Obiettivo dettare una nuova disciplina dei concorsi per reclutare i candidati migliori, corrispondenti a quelle figure professionali richieste dalle Pa. Una vera e propria rivoluzione considerando che sino ad oggi le amministrazioni procedevano in ordine sparso.
Concorsi in forma aggregata
Cinque i canali di reclutamento a disposizione delle amministrazioni pubbliche a seconda della soluzione più adatta: a) concorso pubblico per esami; b) concorso pubblico per titoli; c) concorso pubblico per titoli ed esami; d) corso-concorso; e) selezione mediante lo svolgimento di prove volte all'accertamento della professionalità richiesta. Il documento precisa che non esiste una procedura o un modello di concorso standard valido per il reclutamento di qualunque professionalità; si dovrà valutare la forma di svolgimento secondo le esigenze da soddisfare.
La direttiva stressa in particolare lo svolgimento dei concorsi in forma aggregata o centralizzata a seguito alla luce anche di previsto dalla Riforma Madia per ottimizzare le risorse nelle Pa. Sotto questo profilo, lo svolgimento dei concorsi in forma centralizzata o aggregata, con effettuazione delle prove in ambiti territoriali ampi, è dunque pratica obbligatoria per le amministrazioni centrali e rappresenta un'opportunità comunque consigliata per tutte le restanti amministrazioni, dato che consente un'adeguata partecipazione ed economicità dello svolgimento della procedura concorsuale e l'applicazione di criteri di valutazione oggettivi e uniformi, tali da assicurare omogeneità qualitativa e professionale in tutto il territorio nazionale per funzioni equivalenti.
I requisiti di ammissione
La parte più interessante della direttiva riguarda i requisiti di ammissione ai concorsi dei candidati e di svolgimento delle prove. I requisiti di ammissione vanno definiti tenendo conto della finalità del concorso, che è di selezionare i candidati migliori, in relazione alla domanda e all'offerta, ovvero in relazione, da un lato, al profilo messo a bando e, dall'altro, al prevedibile numero di potenziali candidati. E' possibile, a seguito della Riforma Madia, richiedere anche il possesso del titolo di dottore di ricerca quale requisito di accesso per specifici profili o livelli di inquadramento e comunque di valutarlo, ove pertinente, tra quelli rilevanti ai fini del concorso per titoli o per titoli ed esami.
Prove preselettive: Bocciate quelle mnemoniche
Le linee guida intervengono pure sul tema molto delicato dell'opportunità dello svolgimento della prova di preselezione. La prova preselettiva si può fare ma solo "in presenza di un numero elevato di candidati" e a condizione che non privilegino lo studio mnemonico. L'obiettivo - si legge nel documento - non deve essere semplicemente quello di selezionare rapidamente in base a un qualsiasi criterio oggettivo, ma quello di selezionare in base a un ragionevole criterio di merito, che privilegi i candidati in base alle loro effettive capacità e alla loro effettiva preparazione.
"Da questo punto di vista, per esempio, lo svolgimento della preselezione sulla base di domande a risposta multipla, estratte da una banca dati di domande preventivamente pubblicate con l'indicazione delle risposte esatte, privilegia i candidati che hanno il tempo di svolgere uno studio mnemonico, che non necessariamente corrispondono a quelli più preparati e più capaci". Le domande di preselezione, dunque, non dovrebbero essere prevalentemente volte a premiare lo studio mnemonico, ma dovrebbero includere sia quesiti basati sulla preparazione (generale e nelle materie indicate dal bando), sia quesiti basati sulla soluzione di problemi, in base ai diversi tipi di ragionamento (logico, deduttivo, numerico).
Quanto al numero dei candidati da preselezionare dovrebbe corrispondere a un multiplo del numero di posti messi a concorso. "A questo scopo, si può prevedere di ammettere alle prove i primi classificati nella graduatoria della preselezione, oppure tutti quelli che superino un certo punteggio minimo, ovvero una combinazione dei due criteri".
Valorizzare le prove concrete
Per quanto riguarda le altre prove la direttiva precisa che esse possono essere teoriche o pratiche, secondo quanto previsto dalle norme vigenti ma devono essere orientate a verificare le capacità dei candidati di applicare le conoscenze possedute a specifiche situazioni o casi problematici, di ordine teorico o pratico, prevedendo ad esempio prove volte alla soluzione di casi concreti o alla predisposizione di documenti quali atti amministrativi, circolari e similari. Bocciate le prove concorsuali eccessivamente scolastiche o nozionistiche non consentono di valutare al meglio le attitudini del candidato.
Per quanto riguarda i titoli la direttiva chiede che sia assicurato un adeguato bilanciamento tra i titoli di servizio (che premiano coloro che sono già dipendenti pubblici, presso la stessa o altre amministrazioni) e altri titoli. Occorre cioè evitare di escludere di fatto categorie di potenziali candidati meritevoli (in particolare quelli più giovani) attribuendo un peso eccessivo a titoli che essi non possono avere: per evitare questo rischio, si può stabilire un punteggio massimo a determinati titoli, come l'attività lavorativa svolta.
Stop a graduatorie troppo lunghe
Stretta poi sul numero degli idonei. A seguito della Riforma della Pa le amministrazioni potranno prevede nel bando, un numero degli eventuali idonei, in misura non superiore al venti per cento dei posti messi a concorso, con arrotondamento all'unità superiore. Questa novità "assicura una selezione dei candidati più rigorosa e più coerente con il principio di buon andamento ed è volta a scongiurare il formarsi di graduatorie eccessivamente lunghe, formate da idonei che difficilmente potranno essere chiamati nel periodo di vigenza della graduatoria medesima e che possono bloccare la possibilità per le amministrazioni di svolgere nuovi concorsi, anche a distanza di anni, in caso di proroghe delle graduatorie".
Documenti: La Direttiva numero 3/2018 della Presidenza del Consiglio