Pensioni

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Il Governo ha approvato il decreto legge sulle rivalutazioni delle pensioni interessate dal blocco biennale dell'indicizzazione. Gli assegni superiori a sei volte il minimo inps non vedranno alcun effetto mentre quelli inferiori otterrano una mancia una tantum.

Kamsin I rimborsi per i pensionati con trattamenti ricompresi tra 3 e 6 volte il minimo, oggetto del recente decreto legge 65/2015 varato lunedì scorso dal Governo saranno automatici. Non dovranno essere prodotte particolari istanze o domande da parte degli interessati. Sarà l'Inps il primo di Agosto a restituire una somma una tantum oscillante tra i 300 euro e gli 800 euro per chiudere i conti con il blocco dell'indicizzazione del biennio 2012-2013.

A questi importi dovrebbero aggiungersi anche ulteriori denari per coprire il trascinamento sull'anno 2014 e dei primi sette mesi del 2015 mentre la partita per gli ultimi mesi del 2015 e 2016 si risolverà probabilmente con un piccolo incremento dell'assegno a partire da settembre. Si vedrà. Anche perchè non è detto che nel corso di conversione in legge del decreto non si apportino modifiche in quanto il meccanismo di rivalutazione del biennio 2014-2015 e dell'anno 2016 non risulta del tutto chiaro (qui intanto è possibile stimare gli effetti sull'assegno del decreto legge varato dal Governo).

Il bonus sarà comunque molto ridotto rispetto a quanto il Governo avrebbe, in teoria, dovuto corrispondere dopo la sentenza della Corte Costituzionale. Le cifre messe sul piatto copriranno infatti poco piu' del 20% del dovuto per gli assegni tra 3 e 4 volte il minimo e si ridurranno gradualmente sino al 5% del dovuto nell'ultima fascia, quella ricompresa tra 5 e 6 volte il minimo. A bocca asciutta rimarranno gli assegni superiori a 6 volte il minimo per i quali, in pratica, il Governo ha ripristinato completamente la normativa previgente alla decisione della Consulta. Una decisione che ha mandato su tutte le furie le associazioni di categoria (in primis Federmanager e ManagerItalia) le quali sono pronte a dare il via ad una nuova battaglia legale in Tribunale.  

Gli assegni superiori a 6 volte il minimo sono, del resto, quelli che hanno perso di piu', in termini assoluti, nel corso di questi anni. Si pensi che un assegno da oltre 3000 euro lordi nel 2011 ha già lasciato sul terreno oltre 6mila euro in tre anni e mezzo e si trascina dietro una perdita perpetua di oltre 150 euro al mese. Non proprio briciole.

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E' stato depositato ieri in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati il ddl 3114 a firma dei deputati Ciprini-Tripiedi (M5S) in materia di estensione del regime sperimentale donna sino al 31 dicembre 2018 e l'applicazione di particolari benefici previdenziali (in termini soprattutto di contribuzione figurativa) per le lavoratrici madri e per coloro che assistono i familiari disabili ai sensi della legge 104/1992 (i cd. caregiver). Il ddl, ricordano i firmatari, intende ribadire il ruolo dello Stato rispetto al riconoscimento del valore universale della maternità e dei lavori di cura familiare e consentire un anticipo dell'età pensionabile per questi lavoratori. Tra le novità da segnalare la fonte di finanziamento delle misure che viene reperita attraverso la previsione di un tetto alle pensioni d'oro superiori a 5mila euro lordi al mese (10 volte il trattamento minimo inps). Analoghi tetti verrebbero introdotti dagli organi competenti, nei confronti dei vitalizi dei parlamentari e dei consiglieri regionali. I contenuti nel ddl non sono, in verità, del tutto nuovi ma piuttosto riprendono diverse proposte già all'esame della Commissione Lavoro della Camera nell'ambito delle cd. pensioni flessibili. Esame che riprenderà a Giugno in quanto questa settimana non sono previste convocazioni per la Commissione Lavoro della Camera. In calendario c'è l'audizione dei vertici Inps, Istat e del Governo.

Documenti: il testo del ddl 3114

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Il Ministro dell'Economia PierCarlo Padoan ha spiegato martedì presso le Commissioni Lavoro riunite di Camera e Senato gli effetti e le modalità della riarticolazione dell'indicizzazione delle pensioni contenuta nel decreto legge 65/2015. Kamsin  «Il decreto legge - ha detto Padoan - interviene sulla regolamentazione del regime pensionistico per gli anni 2012 e 2013 (direttamente incisi dalla sentenza) e per gli anni successivi.  L’intervento in esame si pone un duplice obiettivo. Da un lato, dare attuazione alla Sentenza n. 70/2015, nell’ottica di ripristinare un adeguamento al costo della vita relativamente agli anni in esame per le pensioni di importo compreso tra circa 1.500 euro lordi e circa 3.000 euro lordi mensili, ispirato a criteri di proporzionalità e nell’ottica di una garanzia di adeguatezza delle prestazioni. Per le pensioni di importo superiore a circa 3.000 euro lordi mensili, la rivalutazione non viene invece riconosciuta, nell’ambito di un’impostazione solidaristica sia intra-generazionale, sia intergenerazionale, in presenza di vincoli di bilancio stringenti».

«La graduazione della rivalutazione in ragione dell’importo del trattamento pensionistico - continua Padoan - risponde al principio della solidarietà intra-generazionale. In un’ottica intergenerazionale, occorre riconoscere che il pagamento di 17,6 miliardi nel 2015, e di circa 4,5 miliardi annui nei prossimi anni, si rifletterebbe negativamente sulla pressione fiscale e sulla fornitura di servizi pubblici e trasferimenti, inclusi quelli alle generazioni più giovani.

Dall’altro, coniugare i principi sanciti dalla Sentenza n. 70/2015 con il mantenimento degli obiettivi di finanza pubblica di convergenza verso l’obiettivo di medio termine (equilibrio di bilancio in termini strutturali), che parimenti si sostanzia in un interesse generale del Paese come sancito dalla Costituzione.

La disposizione adottata prevede, per i trattamenti pensionistici di importo complessivo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS, il riconoscimento della rivalutazione relativa agli anni 2012 e 2013 secondo le seguenti modalità:

per gli anni 2012 e 2013:
1) nella misura del 40 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a tre volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo INPS con riferimento all'importo complessivo dei trattamenti medesimi.
2) nella misura del 20 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo INPS, con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi.
3) nella misura del 10 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS, con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi.
4) la rivalutazione non è riconosciuta per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi.

Per il periodo successivo:
1) negli anni 2014 e 2015 nella misura del 20 per cento di quanto stabilito per le mensilità del biennio 2012-2013, come sopra descritto;
2) a decorrere dall’anno 2016 nella misura del 50 per cento di quanto stabilito per le mensilità del biennio 2012-2013, come sopra descritto».

«A titolo puramente esemplificativo - conclude Padoan - e sulla base di valutazioni di massima, attese le diverse specificità dei pensionati interessati in relazione alle condizioni soggettive e allo specifico importo di pensione, possiamo dire che nel caso di un pensionato che riceve un assegno di circa 1.700 euro lordi mensili, che si colloca fra 3 e 4 volte il trattamento minimo, il beneficio di questo intervento per l’anno 2015 è stimabile in circa 750 euro netti; per un pensionato che riceve un assegno di circa 2.200 euro lordi mensili, che si colloca fra 4 e 5 volte il trattamento minimo, il beneficio è stimabile in circa 460 euro netti; per chi riceve un assegno di circa 2.700 euro lordi mensili, che si colloca fra 5 e 6 volte il trattamento minimo, il beneficio è stimabile in circa 280 euro netti».

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E' stata depositata questa settimana in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati un'interrogazione promossa da Walter Rizzetto (M5S) al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti per conoscere le reali intenzioni del Governo sull'approvazione della settima salvaguardia in materia previdenziale. Kamsin  — Per sapere – premesso che:
è noto che la cosiddetta riforma Fornero dell'anno 2011 ha modificato i presupposti per accedere al trattamento pensionistico non consentendo di godere del diritto alla pensione a migliaia di persone che avevano provveduto al versamento dei contributi previdenziali;


tale riforma ha pertanto determinato una serie di categorie di persone da salvaguardare con ulteriori interventi correttivi della «riforma Fornero», tra le quali, quella dei cosiddetti «lavoratori esodati», ossia coloro che sono stati espulsi dalle aziende in forza di accordi tra le parti sociali in base alla normativa previgente la riforma e che ha impedito agli stessi di andare in pensione, sebbene prossimi al conseguimento dei requisiti pensionistici di vecchiaia o anzianità;
per riparare a tale grave situazione, di notevole contenuto sociale, nel tempo l'Esecutivo ha adottato provvedimenti di «salvaguardia» per consentire ad alcune categorie di persone di accedere al trattamento previdenziale in base alla normativa previgente la «riforma Fornero». Sono stati adottati sei interventi di salvaguardia; l'ultimo si è concretizzato con la legge n. 147 del 2014, a tutela di una serie di lavoratori: da quelli in mobilità a quelli che hanno versato contributi volontari;

tuttavia, ad oggi, sono rimaste ignorate quindi non tutelate ulteriori categorie di persone, ancor più danneggiate di altre per le quali si è proceduto alla salvaguardia. Si tratta di quei soggetti rimasti privi di qualsiasi sostegno economico, poiché all'entrata in vigore della riforma delle pensioni già non avevano un posto di lavoro o lo hanno perso in questi anni, e se non fosse stata attuata la «riforma Fornero», avrebbero avuto il diritto di accedere al trattamento pensionistico dal 2012/2013 entro l'intero anno 2016;

ebbene, individuando gli ulteriori criteri necessari, si ritiene urgente procedere ad un censimento attraverso l'Inps che consenta di individuare queste categorie di persone rimaste fuori dai precedenti provvedimenti di salvaguardia sebbene siano state fortemente danneggiate dalla «riforma Fornero»;
è evidente, infatti, che non sia equo procedere alla salvaguardia solo di alcune categorie di pensionati ed, invece, escludere persone che si trovano in condizioni ancora più disagiate, poiché non consentendo alle stesse di accedere alla pensione, è stato impedito loro di ottenere quella che sarebbe stata l'unica fonte di reddito che da tempo attendevano, considerando che si tratta di soggetti che all'entrata in vigore della «riforma Fornero» erano già privi di un sostegno economico o lo sono a tutt'oggi, poiché non avevano un posto di lavoro o lo hanno perso in questi anni –:
quali siano gli orientamenti del Ministro in relazione a quanto esposto in premessa;

se il Ministro intenda adottare, urgentemente, un'iniziativa normativa di salvaguardia a tutela dei soggetti ancora esclusi come descritti in premessa, dopo aver proceduto – attraverso l'ente previdenziale – ad un censimento di questa tipologia di persone, considerando che l'individuazione esatta di queste categorie di soggetti senza più alcun reddito, è essenziale per porre in essere un intervento normativo di salvaguardia. (5-05650)

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Zedde

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legge Poletti sulla rivalutazione dei trattamenti pensionistici interessati dal blocco biennale dell'indicizzazione. Rimborsi il 1° Agosto.

Kamsin E' in vigore ufficialmente da ieri il Decreto Legge 65/2015 sulle rivalutazioni delle prestazioni previdenziali coinvolte nella sentenza della Consulta dello scorso Aprile. Il provvedimento governativo interviene sul comma 25 dell'articolo 24 del Decreto Legge 201/2011 introducendo, retroattivamente, un diverso sistema di indicizzazione degli assegni superiori a 3 volte il trattamento minimo inps e sino a 6 volte il minimo.

Nello specifico il provvedimento riconosce per il biennio 2012-2013 una rivalutazione, sull'intero importo del trattamento, pari al 100% sugli assegni sino a 3 volte il minimo (confermando sostanzialmente la normativa in vigore); al 40% sino a 4 volte il trattamento minimo; al 20% sino a 5 volte il minimo e del 10% sino a 6 volte il minimo. Non è corrisposta alcuna rivalutazione per gli importi superiori a 6 volte il minimo. Nel biennio 2014-2015 la rivalutazione di tali trattamenti passa al 20% per tutte le fasce sopra menzionate (cioè da 3 a 6 volte il minimo) e dal 1° gennaio 2016 la rivalutazione sale al 50%. Dal 2017 la rivalutazione di tali trattamenti tornerà ancorata alle regole generali. Nel provvedimento si specifica inoltre che gli arretrati saranno corrisposti il prossimo 1° agosto una tantum.

I pensionati potenzialmente interessati dalla misura sono coloro che avevano un assegno, a carico della previdenza obbligatoria, ricompreso tra i 1405 euro e i 2.810 euro lordi al 31 dicembre 2011 (con fascia di garanzia sino a 2.886 euro). Questi assegni infatti nel biennio 2012-2013 non hanno ottenuto alcuna rivalutazione e si sono trascinati una perdita nel corso degli anni. Con la normativa appena varata sarà sostanzialmente consentito loro di ottenere un trattamento leggermente superiore a quello attualmente erogato.

Nel provvedimento ci sono anche altre misure sul sistema previdenziale. La data di pagamento di tutte le prestazioni previdenziali viene spostata al primo di ogni mese a partire dal 1° giugno; si sterilizzano gli effetti negativi dell'andamento quinquennale del Pil (il cd. tasso di capitalizzazione) sul montante contributivo; si rifinanzia di un miliardo il Fondo Sociale per l'Occupazione per garantire gli ammortizzatori sociali in deroga per l'anno 2015 e i contratti di solidarietà.

Documenti: decreto legge 65/2015

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Poletti conferma che le eventuali correzione della legge Fornero prenderanno forma con la legge di stabilità e aggiunge: «Quando il Governo avrà tutti gli elementi, incontrerà le parti».

Kamsin L'adozione del metodo contributivo per tutti in cambio di un anticipo dell'età pensionabile è tra le ipotesi sul tavolo del Governo. Lo ha confermato ieri il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti nell'indicare la strada che da qui a fine anno porterà ad una riforma della legge Fornero. Ma l'ipotesi di estendere la cd. opzione donna (almeno come unico canale di uscita) non piace alla minoranza dem nè ai sindacati. La decurtazione dell'assegno al quale andrebbero incontro questi lavoratori sarebbe troppo "ingente" ha ricordato il Presidente della Commissione Lavoro alla Camera, Cesare Damiano in risposta alle osservazioni del titolare di Via Veneto. La riduzione è nell'ordine di almeno il 25-30% ha indicato Damiano: inaccettabile pensare che questo strumento possa da solo tradurre il concetto di flessibilità che abbiamo in mente. 

Una convergenza all'interno della maggioranza potrebbe invece trovarsi sulla proposta Damiano-Baretta. La correzione della "Fornero" deve consentire a chi ha 62 anni di età ed almeno 35 anni di contribuzione (una sorta di quota 97) di uscire a partire da una penalità dell'8% man mano decrescente del 2% sino ad azzerarsi a 66 anni. La maggioranza insomma sembra di fatto già compattarsi non solo per rafforzare l'ipotesidi rendere più flessibile la "Fornero" ventilata dallo stesso premier Matteo Renzi ma anche per mandare un messaggio a palazzo Chigi: il sistema di uscite anticipate deve essere imperniato su un meccanismo che prevede penalità progressive dell'assegno e non su un ricalcolo in chiave "contributiva".

Il governo prima introdurre la flessibilità in uscita dovrà comunque convincere Bruxelles a considerare non la maggiore spesa immediata ma il «bilancio intertemporale», cioè che la spesa per le pensioni anticipate sarebbe compensata dalla riduzione del loro importo.

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