È allo studio una sorta di riforma dei contratti a tempo determinato nella Pubblica amministrazione per allineare le regole del settore pubblico a quelle del privato, dopo le novità del Jobs act. La proposta dell'esecutivo mira a fissare tetti al numero dei contratti a termine in una data amministrazione, prevedendo dei limiti anche nella durata e nelle proroghe. Si tratta in pratica di una stretta al precariato “selvaggio”. Il tema sarà affrontato anche nel tavolo sui rinnovi contrattuali tra Aran e sindacati, convocato per lunedì. L'atto di indirizzo firmato dalla ministra Madia per tracciare le linee guida dei rinnovi contrattuali già indica dei capisaldi, come l'individuazione di limiti quantitativi di utilizzo del contratto a tempo determinato, rispettando in ogni caso la quota massima del 20% (prevista dal Jobs act). Inoltre dovranno essere stabilite delle situazione precise per le deroghe ai vicoli dei 36 mesi, come durata limite.
Lo stesso vale per le pause tra un contratto e l'altro (10 giorni per rapporti sotto i sei mesi, 20 per quelli più lunghi). E comunque non si potrà più rinviare senza fine: anche le deroghe incontreranno dei limiti. Ciò sarà stabilito attraverso la contrattazione, che dovrà anche rendere concreti i principi di eccezionalità del ricorso al contratto a tempo e di non discriminazione rispetto ai tempi indeterminati, per quel che è possibile. Insomma, dopo il piano di stabilizzazione dei precari, previsto dalla riforma della Pa, si punta a creare un nuovo sistema di reclutamento, che passerà anche per uno o più decreti, che il ministero dovrà definire con il Mef, con i criteri da seguire per la messa a punto di piani sui fabbisogni di personale.
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