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Esodati, l'inps chiarisce le regole per la quinta salvaguardia
L'Inps conferma che i beneficiari della quinta salvaguardia devono perfezionare i requisiti utili a comportare la decorrenza della prestazione pensionistica entro il 6 Gennaio 2015.
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L'Inps con il messaggio 4373/2014 precisa le modalità di fruizione della quinta salvaguardia (legge 147/2013). L'istituto conferma l'impianto complessivo della normativa già contenuta nel Dm 14 Febbraio 2014 ribadendo in particolare che il termine per la presentazione delle istanze di accesso per i lavoratori è il 16 Giugno; che tutti i destinatari per rientrare nel beneficio devono perfezionare la decorrenza della prestazione pensionistica (cioè comprensiva della finestra mobile) entro il 6 Gennaio 2015; che l'erogazione della pensione non potrà avere decorrenza anteriore al 1° Gennaio 2014.
Il messaggio ribadisce che le categorie interessate sono le seguenti:
a) i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione anteriormente al 4 dicembre 2011 i quali possano far valere almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data del 6 dicembre 2011, anche se hanno svolto, successivamente alla data del 4 dicembre 2011, qualsiasi attivita', non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (900 posti disponibili);
b) i lavoratori il cui rapporto di lavoro si e' risolto entro il 30 giugno 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo il 30 giugno 2012, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (400 posti disponibili);
c) i lavoratori il cui rapporto di lavoro si e' risolto dopo il 30 giugno 2012 ed entro il 31 dicembre 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (500 posti disponibili);
d) i lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato per risoluzione unilaterale, nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, successivamente alla data di cessazione, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (5.200 posti disponibili);
e) i lavoratori collocati in mobilita' ordinaria alla data del 4 dicembre 2011 e autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione successivamente alla predetta data, che, entro sei mesi dalla fine del periodo di fruizione dell'indennita' di mobilita' di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, perfezionino, mediante il versamento di contributi volontari, i requisiti vigenti alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011 (1.000 posti disponibili);
f) i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione anteriormente al 4 dicembre 2011, ancorche' al 6 dicembre 2011 non abbiano un contributo volontario accreditato o accreditabile alla predetta data, a condizione che abbiano almeno un contributo accreditato derivante da effettiva attivita' lavorativa nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 30 novembre 2013 e che alla data del 30 novembre 2013 non svolgano attivita' lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (9.000 posti disponibili).
Lavoratori in mobilità autorizzati ai volontari - Importanti precisazioni vengono fornite per i lavoratori di cui alla lettera e). Secondo l'Inps la salvaguardia in parola è rivolta esclusivamente a quei soggetti che entro i sei mesi successivi al termine della mobilità ordinaria, abbiano perfezionato il requisito dell’età e quello contributivo.
L'istituto precisa che se al momento del termine della mobilità ordinaria è stato già perfezionato il requisito contributivo, ma non quello dell’età, tali soggetti non rientrano nella tipologia in esame in quanto la norma espressamente fa riferimento al perfezionamento dei requisiti “mediante versamento dei contributi volontari” che – com’è ovvio – interessano esclusivamente il requisito contributivo e non già quello anagrafico; conseguentemente questi lavoratori non potranno accedere alla salvaguardia in oggetto.
L'inps precisa inoltre che i lavoratori in questione devono essere stati licenziati entro il 3 dicembre 2011; la fine del periodo di fruizione dell’indennità di mobilità ordinaria, deve essere verificata alla data del 16 aprile 2014, data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 89 del decreto interministeriale 14 febbraio 2014. Pertanto, eventuali periodi di sospensione della percezione dell’indennità di mobilità successivi al 16 aprile 2014 non possono essere considerati rilevanti ai fini del prolungamento del periodo di fruizione dell’indennità stessa; e che i lavoratori beneficiari di indennità di mobilità in deroga non rientrano nel novero dei destinatari della salvaguardia.
Ancora l'inps restringe l'operatività della norma: "nei confronti dei lavoratori autorizzati ai versamenti volontari o che hanno presentato la domanda di prosecuzione volontaria con decorrenza successiva al 4 dicembre 2011 ed entro il 16 giugno 2014, data di scadenza del termine per la presentazione delle istanze di accesso al beneficio della salvaguardia di cui alla legge 147/2013 e che perfezionino mediante il versamento della contribuzione volontaria i requisiti vigenti alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011 entro sei mesi dalla fine del periodo di fruizione dell'indennità di mobilità - di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223.
Pertanto, agli stessi soggetti è limitata l’applicazione della deroga contenuta nell’ultimo periodo dell’articolo 1, comma 194, lettera e), della legge n. 147 del 2013 alle disposizioni previste dall’articolo 6, comma 1, del d.lgs. 30 aprile 1997, n. 184.
Al riguardo, si precisa che i versamenti volontari potranno essere consentiti oltre i sei mesi precedenti la domanda di autorizzazione per periodi in relazione ai quali non si riscontrino cause ostative e, comunque, successivi al termine di fruizione dell’indennità di mobilità di cui l’assicurato beneficiava alla data del 4 dicembre 2011.
Le domande di autorizzazione ai versamenti volontari presentate successivamente al 4 dicembre 2011 e ancora giacenti, dovranno essere riesaminate alla luce delle disposizioni in argomento. Facendo riferimento alla medesima disciplina dovranno essere riesaminate, a domanda, le richieste di autorizzazione ai versamenti volontari già accolte o erroneamente respinte.
Peraltro, all’atto dell’istruttoria o del riesame delle domande di autorizzazione ai versamenti volontari è necessario prima di consentire l’effettuazione dei relativi versamenti anche per periodi superiori ai sei mesi antecedenti la domanda di autorizzazione che sia verificata la possibilità in capo all’assicurato di raggiungere il diritto a pensione, secondo le regole appena illustrate.
Relativamente ai soggetti che rientrino nell’ambito soggettivo della normativa in esame e la cui domanda di autorizzazione ai versamenti volontari si già stata accolta, al fine di consentire il versamento della contribuzione volontaria anche oltre i sei mesi antecedenti la data di presentazione della domanda, si dovrà procedere alla riemissione del bollettino MAV".
Pensioni, Cgil contraria all'Apa, il pensionamento flessibile a cui lavora Poletti
AI centro del 17° Congresso della Cgil, a Rimini dal 6 all'8 maggio, la Camusso pone in prima linea lavoro e pensioni. La Cgil contraria all'Apa, l'assegno pensionistico anticipato di poco piu' che 700 euro al mese.
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Il Segretario della Cgil Susanna Camusso, ha spiegato in occasione della festa del 1° maggio che "c'è una grande ferita aperta dalla Riforma Fornero. Ferita che non riguarda solo i cosiddetti esodati — i lavoratori cioè che sono rimasti o rischiano di rimanere senza salario perchè espulsi dalle aziende in crisi, e senza pensione perchè lontani dai requisiti di età e contribuzione — ma piu' in generale la Riforma stessa, che ha abolito le pensioni d'anzianità e ha aumentato a 66 anni e oltre l'età per la pensione di vecchiaia". "Al Congresso — ha aggiunto il Segretario Generale — diremo che è giunta l'ora di aprire una discussione sul sistema previdenziale, per mettere riparo alle ingiustizie — tante — che si sono determinate".
L'invito è rivolto al Presidente del Consiglio Matto Renzi, e al Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, che proprio in questi giorni avviano un tavolo di confronto per individuare le modifiche da apportare al sistema previdenziale: in primo piano l'introduzione di forme maggiori di flessibilità in uscita in grado di risolvere in via strutturale il problema degli esodati.
Del resto anche Cisl e Uil chiedono di reintrodurre «elementi di flessibilità in uscita», che tradotto significa rendere nuovamente possibile a certe condizioni, l'andata in pensione in anticipo rispetto ai normali requisiti. Il cantiere di Poletti ha convocato per il 7 maggio un tavolo con il Ministero dell'Economia, i Rappresentanti delle Commissioni Lavoro di Camera e Senato e l'Inps.
Sul tavolo l'ipotesi di consentire un prepensionamento di 2-3 anni prendendo un anticipo di circa 700 euro sulla pensione (il cosiddetto Apa), da restituire con un prelievo dell'assegno pensionistico "pieno". Ipotesi che trova contraria la Cgil, che vorrebbe la percezione di un assegno pensionistico pieno e non "parziale".
Inps, obbligo di iscrizione alla gestione credito
L'Inps precisa che il contributo per il Fondo Credito, sussiste anche in caso di iscrizione a gestioni o fondi speciali diversi dalla gestione pensionistica ex Inpdap, come Inpgi - Enpam - Fondo speciale Ferrovie dello Stato, in presenza dell’iscrizione previdenziale (Inadel o Enpas) nell’ambito della Gestione Dipendenti Pubblici.
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L'inps ha chiarito con il messaggio 4325/2014, che i dipendenti iscritti ai fini pensionistici e previdenziali alla Gestione dipendenti pubblici sono obbligatoriamente iscritti alla "Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali", conosciuta anche come Fondo Credito.
L’iscrizione ai fini pensionistici a Gestioni o Fondi Speciali diversi dalle Gestioni pensionistiche ex INPDAP, quali ad esempio INPGI - ENPAM - Fondo speciale Ferrovie dello Stato, in presenza dell’iscrizione previdenziale (INADEL o ENPAS) nell’ambito della Gestione Dipendenti Pubblici, comporta comunque l’obbligo di iscrizione alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali e il versamento del contributo pari allo 0,35%, a carico del dipendente, commisurato alla retribuzione contributiva e pensionabile.
Si ricorda che sinora il personale iscritto a Casse pensionistiche diverse da quelle gestite dall'ex Inpdap, non versava il contributo Fondo Credito, poiché si riteneva applicabile la facoltà (e non l'obbligo) di adesione (Dm 45/07) prevista per il personale di Enti e Amministrazioni Pubbliche non iscritte alle Gestioni pensionistiche e/o previdenziali pubbliche, al fine di consentire a tutti i loro dipendenti l'accesso alle prestazioni creditizie e sociali.
Il chiarimento è stato necessario dopo i controlli sui flussi Uniemes, che hanno mostrato l'invio di denunce non corrette che avrebbero determinato, a seguito dei controlli sul dovuto contributivo, l’emissione delle note di rettifica per notificare il Credito dell’Istituto conseguente al ricalcolo del dovuto contributivo per la gestione in esame. L'Inps ricorda che l'imponibile contributivo per le prestazioni pensionistiche costituisce anche la base di riferimento per il calcolo del contributo Fondo credito. L'omissione del versamento comporterà l'emissione delle note di rettifica e il recupero del dovuto contributivo.
Riforma della P.A. ecco cosa cambia per i dirigenti pubblici
La Riforma della Pubblica Amministrazione targata Renzi, dovrà rivedere gli attuali assenti della dirigenza pubblica con il superamento delle due fasce del ruolo unico.
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La rivisitazione della Pubblica Amministrazione dovrà contenere il definitivo superamento delle due fasce previste nel ruolo unico (articoli 13-29 del Dlgs 165/2001). La modifica dovrebbe
introdurre profili di carriera effettivamente basati sugli incarichi ricoperti e gli obiettivi realizzati, e non più sulla progressione degli scatti di anzianità.
Con la precisazione (non di poco conto) che il rapporto dirigenziale potrà essere risolto in caso di vacanza dell'incarico oltre un determinato termine ancora da stabilire che probabilmente sarà fissato in due anni (secondo quanto si apprende da fonti vicine alla funzione pubblica). Una previsione già introdotta con la spending review del 2012 ma mai realizzata per i veti incrociati di sindacati e rappresentanti del passato governo.
La riflessione sulla Dirigenza dovrebbe introdurre anche novità per quanto riguarda la valutazione dei risultati con l'intenzione di Renzi di ancorare la retribuzione di risultato in funzione all'andamento dell'economia. Una conferma in tal senso porterebbe a una revisione generalizzata delle attuali procedure che vede, nel 90% dei casi, lo scatto del bonus indistintamente in favore di tutti i settori dirigenziali della Pubblica Amministrazione.
Le novità sulla Dirigenza potrebbero portare alla cancellazione di figure storiche come per esempio, i segretari comunali. Mentre non verrebbe più toccata la struttura della retribuzione fissa e di posizione; il tetto introdotto dei 240mila euro lordi l'anno resta l'unica misura.
Sulle retribuzioni si fa invece di nuovo riferimento ai limiti di cumulabilità dei compensi percepiti. Renzi ha fatto riferimento esplicito alla prima circolare firmata dalla Madia dopo l'insediamento: si proseguirà in quella direzione con un'attenzione rigorosa sul divieto di cumulo tra stipendi, consulenze e pensione.
Bonus Irpef, il premio è graduale in funzione del reddito
Con i chiarimenti delle Entrate si avvicina il bonus a fine maggio per i lavoratori dipendenti con un reddito annuo entro i 26mila euro. Il documento delle Entrate precisa che in taluni casi esiste l’eventualità, per ragioni tecniche legate alle procedure di pagamento degli stipendi, che il bonus non arrivi a fine maggio.
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Non serve farne domanda e sarà riconosciuto nella busta paga in arrivo a fine maggio. E' quanto ha precisato la circolare dell’Agenzia delle Entrate che ha riassunto le istruzioni per applicare il credito introdotto dal decreto Irpef del 18 aprile.
Il bonus sarà erogato direttamente dai datori di lavoro in tutti i casi in cui l’imposta lorda dell’anno è superiore alle detrazioni per lavoro dipendente. La circolare specifica tra l’altro, come regolarsi nel caso il rapporto di lavoro sia stato interrotto prima di maggio. In assenza di un datore di lavoro, che funga da sostituto d’imposta, è infatti possibile ottenere il credito richiedendolo nella dichiarazione dei redditi per il 2014.
In dettaglio i beneficiari sono i contribuenti che quest’anno percepiscono redditi da lavoro dipendente (e alcuni redditi assimilati), al netto del reddito da abitazione principale, fino a 26 mila euro anno; a condizione che l’imposta lorda dell’anno sia superiore alle detrazioni per lavoro dipendente.Il bonus spetta anche se l’imposta lorda è azzerata da altre categorie di detrazioni, ad esempio quelle relative a carichi di famiglia.
In totale si tratta di un credito complessivo di 640 euro, cioè 80 euro mensili a partire da maggio, che vale per i redditi fino a 24 mila euro. Per redditi superiori il «premio» si riduce con gradualità fino a 26 mila euro. In base a quanto indicato nel decreto, il bonus «è rapportato al periodo di lavoro nell’anno»: dovrà essere calcolato in base alla durata del rapporto di lavoro, considerando il numero di giorni effettivamente lavorati nel 2014.
I sostituti d’imposta riconosceranno il credito spettante ai beneficiari a partire dalle retribuzioni erogate a maggio. Nel caso in cui i sostituti non possono erogare il beneficio a maggio (per ragioni tecniche ), riconosceranno il credito a partire dalle retribuzioni di giugno.
La circolare ricorda che l’incentivo va anche ai contribuenti senza sostituto d’imposta (che sarebbe tenuto al riconoscimento del credito in via automatica) e a tutti i soggetti il cui rapporto di lavoro si è concluso prima di maggio. Per tutti questi contribuenti il bonus potrà essere richiesto nella dichiarazione dei redditi, utilizzandolo in compensazione oppure a rimborso.
Nei casi di credito non spettante perché per esempio il reddito complessivo supera i 26 mila euro per via di altri redditi (oltre a quelli erogati dal sostituto d’imposta), gli interessati devono comunicarlo al sostituto che recupererà il credito nelle successive buste paga, oppure dovrà restituirlo nella dichiarazione dei redditi.
Tra i beneficiari del premio in busta paga ci sono anche i sacerdoti, i lavoratori socialmente utili, i tirocinanti e i percettori di borse di studio. A specificarlo è il documento dell’Agenzia delle Entrate in cui sono indicati i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente definiti dal Tuir (Testo Unico delle Imposte sui Redditi).
Sono esclusi invece i percettori di indennità, gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni per l’esercizio di pubbliche funzioni, nonché i compensi corrisposti ai membri delle Commissioni Tributarie, ai Giudici di Pace e agli esperti del Tribunale di sorveglianza.
Il bonus produrrà un incremento del reddito disponibile tra il 5 ed il 7% sui redditi sino a 14mila euro lordi annui e si ridurrà man mano sino ad azzerarsi a quota 26mila.
Altro...
Pensioni scuola, i quota 96 non sono una priorità
La questione dei quota 96 della scuola "non è un problema di carattere amministrativo, ma legislativo e comunque non è tra gli obiettivi primari del governo".
E' quanto ha detto il ministro dell'istruzione Stefania Giannini sul tema che da oltre due anni interessa circa 4mila tra docenti e personale Ata che non sono riusciti a perfezionare i requisiti utili per la pensione entro il 2011 e che chiedono una deroga alla Riforma Fornero. Il ministro ha lasciato intendere che il problema ha natura secondaria in quanto sussistono in materia previdenziale criticità piu' importanti che dovranno essere risolte dall'esecutivo. E' questa la valutazione del ministro Giannini formulata a margine di una discussione che si è svolta presso la VII Commissione cultura della Camera dei Deputati.
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Sul punto, quind, la risoluzione approvata dalla Commissione Lavoro che impegna il governo entro metà giugno a indicare le risorse per coprire l'operazione del progetto di legge Ghizzoni/Marzana sembra destinata a restare un nulla di fatto. Nei giorni scorsi la relatrice al disegno di legge Barbara Saltamartini (Ncd) ha tuttavia ventilato la possibilità di inserire la deroga nel disegno di legge di conversione del decreto Irpef (Dl 66/2014). Se anche questa iniziativa sarà bocciata, i dipendenti della scuola, che hanno avuto la sfortuna di avere l'anno di servizio modulato sul calendario scolastico e non su quello solare, in pensione potranno andarci solo con le norme della riforma Fornero.
Tasi 2014, i Comuni fissano le regole in vista dell'acconto di Giugno
Si avvicina la scadenza per il versamento della Tasi. Le aliquote che i Comuni applicheranno confermano un conto piu' salato rispetto all'Imu nella maggior parte dei casi.
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Stanno prendendo forma le imposte sulla Tasi che i Comuni chiederanno ai contribuenti nelle prossime settimane. Dalle decisioni dei primi cittadini emerge che l'aliquota Tasi standard dell'1 per mille, su cui erano stati condotti tutti i calcoli ufficiali a fine 2013, per l'abitazione principale non viene introdotta praticamente in nessuna delle principali città italiane; le detrazioni, che a differenza di quanto accadeva con l'Imu nel 2012, oggi sono facoltative e rimesse alla volontà dei sindaci e nella maggior parte dei casi non sono sufficienti a contenere gli aumenti sulle abitazioni principali. Inoltre pare confermato che le risorse per le detrazioni per le abitazioni principali sono poste a carico delle seconde case, immobili e negozi che vedono quindi un incremento delle aliquote.
Per chi non ha ben chiara la normativa è utile fare un breve riepilogo per comprendere il calcolo della Tasi dopo tutte le modifiche che si sono susseguite negli ultimi mesi.
Le regole di calcolo sono identiche a quelle previste per l'Imu. Il primo passo per determinare la Tasi è quindi quello di recuperare la rendita catastale dell’Immobile su cui si pagherà il tributo; il dato si trova sull’atto di proprietà dell’immobile oppure consultando il servizio di Visure Catastali dell’Agenzia delle Entrate che è gratuito per gli Immobili di cui il soggetto richiedente risulti titolare.
Il valore della rendita catastale deve essere quindi moltiplicato per un valore fisso pari a 168 (valido per le abitazioni civili; il valore è determinato dalla rivalutazione della rendita catastale del 5% e dall'applicazione del coefficiente previsto per tali tipologie di abitazioni pari a 160) ottenendo in questo modo la base imponibile. L’ultimo passaggio quello fondamentale, è il calcolo del corrispettivo da pagare; la cifra è il risultato del prodotto della base imponibile per l’aliquota Tasi stabilita dal Comune. Su questo valore sarà poi possibile applicare le detrazioni se previste dal Comune e se l'immobile in questione è adibito ad abitazione principale.
Ai Comuni viene riconosciuta la possibilità di variare l’aliquota, sia in diminuzione che in aumento. Nel primo caso possono decidere anche di azzerarla, nel secondo caso l’aumento non può avvenire a condizione che la somma delle aliquote IMU e TASI non superi il 10,6 per mille (aliquota massima IMU e aliquota base TASI).
Di recente, con il Dl 16/2014 si è stabilito che i Sindaci possono far crescere il tributo sui servizi indivisibili dello 0,8 per mille sopra i tetti massimi (2,5 per mille sull'abitazione principale, e 10,6 per mille nella somma di Imu e Tasi sugli altri immobili) proprio per finanziare le detrazioni sulle prime case: detrazioni che però rimangono facoltative e possono anche valere meno degli aumenti introdotti per finanziarle.
Ecco qui di seguito un esempio del Calcolo della Tasi su una abitazione principale.
Parametri | Valori | Calcoli | Importi |
Rendita Catastale | € 1.000,00 | ||
Rivalutazione | 5% | 1000 x 1,05 = | € 1.050,00 |
Coefficiente | 160 | 1.050 x 160 = | € 168.000,00 |
Aliquota Comunale* | 2,5 per mille | 168.000 x 2,5 / 1000 = | € 420,00 |
Detrazioni* | € 200,00 | 420 - 200 = | € 220,00 |
Totale Tasi 2014 | € 220,00 | ||
*L'esempio mostra il calcolo della Tasi su una abitazione principale con rendita castale di mille euro ed aliquota comunale del 2,5 per mille. Si immagina altresì che il Comune abbia introdotto detrazioni per l'immobile in oggetto. Si ricorda che l'aliquota comunale e le detrazioni sono fissate dai comuni. La legge indica che la Tasi per le abitazioni principali non può superare il 2,5 per mille (3,3 per mille se l'extra-gettito finanzia le detrazioni sull'abitazione principale). | |||
Roma ad esempio dovrebbe essere una delle prime città a portare l'aliquota sulle seconde case ai massimi. L'aliquota aggiuntiva dovrebbe colpire seconde case, negozi e capannoni, facendo salire il conto dal 10,6 all'11,4 per mille.Per le abitazioni principali si dovrebbe vedere un'aliquota massima al 2,5 per mille con detrazioni variabili.
Stessa situazione a Milano dove si prevede un aumento sugli altri Immobili e aliquota al 2,5 per mille con detrazioni per le prime case.
Gli sconti tuttavia secondo la proposta della Giunta, riguarderanno solo una parte dei proprietari perché sopra i 350 euro di rendita catastale (valore molto basso) si applicheranno solo a chi ha un reddito fino a 21mila euro all'anno.
Riforma Pa, no ai prepensionamenti di massa
Stop a dirigenti pubblici di prima e seconda fascia, all'insegna del ruolo unico. Possibilità di licenziare il dirigente che rimane privo di incarico per un certo tempo. E poi, ancora, taglio del 50% ai permessi sindacali.
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Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha presentato ieri il progetto di riforma della Pubblica Amministrazione. La tabella di marcia prevede 40 giorni di confronto sulla proposta, con integrazioni e suggerimenti, per poi procedere all'approvazione dei provvedimenti da parte dell'Esecutivo. Che avverranno il 13 Giugno dopo la tornata elettorale delle Europee. Dietro front sulla possibilità di introdurre prepensionamenti di massa (85mila esuberi secondo il Commissario alla spending review, Carlo Cottarelli), misura temuta fino alla vigilia: «non c'è un tema di esuberi della pubblica amministrazione italiana. Pensiamo che si debbano ridurre le sovrapposizioni», ha sottolineato il presidente del Consiglio.
La riforma della Pubblica amministrazione si sviluppa su 3 assi: «capitale umano, innovazione, tagli alle strutture non necessarie» ha spiegato ancora Renzi. Il presidente del Consiglio che il coinvolgimento dei dipendenti attraverso una lettera che verrà recapitata loro via mail e a cui potranno rispondere offrendo spunti e suggerimenti. Potremmo chiamare il provvedimento spiega il premier, «sforbicia Italia per il taglio agli sprechi o open data, per l’uso di questi ultimi come strumento di trasparenza».
Dirigenti della Pa - La riforma per quanto riguarda i dirigenti prevede per Renzi «La possibilità di licenziamento per il dirigente che rimane privo di incarico oltre un determinato termine». Ci sarà, spiega il premier, anche «l’introduzione del ruolo unico della dirigenza», ha spiegato. Sugli interventi sugli stipendi dei manager pubblici, Renzi ha ricordato che «nella discussione politica di questi giorni ci sono state alcune anticipazioni che sono diventate tavole della legge, come il fatto che noi avremmo detto che tagliamo gli stipendi. Noi abbiamo detto che avremmo messo un tetto massimo a 240mila euro». «È vero che non ci sono stati tetti» alle retribuzioni dei dipendenti della Pa per «fasce - ha riconosciuto la ministra Madia -, ma questa è stata una scelta politica, quei tetti non sono saltati all'ultimo. Vogliamo porre un tetto apicale ma non intervenire sulle fasce intermedie». La riforma della Pa prevede la possibilità di licenziamento per il dirigente che resta privo di incarico oltre un certo termine.
Prepensionamenti - «Non c’è un tema di esuberi della Pa» ha tuttavia aggiunto Renzi precisando che il vero punto «è mettere quelle persone nelle condizioni di lavorare» e «l’efficienza del servizio». «I risparmi li vogliamo fare, ma se metti insieme prefettura, Ragioneria dello Stato e le sedi degli enti del governo sai quanto risparmi? Molto di più che con l’esubero».
Per Renzi anzi, con i pensionamenti previsti le nuove entrate nella Pa potrebbero essere «14-15 mila fino al 2018. Se obblighi tutti ad andare in pensione, siamo stati prudenti a parlare di 10 mila nuove persone perché in realtà i calcoli che abbiamo fatto sono tra i 14-15mila fino al 2018» ha aggiunto il presidente del Consiglio.
Accorpamenti - La riforma prevede inoltre una serie di accorpamenti di enti e organi della Pa. Prima di tutto si passa per una riduzione delle prefetture: Renzi ha detto che dovranno essere presenti solo «nei capoluoghi di regione e in zone strategiche, quindi saranno ridotte a 40». Inoltre, il premier ha parlato di una «centrale unica per gli acquisti delle forze di polizia e di accorpare l’Aci, il Pra e la Motorizzazione civile».
Quanto alle scuole di formazione della Pubblica amministrazione, dovranno essere accorpate in una sola. Tra gli altri provvedimenti per la lotta agli sprechi della Pa, ci sarà anche «l’accorpamento delle soprintendenze e la riorganizzazione della presenza dello Stato sul territorio» facendo riferimento anche alle molteplici sedi provinciali della Ragioneria generale dello Stato. Il presidente del Consiglio ha parlato anche della volontà di eliminare «l’obbligo delle aziende di iscriversi alle Camere di commercio» cosa che potrebbe portare all’eliminazione delle stesse, e ha parlato anche «della razionalizzazione delle Autorità portuali».
Pin - Nella riforma della Pa è previsto, ha aggiunto Renzi, «l’introduzione del Pin del cittadino: oggi la pubblica amministrazione parla 13 linguaggi diversi, noi vogliamo che parli un’unica lingua e che lavora su tutto». Il progetto di riforma infatti prevede per il cittadino l’introduzione di un unico codice per accedere ai servizi pubblici.
Mobilità obbligatoria, niente esuberi - Il Ministro della Pa Marianna Madia, intervenuta durante la conferenza stampa, ha chiarito: occorre «mettere in campo» una «mobilità che funzioni», sia «volontaria, ma anche obbligatoria, garantendo dignità al lavoratore», con riferimento alle retribuzioni e alla «non lontananza da luogo lavoro».
La priorità è «sbloccare al massimo il blocco del turn over». «Abbiamo delle patologie da sanare, come gli idonei non assunti e i precari - ha continuato -. Non ho problemi a parlare di eventuali prepensionamenti». E' proprio su questo fronte che Renzi troverà i maggiori ostacoli perchè la normativa sulla mobilità dei dipendenti pubblici in realtà già esiste, da oltre 10 anni, ma per via dei veti incrociati non è mai stata applicata.
Pensionati, cresce la protesta contro il governo
I pensionati di Cgil, Cisl e Uil scendono in piazza a Napoli per chiedere al governo di estendere il bonus sugli 80 euro anche ai pensionati per ora esclusi dal provvedimento.
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La delusione dei pensionati che non sono stati inclusi nella manovra sugli 80 euro mensili per i lavoratori dipendenti contenuti nel decreto Irpef si fa sentire un pò in tutta Italia. Al grido di “Caro Matteo noi non stiamo sereni”, decine e decine di anziani sono scesi l'altro giorno in piazza a Napoli per far sentire la propria voce e le richieste al Governo Renzi con cartelli e megafoni. I pensionati di Cgil, Cisl e Uil chiedono risposte concrete al governo: «La sacrosanta scelta di varare sgravi fiscali per i lavoratori – spiegano i vertici sindacali – deve essere estesa anche ai pensionati, che stanno pagando un conto durissimo alla crisi, avendo perso negli ultimi dieci anni circa il 10% del proprio potere d’acquisto.
«Ma chiediamo anche più equità sociale e fiscale, una lotta a tutto campo all’evasione, una drastica riduzione di sprechi e privilegi, la difesa del welfare a livello nazionale e territoriale». Il tam tam dei pensionati è partito dal Friuli Venezia Giulia dove le tre sigle, che in regione rappresentano oltre 130mila iscritti, hanno stampato 50mila cartoline con le loro rivendicazioni, sulle quali sarà possibile raccogliere le firme dei cittadini che aderiranno alla petizione per chiedere una misura in favore di milioni di persone che si sono viste erodere il potere d'acquisto delle pensioni.
Domani i pensionati già si stanno dando appuntamento nelle piazze delle maggiori città italiane per approfittare della tradizionale Manifestazione del 1° Maggio per rinnovare la richiesta all'esecutivo.
Riforma Pa, parola d'ordine: staffetta e mobilità
La riforma della Pubblica Amministrazione dovrebbe però avvenire in due fasi. La prima, con un decreto, che potrebbe essere approvato già entro la settimana. La seconda, di portata più ampia, verrebbe affidata a un disegno di legge delega.
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Ancora attraverso i social network, il Presidente del Consiglio torna ad annunciare l'avvio della Riforma della Pubblica Amministrazione. A breve si conosceranno i primi dettagli ufficiali su un provvedimento atteso da diverse settimane. La tabella di marcia, quindi, pare rispettata.
I provvedimenti sono sono stati scritti nero su bianco la scorsa settimana nell'incontro che si è tenuto a Palazzo Chigi a cui ha partecipato Marianna Madia, ministro della Pubblica Amministrazione. La riforma della Pa sarà probabilmente affidata a due provvedimenti, un decreto legge che sarà approvato a breve, in Consiglio dei ministri, l'altro, un disegno di legge delega, avrà una portata piu' ampia e dovrà contenere una revisione anche dei principi generali del funzionamento della macchina burocratica italiana.
Proprio in questa seconda fase potrebbe trovare ingresso il progetto della staffetta generazionale, un'idea che ha alla base l'obiettivo di far uscire dal lavoro i dipendenti vicini alla pensione e favorire l'ingresso di nuove leve piu' giovani. Operazione complessa sulla quale i sindacati frenano preoccupati che con il provvedimento si vogliano in realtà mascherare l'avvio di licenziamenti in massa. I sindacati sarebbero comunque disponibili ad un allargamento dell'esonero dal servizio, procedura che consiste nella sospensione dal lavoro nei 5 anni che precedono il momento di andare in pensione.
Nella legge delega troverà spazio anche un maggior ricorso alla mobilità interna alla Pubblica amministrazione. Dirigenti e dipendenti potranno essere destinati, a seconda delle necessità, a trasferimenti o a distacchi in altri dipartimenti dell' amministrazione pubblica per coprire quelle aree a carenza di personale.
Nel decreto dovrebbe invece esserci il vincolo della parte variabile dei compensi dei dirigenti della Pa ai risultati economici del Paese. Bonus che sarebbero quindi legati all'andamento del Pil o di altri dati macroeconomici dell'Italia: se il Paese cresce, cresce anche la retribuzione. Renzi sta anche valutando l'inserimento di un limite di tempo per ogni incarico apicale.
Da escludere invece un intervento sulle pensioni in larga scala. L'idea di Poletti di introdurre il prestito pensionistico, magari solo quello "soft" che interesserebbe i lavoratori attualmente impiegati che prevede l'anticipo di un anno nell'accesso alla pensione, dovrà essere studiato attentamente nelle prossime settimane e pertanto non sarà inserito nel decreto legge sulla Pa.