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La Senatrice del Pd Stefania Pezzopane annuncia la volontà di intervenire con un nuovo provvedimento legislativo per risolvere i casi rimasti. La Rete contraria alla schedatura degli esclusi dalle tutele.

Kamsin "Ho preso l’impegno, insieme con altri senatori del Pd, di intervenire con un provvedimento legislativo, in modo da tutelare gli esodati che sono rimasti fuori anche dall’ultima salvaguardia e che sono un numero ancora considerevole". Lo dice la senatrice del Pd Stefania Pezzopane, che nei giorni scorsi ha incontrato in Senato una rappresentanza del Comitato permanente degli esodati.
"Esiste - prosegue Stefania Pezzopane - un notevole contrasto tra le cifre fornite dall’INPS, che ha recentemente dichiarato di aver sanato le posizioni dei circa 162mila esodati creati dalla riforma Fornero, e i dati che sono stati forniti dallo stesso comitato degli esodati.

Quesi ultimi fotografano una realtà assai diversa. Nonostante le numerose salvaguardie fatte per legge, rimane fuori un numero ancora rilevante di lavoratori che non riescono ad agganciarsi alla pensione. La Commissione Lavoro del Senato ha istituito da tempo una sottocommissione ad hoc per il problema, che sta lavorando in questi giorni per far luce sulla reale portata del fenomeno. Il nostro obiettivo - conclude Stefania Pezzopane - è quello di sanare una delle peggiore ingiustizie, frutto di una riforma sbagliata della precedente legislatura"

La delegazione degli esodati che ha preso parte all'incontro a Palazzo Madama la scorsa settimana sottolinea comunque i propri dubbi circa il censimento avviato dalla Commissione Lavoro del Senato in vista dell'adozione di un un nuovo intervento legislativo sulla vicenda. La Commissione infatti ha predisposto delle schede per la raccolta dei casi "individuali" che sono rimasti fuori dal perimetro di tutela individuato con i sei provvedimenti di salvaguardia sino ad oggi varati. La scheda dell'indagine o censimento viene criticata dalla rete dei comitati degli esodati, in quanto - secondo la Rete - lo strumento  vuole legare le future salvaguardie al reddito famigliare del 2013 e non alla maturazione del diritto.

La delegazione chiede, piuttosto, che si proceda urgentemente ad una settima salvaguardia per i 49.500 esodati individuati dall’INPS con la verifica chiesta dalla Commissione Lavoro della Camera e certificata con tabelle INPS dal Sottosegretario Bobba lo scorso 15 Ottobre 2014. 

Zedde

Al Senato il Governo affronterà i capitoli che la Camera non ha discusso. Possibile la ripresentazione dell'emendamento in favore dei quota 96 della scuola.

Kamsin Regioni, fondi pensione, regime dei minimi, local tax e Irap sulle imprese. Sono questi i temi che il Governo è pronto ad affrontare al Senato nel ddl di stabilità approvato domenica scorsa alla Camera dei Deputati. E' quanto ha ricordato il sottosegretario all'Economia PierPaolo Baretta in una intervista rilasciata oggi al Sole24ore.

Baretta conferma come sia possibile una revisione della tassazione dei fondi pensione, con il mantenimento delle attuale aliquota all'11,5 per cento, ma solo se saranno rispettati i saldi della manovra. Apertura anche per i rendimenti delle Casse professionali che potrebbero continuare ad essere tassati al 20% e sulla rivalutazione del tfr su cui Baretta conferma che si tratta di una "questione sensibile". Sulle regioni, poi, potrebbe esserci una norma per consentire il prepensionamento dei dipendenti delle province in esubero (alla Camera erano state presentate diverse proposte emendative in tal senso poi respinte).

Continua, invece, lo stallo della vicenda dei quota 96 della scuola. Dopo la bocciatura alla Camera delle proposte di Sel e M5S la Senatrice Pd, Laura Puppato, ha indicato di voler ripresentare l'emendamento a Palazzo Madama. La Camera domenica scorsa, comunque, ha approvato un odg con il quale impegna al governo alla soluzione della vicenda con il primo provvedimento legislativo disponibile e a fornire gli esatti numeri dei lavoratori che si trovano in tale condizione.

Zedde

I termini per l'accesso al regime sperimentale donna non sono stati prorogati. L'Inps lo ha chiarito con il messaggio 9231 del 28 Novembre 2014.

Kamsin Dopo la notizia di ieri, diffusa dal Corriere della Sera, secondo la quale l'Inps avrebbe consentito una proroga della cd. opzione donna, cioè di quel regime che consente alle lavoratrici di poter accedere alla pensione con il calcolo contributivo sino al 31 Dicembre 2015 con i requisiti di 57 anni e 3 mesi e 35 di contributi, abbiamo condotto un approfondimento presso l'Inps.

Allo stato attuale, tuttavia, non risulta che l'istituto abbia modificato assolutamente i requistiti indicati nelle Circolari Inps 35 e 37 del 2012.

L'Istituto, con il messaggio inps 9231/2014 dello scorso 28 Novembre 2014, ha semplicemente ribadito che le lavoratrici in parola possono esercitare l’opzione anche successivamente al mese in cui maturano i requisiti (57 anni e 35 di contributi). In altri termini la domanda di accesso al regime può essere presentata anche dopo il 30 Novembre 2014, nel corso del 2015, al momento della presentazione della domanda di pensione.

Risulta, invece, inalterata la necessità che i requisiti anagrafici e contributivi previsti (57 anni e 3 mesi e 35 anni di contributi) siano perfezionati entro il 30 Novembre 2014 (30 Dicembre 2014 per il pubblico impiego) in modo tale che la decorrenza del trattamento non superi la deadline del 31 Dicembre 2015.

Al momento, pertanto, resta tutto invariato anche se la vicenda dovrà essere seguita attentamente.  Il Comitato Opzione donna ha proposto, infatti, un ricorso contro l'Inps per ottenere lo stralcio delle citate circolari al fine di ammettere al regime sperimentale tutte le lavoratrici che raggiungano i requisiti anagrafici e contributi entro il 31 Dicembre 2015 e non, come accade attualmente, un anno prima.

Anche il ministero del Lavoro ha ricordato che al momento non ci sono novità sulle regole per accedere all’opzione donna anche se fanno sapere che l’istituto di previdenza ha chiesto un ulteriore parere al dicastero in merito alla possibilità di rivedere i requisiti.

Il Messaggio Inps 9231/2014

Zedde

Il 16 Dicembre è l'ultimo giorno per il versamento, a saldo, di Tasi ed Imu. Chiamati alla Cassa anche i contribuenti nei Comuni che non hanno pubblicato le delibere entro il 10 Settembre.

Kamsin Si avvicina la scadenza per il pagamento del saldo Imu e Tasi. Dal prossimo anno le due imposte saranno unificate ma per quest'ultimo scorcio del 2014 si dovranno ancora fare i conti con le complicazioni dovute alla presenza di due imposte sul mattone: l'Imu che grava sugli immobili diversi dall'abitazione principale (ad eccezione delle abitazioni di lusso) e la Tasi che, in generale, è chiesta sia sulle abitazioni principali che sugli altri immobili (anche se è indispensabile vedere la delibera comunale in quanto i sindaci possono aver ripartito il tributo diversamente).

Per quanto riguarda la Tasi entro il 16 dicembre saranno chiamati alla cassa, a saldo del pagamento, sia i cittadini dei Comuni che hanno deliberato le aliquote entro maggio, in cui si è versato entro il 16 giugno, sia quelli dei Comuni che hanno stabilito le aliquote a Settembre, in cui si è versato entro il 16 ottobre.

Al pagamento sono chiamati anche proprietari e inquilini di quei Comuni che non hanno deliberato in tempo né alla prima né alla seconda scadenza: in tal caso si pagherà tutto in un'unica soluzione, acconto e saldo, con l'aliquota base dell'1 per mille. I proprietari di abitazione principale dovranno pagare sulla base dell’aliquota dello 0,1%; sugli immobili diversi dall’abitazione principale invece si pagherà la Tasi in una misura in cui la somma con quella dell'Imu non superi, di regola, il 10,6 per mille.

La base imponibile della Tasi è la stessa dell’Imu ma il meccanismo delle detrazioni per la prima casa è diverso da quello del vecchio tributo perché i comuni hanno un’ampia discrezionalità nel determinare le agevolazioni.

Regole un pò più agevoli per il saldo Imu che interessa seconde case, negozi, laboratori, capannoni. Sono circa 7mila i Comuni che hanno modificato le aliquote entro fine ottobre. Quindi bisognerà verificare caso per caso perché laddove siano aumentate il saldo non sarà pari all'acconto ma si dovrà operare un conguaglio. Anche il tal caso si pagherà entro il 16 dicembre. 

Zedde

Palazzo Chigi lavora per riscrivere le norme sull'articolo 18 entro fine anno. Probabile indennizzi monetari per i licenziamenti illegittimi sino ad un massimo di 24 mensilità.

Kamsin Rush finale al Senato per l'approvazione definitiva del Jobs Act. Il provvedimento sarà incardinato e si voteranno le pregiudiziali di costituzionalità oggi in Commissione Lavoro con l'obiettivo di ottenere un rapido via libera. Sul ddl sono arrivati una sessantina di emendamenti delle opposizioni, ma il testo, dopo le modifiche, concertate dalla maggioranza, apportate alla Camera, è di fatto blindato, con l'Esecutivo pronto a ricorrere alla fiducia. Il via libera dell'Aula è atteso entro questa settimana. 

Intanto Palazzo Chigi è già al lavoro per scrivere il primo decreto delegato, quello riguardante l'introduzione del contratto a tutele crescenti per i neossunti. L'obiettivo dell'esecutivo è di lasciare immutata la disciplina per le imprese con meno di 15 dipendenti per evitare un aggravio costi (attualmente alle imprese sotto i 15 dipendenti non è applicato l'articolo 18 e nei casi di licenziamento economico illegittimo è previsto un indennizzo che oscilla tra le 2,5 e le 6 mensilità massime).

Mentre per le imprese con piu' di 15 dipendenti l'ipotesi che prende piede è di fissare l'indennizzo in un massimo di 24 mensilità. Gli indennizzi, in altri termini, saranno crescenti in funzione dell'anzianità di servizio del prestatore ma non potranno superare il tetto massimo delle 24 mensilità.

Tra i nodi da sciogliere anche le modalità per individuare le «specifiche fattispecie» di licenziamento disciplinare dove dovrà essere mantenuta in vita la tutela reale.

Le nuove regole si applicheranno solo ai contratti stipulati dal 1° gennaio 2015, pertanto, chi oggi ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato continuerà a godere della protezione dell'articolo 18 nella forma attualmente vigente. La modifica interesserà, naturalmente, le imprese con piu' di 15 dipendenti, in quanto in quelle minori la protezione dell'articolo 18 è già oggi esclusa.

Zedde

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