In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio stampa della Corte fa sapere che al termine della discussione le questioni sono state dichiarate infondate ma con esclusivo riferimento al caso di una lavoratrice in pensione per ragioni diverse dal raggiungimento dei limiti massimi di età o di servizio. In questa ipotesi, la Corte ha ritenuto non irragionevole il regime restrittivo introdotto dal legislatore, che prevede la liquidazione delle indennità nel termine di 24 mesi e il pagamento in rate annuali. Restano quindi impregiudicate le questioni sul pagamento delle indennità nel termine di 12 mesi, e sulle relative rateizzazioni, per i pensionati che hanno raggiunto i limiti massimi di età o di servizio.
La questione
Tradotto in termini semplici la Corte ha sancito che il posticipo di 24 mesi del pagamento della buonuscita con le annesse rateazioni in favore del dipendente pubblico che si dimette volontariamente dal servizio (ad esempio per accedere alla pensione anticipata o alla nuova pensione con quota 100) è legittimo. Resta aperta invece la questione, perchè la Corte non si è pronunciata, circa il differimento di 12 mesi e delle relative rateazioni per i dipendenti pubblici che vengono collocati forzosamente a riposo a seguito del provvedimento dell'amministrazione pubblica per il raggiungimento dell'età di vecchiaia (67 anni) o, meno frequentemente, al raggiungimento dell'età ordinamentale per la permanenza in servizio (di regola 65 anni).
Per i lavoratori la decisione, pertanto, almeno nell'immediato non altera il quadro normativo attuale dettato dalla legge 147/2013 che vede il pagamento entro 12/24 mesi dalla fine del rapporto di lavoro del Tfs per le liquidazioni non superiori a 50mila euro, con differimenti di altri 12 mesi per le quote fino a 100mila euro e di altri 12 mesi in caso di quote superiori a quest’ultima soglia.
La tavola sottostante riepiloga l'evoluzione nel pagamento della buonuscita per i dipendenti pubblici nel corso degli ultimi anni.