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Nel 2008 era forzato il 40,3% dei contratti a tempo parziale, oggi lo è il 61,6%: le aziende preferiscono queste tipologie perché meno onerose. 

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Aumenta il ricorso al part time. Complice la crisi la discontinuità del lavoro ha raggiunto in questo ultimo periodo i livelli piu' elevati da diversi anni a questa parte secondo quanto rilevato dall'Istat. Sono, infatti occupati a orario ridotto, dice l'Istat, 2 milioni 470 mila persone, con  un'impennata dell'83% (+1 milione 121 mila) rispetto al 2008. Sono in gran parte donne (1 milione 729 mila), ma non manca la componente  maschile (742 mila), raddoppiata in 5 anni.

E conseguenza immediata del maggior impatto del part time è anche il calo delle ore lavorate a settimana che sono a 36 contro le 38 del 2008 anche se guardando singolarmente al tempo pieno (40 ore) e a quello parziale (21 ore), l'orario di lavoro settimanale è restato invariato passando dal 2008 al 2013.

Le donne lavorano settimanalmente 7 ore in meno, fermandosi a 32 ore; e al confronto con il 2008 il divario si è ridotto di un'ora (33 donne e 41 uomini). Guardando al numero di occupati per ore settimanali lavorate, colpisce la drastica riduzione di quanti hanno totalizzato oltre le 41 ore: tra il 2008 e il 2013 sono scesi di quasi di un terzo (-29,5%), passando da oltre 5 milioni a poco più di 3 milioni e mezzo. Al contrario nello stesso periodo sono aumentati coloro che lavorano meno di 10 ore settimanali, giunti a circa 627 mila persone (+17,9%).

I contratti a termine scontano comunque il vantaggio di essere meno costosi per le aziende: nel 2013 si contavano oltre 4 milioni di occupati a tempo ridotto (+667 mila dal 2008). L'aumento negli ultimi 5 anni, infatti, è dovuto solo a quanti lavorano a tempo parziale poichè non hanno trovato un lavoro a tempo pieno: l'incidenza del part-time involontario sul totale dei lavoratori a orario ridotto passa, infatti, dal 40,3% del 2008 al 61,6% del 2013.

- Roma, 10 mag. - "Incapace. Non ci sono altre parole per definire il ministro dell'Interno, Angelino Alfano. L'inefficienza e inadeguatezza dimostrate nella gestione dell'ordine pubblico in occasione della finale di coppa Italia a Roma allungano la lista delle sue nefandezze a cui, da ultimo, si aggiunge la riapertura del caso Shalabayeva". Lo affermano i deputati del MoVimento 5 Stelle che accusano il leader Ncd di essere "non solo inappropriato, ma ha mentito all'aula di Montecitorio, come risulta da fonti giornalistiche e anche dalle indagini degli organi inquirenti". "Per questo - annunciano - abbiamo presentato una mozione di sfiducia nei suoi confronti", ieri sera, alla Camera. Lunga la lista di manchevolezze secondo i 5 Stelle: "Prima il caso Shalabayeva, di cui si apprende la riapertura dell'inchiesta da parte della Procura di Perugia, poi la possibilita' di fuga concessa a Marcello Dell'Utri, conterraneo ed ex compagno di partito dello stesso Alfano, e l'incapacita' assoluta di agire nei confronti del dramma dell'immigrazione, su cui Alfano lancia solo allarmi e non dispone soluzioni come un ministro dovrebbe fare. Fino al 'capolavoro' della gestione della finale di coppa Italia allo stadio Olimpico di sabato scorso". "Si e' gettata - riprendono - un'ombra indelebile sulla figura istituzionale del ministro ed e' a repentaglio l'immagine del nostro Paese oltre la nostra sovranita'. La totale perdita di credibilita' del ministro dell'Interno pone un grave pregiudizio sulle sue capacita' di svolgere le funzioni a cui e' chiamato nonche' sull'opportunita' della sua permanenza a ricoprire una carica di primo piano e di piena rappresentanza politica, in particolare in un ruolo cosi' rilevante e delicato. Il Pd - concludono gli M5S - pur di mantenere l'alleanza con Alfano per fini elettorali sacrifica sul piatto l'ordine pubblico del Paese. Un calcolo politico che, come al solito, pagano i cittadini in termini di sicurezza. Sarebbe ora che l'esecutivo si privasse di tanta incapacita' nel rispetto dei diritti essenziali dei cittadini".
Il riordino della pubblica amministrazione passa anche dalla trasparenza e dagli open data. Intesi nel senso più ampio del termine.

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Il primo atto dell'attività di semplificazione e di digitalizzazione che il governo Renzi conta di mettere in campo sarà l'attribuzione di un'identità digitale unica a ogni cittadino. Tutti avranno un Pin unico per accedere ai servizi pubblici digitali superando in questo modo l'attuale frammentazione tra procedure delle diverse Pa. Ci vorrà almeno un anno per ammissione dello stesso presidente del Consiglio: «Il Pin unico ha un tempo di attuazione in via definitiva di almeno un anno – ha spiegato Matteo Renzi– non lo fai dalla mattina alla sera».

Il calendario parte però a giugno quando si avvieranno le prime sperimentazioni. Oltre al Pin unico per i cittadini, nella lettera che i dipendenti pubblici riceveranno nelle prossime settimane, alla voce open data, compare la dematerializzazione dei documenti amministrativi e la loro pubblicazione sul web, accessibile a tutti. Accanto agli interventi di trasparenza vera e propria dei dati in possesso delle amministrazioni pubbliche, come potrebbe essere quello di mettere online tutte le informazioni contenute nel Siope e di unificare e rendere interoperabili le banche dati di enti e società partecipate, c'è anche una spinta sulla tracciabilità delle risorse gestite dai sindacati, che saranno chiamati a rendicontare sul web ogni spesa.

Per Renzi poi si dovrà procedere all'unificazione e standardizzazione della modulistica in materia di edilizia ed ambiente; procedere ad una «concreta attuazione del sistema della fatturazione elettronica» per tutte le Pa e accelerare la riforma fiscale e le relative misure di semplificazione.

Settimana decisiva per il decreto lavoro che approda in terza lettura alla Camera. Per gli apprendisti obbligo di assunzione del 20% .

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Si rilancia la Formazione pubblico-privata per gli apprendisti, il diritto di precedenza messo per iscritto in caso di stabilizzazione per occupati a termine, stagionali e donne in maternità. E, ancora, multe ai datori di lavoro che non rispetteranno la soglia del 20% di contratti precari, mentre si prevede che il modello di inquadramento «sine die» a tutele crescenti debba essere sperimentato nella successiva legge delega, ossia nel secondo atto del «Jobs Act».

Con 158 voti a favore, 122 contrari e nessun astenuto, l'aula di palazzo Madama ha dato la fiducia al decreto 34/2014; la palla ora passa a Montecitorio dove l'iter inizierà in tempi assai rapidi, poiché il provvedimento deve subire la conversione in legge entro il 19 maggio, altrimenti decadrà. I senatori mantengono la riduzione delle proroghe, scese da 8 a 5 rispetto alla versione originale governativa, consentite per un contratto a tempo determinato di 36 mesi senza indicazione della causale , ma «ammorbidiscono» le sanzioni per le società che si doteranno di più precari del 20% permesso sul totale del personale stabile: non scatterà, infatti, automaticamente il posto fisso, bensì si dovranno pagare pene pecuniarie pari al 20% della retribuzione per il 21° occupato «eccedente» e del 50% dal 22° in avanti.

Tale «tetto» del 20% non varrà, poi, per gli enti di ricerca, che godranno anche della deroga della durata massima di 36 mesi per gli studiosi impegnati in progetti scientifici; la corsia privilegiata per l'assunzione a tempo indeterminato dei precari dovrà essere «espressamente richiamata nell'atto scritto» di avvio del rapporto, e ne potranno beneficiare coloro che hanno avuto un inquadramento superiore ai sei mesi nella stessa azienda, gli stagionali e le mamme, giacché a Montecitorio si è deciso che il congedo di maternità potrà essere computato nel periodo di attività lavorativa utile a maturare il requisito.

Novità sul fronte dell'apprendistato, innanzitutto perché la quota di under29 da stabilizzare varrà per le imprese con oltre 50 dipendenti  e si potranno prevedere specifiche modalità di uso della formula a termine per incarichi stagionali; via libera, inoltre, alla formazione «mista», laddove le regioni dovranno esporre in maniera particolareggiata le caratteristiche dei corsi, unendo le forze con le «imprese e le loro associazioni disponibili» a partecipare ai programmi per trasferire le competenze. Invariata, infine, la smaterializzazione del Durc, Documento unico di regolarità contributiva): la verifica telematica avverrà tramite un'unica interrogazione presso gli archivi di Inps, Inail e casse edili.

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- Roma, 10 mag. - Non bisogna travalicare i limiti della contesa politica e rispettare le istituzioni, questo il senso della telefonata del presidente Grasso ai vice presidenti Gasparri e Calderoli. "Come ieri, sono intervenuto con forza a difesa della serieta' e della competenza degli uffici del Senato e delle prerogative dei senatori, perche' ritengo che la difesa delle istituzioni sia irrinunciabile. Oggi - afferma Grasso in una nota - ho chiamato i vicepresidenti Gasparri e Calderoli per chiedere loro di fare un passo indietro rispetto all'idea della querela al presidente del Consiglio". "Il dibattito tra maggioranza e opposizione, anche in campagna elettorale, non puo' e non deve arrivare - rimarca ancora la seconda carica dello Stato - al conflitto e alla delegittimazione tra le istituzioni, fino al punto di pensare di rimettere all'autorita' giudiziaria temi che possono essere mantenuti all'interno di un dibattito pre-elettorale".
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