La pandemia continua a frenare gli adeguamenti dell'età pensionabile anche nel biennio 2025-2026. Lo certifica la nota di aggiornamento al rapporto n. 22 elaborato dalla Ragioneria Generale dello Stato (RGS) diffuso ad inizio anno che rivede le previsioni di medio-lungo periodo della spesa pensionistica e socio-sanitaria. Si potrà ancora uscire a 67 anni almeno sino al 31 dicembre 2026 sconfessando la precedente previsione, invece, prevedeva un aumento di tre mesi dal 1° gennaio 2025.
Dal 2013, infatti, i requisiti pensionistici nel sistema pubblico obbligatorio sono stati agganciati all'andamento della speranza di vita ISTAT ed hanno già fatto salire l'età pensionabile di un anno (da 66 a 67 anni) in tre adeguamenti triennali (nel 2013 di 3 mesi; nel 2016 di altri 4 mesi; nel 2019 di altri 5 mesi). Dal 2021 gli adeguamenti sono biennali ma gli ultimi due adeguamenti (2021-2022 e 2023-2024) sono già saltati a causa dell'emergenza sanitaria che ha falciato la popolazione più anziana (qui i dettagli). L'aspettativa di vita in realtà si sta riducendo ma per un dispetto del legislatore l'età pensionabile non torna indietro e, pertanto, al massimo può restare ferma ai valori attuali.
Ed è proprio quello che mostrano le proiezioni della Rgs che anticipano ogni anno l'evoluzione della spesa pensionistica ed assistenziale. Rispetto alle vecchie previsioni l'età pensionabile resterà cristallizzata anche nel biennio 2025/2026 invece di salire di tre mesi (previsto solo pochi mesi prima); aumenterà poi di due mesi (anziché tre) nel biennio 2027/2028 e di tre mesi in ciascuno dei successivi quattro bienni per poi assestarsi ad un incremento di due mesi dal 2037 in poi. In sostanza l'età per la pensione di vecchiaia resterebbe ferma a 67 anni sino al 31 dicembre 2026 per poi salire a 67 anni e 2 mesi dal 1° gennaio 2027 al 31 dicembre 2028 e passare a 67 anni e 5 mesi dal 1° gennaio 2029.
Stesso iter anche per la pensione anticipata perché dal 1° gennaio 2027 perde la sospensione degli adeguamenti stabilita dal dl n. 4/2019. Pertanto dal 1° gennaio 2027 si salirebbe a 43 anni di contributi (42 anni le donne); dal 1° gennaio 2029 a 43 anni e 3 mesi (42 anni e 3 mesi le donne); dal 1° gennaio 2031 a 42 anni e 6 mesi (42 anni e 6 mesi le donne) fermo restano che a questa prestazione si continuerà ad applicare una finestra mobile trimestrale rispetto alla maturazione del requisito (a differenza della pensione di vecchiaia). In tabella
Ovviamente i dati vanno ancora presi con beneficio d'inventario. Per l'ufficialità, infatti, occorre attendere la fine del 2023 quando l'Istat comunicherà il tasso ufficiale applicabile ma comunque si tratta di una trend da tenere in considerazione.