Pensioni, Sindacati uniti contro l'adeguamento automatico alla speranza di vita

Davide Grasso Mercoledì, 25 Ottobre 2017
Le tre sigle confederali chiedono un ripensamento per le preoccupanti ripercussioni sul mondo del lavoro e per la sostenibilità sociale.
Non tutti i lavori sono uguali, il Governo mantenga fede agli impegni assunti nell’intesa del 28 settembre 2016. L’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aspettativa di vita comporta conseguenze preoccupanti in un mercato del lavoro caratterizzato da un’elevata disoccupazione sia giovanile che over 50, e in cui sono ancora evidenti le ferite causate dall’aumento repentino dei requisiti pensionistici dovuto alla legge Monti-Fornero, che ha creato il drammatico fenomeno degli esodati”. Lo dichiarano, in una nota congiunta, i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil Roberto Ghiselli, Maurizio Petriccioli e Domenico Proietti all'indomani della comunicazione da parte dell'Inps dell'entità del prossimo adeguamento alla speranza di vita. 

Le tre Confederazioni chiedono quindi “il blocco dell’adeguamento all’aspettativa di vita previsto per il 2019 e l’avvio del confronto per una modifica dell’attuale meccanismo per superare e differenziare le attuali forme di adeguamento, tenendo conto anche delle diversità nelle speranze di vita e nella gravosità dei lavori”.  “Inoltre - aggiungono - è legittimo qualche dubbio sull’assoluta esattezza delle stime fornite dall’Istat poiché in più di un’occasione l’Istituto ha rettificato misurazioni prodotte anche con notevoli oscillazioni, come nel caso del Pil lo scorso giugno”.

Cgil, Cisl e Uil spiegano che “l’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aumento di cinque mesi dell’aspettativa di vita, certificato dall’Istat, porterebbe l’età pensionabile degli italiani a 67 anni, requisito che, a normativa vigente, si sarebbe dovuto raggiungere, nel 2021”. “Quindi - proseguono - non si tratta, come affermato scorrettamente da alcuni professori e esponenti delle istituzioni, di minare la tenuta finanziaria del sistema previdenziale ma, al contrario, di garantirne nel tempo la sostenibilità anche sociale”.

“Occorre ricordarsi - concludono Ghiselli, Petriccioli e Proietti - che dietro i numeri e gli automatismi esistono persone e storie lavorative, anche per prevenire e limitare i rischi di malattie ed infortuni professionali connessi all’aumento dell’età, e sarebbe molto grave ignorarlo”. 

Dello stesso avviso anche il Presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, che dal suo blog torna sul tema: “Si può rimandare il decreto che fissa a 67 anni l’età di pensione a giugno 2018, del resto l’adeguamento scatterebbe dal 2019. O – suggerisce sempre Damiano – si può dare corso a quanto scritto nel verbale con Cgil, Cisl e Uil, bloccando l’aspettava di vita anche per i lavoratori che accedono all’Ape sociale”. Innanzitutto, spiega Damiano, “vorrei sapere come si fanno i conti. Perché penderli a scatola chiusa senza conoscere il meccanismo può portare ad amare sorprese, come abbiamo visto nel caso degli esodati. Le previsioni Inps e Rgs sull’ottava salvaguardia indicavano in 30.700 le persone da salvaguardare. Questo ci ha costretto a una battaglia per le coperture finanziare, salvo scoprire a consuntivo che siamo arrivati a metà”.

Stesso discorso, aggiunge, per l’Ape social: “60 mila posti a disposizione” ma “se non si allargano le maglie interpretative, rendendole meno rigide e burocratiche, come detto da Renzi, arriviamo a respingimenti del 65-70%. Sarebbe – evidenzia Damiano – non solo inaccettabile ma un fallimento del Governo”.

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