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Con le dichiarazioni di oggi del ministro del lavoro Giuliano Poletti si inizia a delineare l'intervento che l'esecutivo proporrà dalla prossima settimana in materia di esodati. Kamsin Una sesta salvaguardia in grado di coprire le categorie già tutelate dai precedenti provvedimenti ma che maturano il requisito della decorrenza della prestazione pensionistica entro il 6 gennaio 2016 (o intorno a tale data). Insomma un anno in piu' rispetto alla tagliola - del 6 gennaio 2015 - che oggi esclude molti lavoratori dalla possibilità di accedere alla tutela derogatoria introdotta a partire dall'articolo 24, comma 14 del Dl 201/2011 e poi ripetuta piu' volte nel corso di questi due anni. 

"Intendiamo prolungare di un anno le salvaguardie, così come sono oggi previste. Solo che chi maturerà il diritto nell'arco dell'anno prossimo sarà incluso nelle salvaguardie, cosa che finora non era prevista" ha detto Poletti. I nuovi salvaguardati saranno 8 mila unità e porteranno il contigente complessivamente tutelato a quota 170.130.

Le categorie beneficiarie, come già anticipato da Pensioni Oggi nei giorni scorsi, saranno i lavoratori in mobilità, i dipendenti pubblici esonerati dal servizio, i lavoratori in congedo per la cura di parenti disabili, i cessati per accordi individuali o collettivi, i licenziati individuali e i prosecutori volontari. Nella nuova misura potrebbero risultare salvaguardati anche i lavoratori cessati da un contratto a tempo determinato che si trovassero a 4 anni dalla maturazione dei requisiti previdenziali pre-riforma.

Il ministro ha anche precisato, un pò a sorpresa, che ci saranno anche 24mila posizioni da riassegnare - per un totale dunque di 32.100 nuovi posti disponibili - che rappresentano posizioni già presenti ma "per cui non era arrivata domanda"; posizioni recuperate dalla seconda e dalla quarta salvaguardia che ora tornerebbero disponibili per tutelare altri soggetti. Il numero tuttavia dovrà essere confermato e soprattutto si dovrà comprendere come si tradurrà in pratica. Poletti infatti non ha indicato se per estendere di anno la tutela sarà necessario impiegare tutte le 32mila posizioni oppure solo le 8mila "aggiuntive". In tal caso infatti risulterebbero 24 mila posizioni in eccesso attraverso le quali si potrebbe estendere la salvaguardia temporalmente anche oltre il 6 gennaio 2016 oppure ricomprendere altre categorie di soggetti oggi rimasti a bocca asciutta (si pensi per esempio agli autorizzati ai volontari prima del 20 luglio 2007). Questi nodi dovranno essere sciolti nella prossima settimana quando il governo metterà nero su bianco la norma.

Cgil: Bene Poletti ma serve un intervento strutturale - I sindacati plaudono alla misura ma ricordano che la situazione sul fronte previdenziale non è piu' sostenibile. “Valutiamo positivamente il prolungamento di un anno della salvaguardia per i lavoratori esodati, che consente l'accesso alla pensione ad un nuovo contingente di 32mila persone, ma non si può continuare a rinviare una soluzione strutturale del problema” ha detto Vera Lamonica, segretaria nazionale della Cgil. “Purtroppo, con il rinvio alla legge di stabilità, peraltro con precisazioni poco rassicuranti del ministro Poletti, si conferma il vecchio metodo - sostiene la segretaria della Cgil – e si procede senza avere un quadro esatto né dei numeri della platea né delle risorse necessarie, peraltro sempre sovrastimate, come dimostra il fatto che questa ulteriore salvaguardia è coperta dai risparmi delle precedenti”.

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- Ypres, 26 giu. - La partita delle nomine europee e' cominciata ma richiedera' dei 'tempi supplementari'. E qualche ora supplementare servira' anche per la messa a punto definitiva del documento Van Rompuy, il testo che, con i contributi dei diversi Paesi, il mediatore belga. La discussione sull'agenda strategica dell'Unione europea per i prossimi anni "continuera' domani al Consiglio europeo a Bruxelles" ha fatto sapere, dopo che la cena dei leader e' terminata con un po' di anticipo, complici alcuni chiarimenti chiesti sul tema della flessibilita', in primis dal premier italiano. Del resto Renzi lo aveva detto chiaro e tondo prima di entrare alla riunione: "Si' a Junker", "ma solo a fronte di un documento che indichi con chiarezza dove vuole andare l'Europa". "Non c'e' una posizione dell'Italia contro gli altri - aveva spiegato - c'e' una posizione di chi dice occupiamoci di crescita e delle famiglie". Ma il diavolo, si sa sta nei dettagli e, nonostante le rassicurazioni su una apertura sulla flessibilita', alla fine, al momento di stringere, tra il premier e Angela Merkel c'e' stato qualche momento di frizione. Motivo del contendere la possibilita' di inserire o meno il cofinanziamento dei fondi Ue e il pagamento della Pubblica amministrazione nel Patto di stabilita' e quindi, i criteri precisi della flessibilita' stessa. In un clima tornato cordiale, Renzi e Merkel, insieme agli altri leader, hanno deciso di far lavorare gli sherpa per tutta la notte per fissare in modo dettagliato il rapporto tra flessibilita' e riforme. Quanto alle nomine, pare che, al di la' del nome di Junker, su cui prosegue il braccio di ferro solitario di David Cameron, domani non si possa andare e che potrebbe servire un nuovo vertice straordinario a meta' luglio per decidere il pacchetto completo. Un pacchetto che fonti del Ppe vogliono equilibrato tra le diverse famiglie europee. "Mi sembra che siamo tutti d'accordo sul fatto che alcuni incarichi andranno al Ppe, a partire dalla Presidenza della Commissione, altri andranno al Pse" aveva convenuto Renzi nel pomeriggio. Per aggirare il niet di Cameron, nei giorni scorsi era stata ventilata l'ipotesi di proporre alla presidente danese Helle Thorning-Schmidt, imparentata con l'ex leader del labour Neil Kinnock, la presidenza del consiglio europeo. Una ipotesi che la diretta interessata lascia cadere prima di entrare nel centro congressi che ospita il prevertice socialista: "Io non sono candidata, sono il premier della Danimarca, un Paese bellissimo, e in questo momento sono concentrata sul nostro lavoro, nel vincere le elezioni e nel governare il partito". Anche per questo, e per un equilibrio tra Pse e ppe, si stava pensando al premier olandese Mark Rutte. Legata a questa partita, c'e' quella per fare eleggere Federica Mogherini Mrs. Pesc, l'alto rappresentante della Politica Estera e di Sicurezza Comune. Una partita che oggi si complica anche per le mire che il Ppe ha su quella delega, ma soprattutto per l'ipotesi, che circola in queste ore, che quello di Enrico Letta torni ad essere un nome 'caldo' per la Presidenza del Consiglio. Una delle cancellerie piu' favorevoli, in questo senso, sarebbe proprio Londra. La nomina dell'ex premier complicherebbe non di poco il tentativo di Renzi per portare Mogherini agli Esteri, e questo perche' andrebbe ad esaurire i posti riservati al Pse e quelli all'Italia. Per tutte queste ragioni, e' probabile che i capi di Stato europei si torneranno a rivedere tra due settimane per i 'supplementari' della partita. .
- Ypres, 26 giu. - Una discussione accesa ci sarebbe stata tra la cancelliera Angela Merkel e il presidente del Consiglio Matteo Renzi durante il pre vertice che i due hanno tenuto a Ypres, dove si e' svolto la prima sezione del Consiglio europeo. Stando a quanto si apprende, le 'frizioni' sarebbero emerse intorno alla possibilita' di inserire o meno il cofinanziamento dei fondi Ue e il pagamento della Pubblica amministrazione nel Patto di stabilita'. Renzi ha ribadito a Markel che "contrariamente da quanto fatto da Germania e Francia, non abbiamo intenzione di sforare il 3%" nel rapporto tra deficit e Pil. Tuttavia, ha aggiunto il premier, rimane ferma la richiesta di maggiore flessibilita' nell'applicazione dei parametri. Pur reggendo la consonanza tra le visioni dei due leader europei emersa nelle scorse settimane, dunque, emergono delle contrapposizioni quando si entra nei dettagli. Renzi, viene riferito ancora, ha mostrato comunque grande soddisfazione sul documento che porta la firma di Herman Van Rompuy, che non e' stato finalizzato ma sul quale arrivano dai capi di Stato e di governo segnali incoraggianti. Matteo Renzi chiede una nuova riunione degli sherpa, che si terra' questa notte, per fare in modo che il tema della flessibiilta' per i Paesi impegnati nelle riforme entri in maniera piu' esplicita nel documento di Van Rompuy. E' quanto trapela dalla prima sessione del Consiglio europeo che si e' tenuta a Ypres. .
- Roma, 26 giu. - Cresce la fronda per il Senato elettivo. Sono infatti 35 le firme raccolte, a Palazzo Madama, per chiedere che il Senato venga eletto dai cittadini. Allo scadere del termine per la presentazione dei subemendamenti, (580 circa) i democratici Vannino Chiti e Felice Casson con Loredana De Petris di Sel, Mario Mauro dei Popolari e l'ex M5S Francesco Campanella, hanno presentato 14 proposte di modifica al testo delle riforme gia' cambiato dei relatori. "Il Senato della Repubblica e' eletto su base regionale, garantendo parita' di genere, in concomitanza con la elezione dei consigli regionali" recita il testo appoggiato dai senatori che appartengono a gruppi diversi. Il numero dei senatori e' pari a 100 piu' 6 senatori eletti all'estero. Delle 35 firme, 18 sono di senatori della maggioranza e ben 16 del Partito democratico. Numeri che potrebbero mettere a rischio il via libera dell'aula del Senato con i 2/3 auspicati da Matteo Renzi per evitare che alla fine del percorso parlamentare si tenga il referendum confermativo. E che potrebbero creare un problema al governo dal momento che cosi' i senatori di Forza Italia e delle altre opposizioni risulterebbero determinanti. Ma dal Pd Anna Finocchiaro, presidente della commissione Affari Costituzionali del Senato, minimizza: "Non vedo nessun allarme" dice. "Questo e' il Parlamento e in Parlamento si propone un testo, si presentano degli emendamenti, si discute e si vota. E' la fisiologia del funzionamento dell' istituzione" aggiunge. Quanto alla 'fronda' sul Senato elettivo, prosegue: "Sono tutte questioni serie, non strumentali. Io penso che ciascun argomento vada approfondito e discusso nel contraddittorio fra opinioni diverse. E' la fisiologia" del funzionamento del Parlamento, ribadisce. Ottimista anche il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini: "Siamo ad un passo dalla riforma del Senato, e' normale che nel corso del dibattito ci sia la presentazione di diversi emendamenti ma il percorso procedera' secondo la direzione e con i tempi previsti". Anche in Forza Italia molti sono per il Senato elettivo e sono 3 gli emendamenti targati FI gia' depositati. Il capogruppo azzurro a Palazzo Madama, Paolo Romani, spiega: "In maniera molto trasparente e palese voglio ribadire che nel Patto del nazareno e' prevista l'elezione di secondo grado. All'interno di tutti i gruppi, a maggior ragione nel nostro, ma sicuramente anche nel Pd, ci sono senatori che ritengono sia meglio l'elezione diretta. Sara' a mio avviso l'aula a decidere". La prossima settimana in ogni caso ci sara' una riunione congiunta dei gruppi FI con Silvio Berlusconi per "delineare in maniera chiara e unitaria la posizione di Forza Italia sulle riforme, ai fini delle nostre decisioni di voto al Senato, prima in commissione e poi in aula" come specifica il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta. A favore del Senato elettivo e' anche il Movimento 5 stelle perche', come ricorda Danilo Toninelli, "il popolo deve incidere". Sul tavolo resta poi il tema dell'immunita': tra i subemendamenti presentati, per chiederne l'eliminazione per i nuovi senatori, ci sono non solo quelli di M5S ma anche quelli di esponenti di maggioranza, e in pole tra i firmatari ci sono sempre Chiti e Casson. Anche qui si contano 37 firme, trasversali, al testo che prevede di sopprimere tout court i commi 2 e 3 dell'articolo 68 della Costituzione lasciando cosi' soltanto l'insindacabilita' delle opinioni e dei voti espressi nell'esercizio delle funzioni. .

La riforma della dirigenza pubblica non è stata inserita nel decreto legge sulla Riforma della Pubblica Amministrazione che è stato pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale, ma nel disegno di legge che accompagnerà il provvedimento e che, dunque, avrà un iter più lento i dirigenti pubblici saranno di fatto licenziabili con maggiore facilità. Kamsin Quelli che rimarranno per un certo periodo senza incarico (il numero di anni non è stato ancora stabilito) potranno vedere risolto il loro rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione. Tra le norme contenute nel disegno di legge "Repubblica Semplice" ci sarà anche il ruolo unico e l'abolizione della distinzione in fasce dei dirigenti. Anche per l'accesso ci saranno delle novità con due strade: il concorso unico - i soggetti assunti in tale modo saranno inseriti nei ranghi per tre anni ed alla fine di questo triennio dovranno sostenere un esame per poter passare a tempo indeterminato - ; oppure il Corso-concorso della Scuola della pubblica amministrazione - in tale ipotesi si entrerà come funzionari e sempre dopo un triennio, sarà necessario sostenere un esame per diventare dirigenti. Tra le norme pare saltare invece la retribuzione di risultato legata al Pil, in quanto troppo complessa da applicare.

La riforma del governo mette in campo fondamentalmente due distinti strumenti per gestire poi i dipendenti pubblici di troppo, cioè coloro che saranno collocati in disponibilità. Il primo è la mobilità obbligatoria entro i 50 chilometri. Il secondo è quello che tecnicamente si chiama «demansionamento» e che all'interno del dl 90/2014 (all'articolo 5) è indicato come «assegnazione di nuove mansioni». Il testo recita che «il personale in disponibilità può presentare (...) istanza di ricollocazione, in deroga all'articolo 2103 del codice civile, nell'ambito dei posti vacanti in organico, anche in una qualifica inferiore o posizione economica inferiore della stessa, o di inferiore area o categoria, al fine di ampliare le occasioni di ricollocazione». I lavoratori della Pubblica amministrazione potranno quindi decidere di accettare mansioni e stipendi più bassi di quelli percepiti fino a quel momento, anche con trasferimenti da un'amministrazione ad un'altra.

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