Il prossimo anno si tornerà alle fasce di perequazione più generose della legge n. 388/2000 in vigore sino al 31 dicembre 2011, prima dell'entrata in vigore della Legge Fornero, come modificata dall'articolo 1, co. 478 della legge n. 160/2019. La bozza di manovra per il 2025, trasmessa ieri in Parlamento, infatti, non proroga l’attuale modulo perequativo (temporaneo) previsto dalla legge n. 213/2023 con la conseguenza che si tornerà ai criteri più favorevoli soprattutto per gli assegni più elevati.
Due le novità in arrivo. In primo luogo sarà incrementata la percentuale di perequazione degli assegni superiori a quattro volte il minimo Inps (cioè oltre 2.993€ lordi al mese al 31 dicembre 2024); in secondo luogo l'indicizzazione sarà applicata in forma progressiva, superando il criterio attuale che vede gli aumenti annui finire direttamente sulla fascia di importo complessivo. Questo criterio era stato reintrodotto per il solo 2022 per poi essere accantonato nel 2023 e nel 2024 quando il costo per le casse statali sarebbe stato proibitivo.
La legge di bilancio, inoltre, prevede una rivalutazione straordinaria delle minime del 2,2% per il 2025 e dell’1,3% per il 2026 e una sorpresa negativa (e a rischio costituzionalità) per i pensionati residenti all’estero: se l'importo della prestazione è superiore al trattamento minimo non sarà riconosciuta alcuna rivalutazione nel 2025.
Le nuove fasce di indicizzazione sono esposte nella tavola seguente.
Gli incrementi del 2025
Nello specifico:
- le rendite non superiori al trattamento minimo (598,61€ al mese) godranno, oltre alla rivalutazione del 100% dell’indice Istat, anche una rivalutazione straordinaria del 2,2% (con riassorbimento della rivalutazione straordinaria del 2,7% riconosciuta quest’anno);
- le rendite entro le quattro volte il minimo (cioè entro i 2.394,44€ lordi al mese al 31 dicembre 2024) avranno la rivalutazione del 100% dell’indice Istat;
- le rendite superiori a quattro volte e comprese entro le cinque volte il minimo (cioè entro 2.993,04€ lordi al mese al 31 dicembre 2024) avranno il 100% dell’indice Istat sino a 2.394,44€ ed il 90% dell’indice Istat per la quota eccedente;
- le rendite superiori a cinque volte il minimo (cioè oltre 2.993,04€) avranno il 100% dell’indice Istat per la quota sino al 2.394,44; il 90% dell’indice Istat per la quota superiore a 2.394,44€ sino a 2.993,04€ e il 75% dell’indice Istat per la quota eccedente 2.993,04€.
L’aumento delle fasce di indicizzazione fa da contraltare alla diminuzione dell’inflazione. L’indice Istat per il 2024 dovrebbe, infatti, attestarsi intorno all’1% rispetto al precedente 5,4% e 8,1% del 2022 quando la rivalutazione degli assegni d'oro e d'argento è stata fortemente compressa. Ormai non è un mistero che per fare cassa il Governo agisce come una fisarmonica comprimendo la rivalutazione degli assegni più alti nei periodi di alta inflazione. In questo modo, tuttavia, il potere d'acquisto delle rendite viene compromesso progressivamente nel tempo per l'effetto trascinamento.