavoratore che maturasse i 42 anni e 10 mesi di contributi in una unica gestione previdenziale avrebbe diritto all'assegno di esodo; mentre se i 42 anni e 10 mesi fossero maturati sommando i contributi presenti in diverse gestioni previdenziali (es. Fpld e Gestione Separata) allora lo strumento sarebbe precluso.