Pensioni, Padoan: lavoriamo ad uscite flessibili a partire dai 62 anni. Ma si dirà addio alla tredicesima

Valerio Damiani Lunedì, 01 Giugno 2015
Il Ministro dell'Economia conferma che l'asticella al di sotto della quale non si potrà andare è quella dei 62 anni unitamente a 35 anni di contributi. Uscita che sarà centrata con una decurtazione strutturale sull'assegno.

Kamsin Trovare una soluzione sostenibile per rendere più flessibile la riforma Fornero delle pensioni e dare più chance ai giovani di trovare lavoro. Lo ha detto ieri il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, in una nota diffusa dalle principali agenzie di stampa. Le misure dovranno essere tuttavia compatibili con la tenuta del sistema nel futuro e con quella dei conti e per questo motivo il governo sta valutando se una flessibilità in uscita dal lavoro verso la pensione sia sostenibile per le finanze nel lungo termine.

"Se troviamo una soluzione -dice- potrebbe essere uno strumento per favorire ulteriormente l'occupazione giovanile". E proprio per limitare il più possibile l'impatto, nell'immediato, sulla finanza pubblica, si sta ragionando sulle penalizzazioni da introdurre per chi scelga di andare in pensione in anticipo, che potrebbe essere fissata a un tetto massimo di una mensilità ogni anno per chi se ne va a 62 anni, l'età minima su cui comunque tarare la nuova flessibilità. Una decurtazione che si tradurrebbe, facendo qualche calcolo grezzo, in circa 1.500 euro in meno all'anno su una pensione di 19.500 euro lordi. Lo scambio a cui si ragiona è quello in pratica di lasciare la tredicesima mensilità nelle casse dello Stato (per sempre!) in cambio di un anticipo di 4 anni della pensione.

Proprio questo prevedono i due ddl depositati dai Presidenti di Camera e Senato in entrambi i rami del Parlamento: uscita a 62 anni e 35 di contributi con una riduzione del trattamento dell'8% (ddl 857 di Damiano e il recente ddl 1941 a firma Sacconi). La ripresa dell'economia, la conclusione della Riforma del Lavoro e la maggiore flessibilità concessa in Europa potrebbero ora giocare a favore di un intervento in tale direzione. "Noi siamo pronti e chiediamo un confronto sulle nostre proposte, Ci auguriamo - puntualizza l'ex ministro del Lavoro Damiano - che il governo e non l'Inps avanzi a sua volta la sua ipotesi". Fondamentale è però che non si pensi a dare flessibilità in cambio del ricalcolo dell'assegno tutto con il metodo contributivo. E nessuno, avverte Damiano, si immagini di "usare la 'minaccia' del ricalcolo di tutti gli assegni già erogati" con il retributivo perché scatenerebbe lo scontro sociale e rischierebbe di portare molti pensionati sotto la soglia della povertà.

Se la strada sulla flessibilità sembra ormai piu' chiara resta tutto da comprendere il destino dei lavoratori precoci, delle lavoratrici del settore privato e della speranza di vita. I primi, soprattutto uomini, chiedono un'uscita a 41 anni di contributi; le lavoratrici vorrebbero una maggiore gradualità nell'innalzamento dell'età pensionabile (dato che dal prossimo anno la Legge Fornero ha in serbo un brusco innalzamento dell'età di uscita di vecchiaia); da vedere anche se ci sarà spazio per una revisione del meccanismo della stima vita che, attualmente, tratta tutti i lavoratori allo stesso modo. 

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