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Il Pd rispolvera la proposta Damiano per introdurre premialità e penalità per i lavoratori tra i 62 e i 70 anni di età.

Tra le varie riforme in materia previdenziale che potrebbero nei prossimi tempi vedere la luce verde c'è quella legata all'introduzione dei cosidetti pensionamenti flessibili. La riforma si basa sulla proposta di legge presentata il 30 aprile 2013 alla Camera dei Deputati firmata, tra l'altro, dagli onorevoli Damiano, Baretta e Gnecchi e viene oggi riproposta dal Partito Democratico al governo Renzi come base per un intervento volto a risolvere i nodi della Riforma Fornero del 2011. Vediamo più da vicino di che cosa si tratta.

In pensione a 62 anni e 35 di contributi - La proposta di legge prevede che, a partire dal 1° gennaio 2014, le lavoratrici e lavoratori (pubblici, privati ed autonomi) che hanno raggiunto i 62 anni di età che abbiano maturato un' anzianità contributiva di almeno 35 anni, possono accedere a forme di pensionamento flessibili sempre che l'importo dell'assegno pensionistico, secondo l'ordinamento previdenziale di appartenenza, sia pari ad almeno 1,5 volte l'importo dell'assegno sociale. 

Nel documento si specifica anche che per la determinazione dell'importo della pensione si consideri l'importo massimo conseguibile, secondo l'ordinamento previdenziale di appartenenza, e si applichi una riduzione o una maggiorazione sulla quota di trattamento pensionistico calcolata con il sistema retributivo a seconda che l'età del pensionando sia inferiore o superiore ai 66 anni (ed in funzione dei contributi versati). 

Le penalità e la premiazione - In pratica viene previsto un sistema di penalizzazioni e di premialità a seconda se il lavoratore scelga di cessare l'attività lavorativa prima dei 66 anni o dopo 66 anni entro comunque un range che va dai 62 anni ai 70 anni. Il taglio massimo sull'importo pensionistico è pari all'8% per cento per i lavoratori che decidono di uscire con 62 anni e 35 di contributi e man mano si riduce del 2 % l'anno fino ad annullarsi all'età di 66 anni. Analogamente, qualora il lavoratore decidesse di rimanere sul posto di lavoro oltre i 66 anni subirebbe un incremento dell'assegno pensionistico del 2% l'anno sino ai 70 anni. Pertanto il beneficio massimo conseguibile sarà dell' 8% per cento in corrispondenza dei settant'anni. 
Le penalizzazioni e le premialità si applicano sulle anzianità maturate con il sistema retributivo (dunque sulle anzianità maturate sino al 31.12.2011 per chi era nel sistema misto o sino al 31.12.95 per chi ne era rimasto escluso).

In pensione con 41 anni di contributi - Inoltre per le lavoratrici e lavoratori che abbiano maturato almeno 41 anni di anzianità contributiva viene concessa la possibilità di accedere alla pensione anticipata a prescindere dall'età anagrafica e senza incorrere in penalizzazioni. 

Stima di Vita - La proposta congela inoltre, almeno per un anno, il prossimo scatto della stima di vita (pari a 4 mesi) previsto dal prossimo 1° Gennaio 2016. Nel documento si specifica infatti che fino al 31 dicembre 2016 l'incremento delle pensionistica dovuto all'allungamento della speranza di vita sia determinato nella misura di 3 mesi complessivi.

La proposta Damiano è stata tuttavia bocciata lo scorso anno per ragioni di copertura finanziaria. Ora però con il nuovo governo Renzi i firmatari dell'originario progetto di legge sono tornati alla carica e hanno chiesto al Premier di ritararla fuori dal cassetto.

23 mila lavoratori attendono la pubblicazione del quinto decreto di salvaguardia in attuazione delle disposizioni contenute nella legge 147/2013

I lavoratori salvaguardati ai sensi dell'ultimo intervento contenuto nella legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 191 e ss. della legge 147/2013) attendono la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto attuativo. Il decreto è stato già firmato dall'ex ministro del lavoro Enrico Giovannini. Il provvedimento dovrà specificare le regole per la fruizione del beneficio ed indicare, termini e modalità per presentare la domanda.

Le misure contenute nella quinta salvaguardia concederanno la possibilità di mantenere salve le regole pensionistiche vigenti prima dell'entrata in vigore della Riforma Fornero (Dl 201/2011) a 23 mila soggetti individuabili in due macro-categorie. 

Da un lato viene infatti ampliato, con il comma 191 dell'articolo 1 della legge 147/2013, di 6mila unità il contingente dei prosecutori volontari salvaguardati ai sensi della lettera b) dell'articolo 1, comma 231 della legge 228/2012. Si tratta degli autorizzati alla prosecuzione volontaria entro il 4 dicem­bre 2011, con almeno un contributo vo­lontario accreditato o accreditabile al 6 dicembre 2011, anche che abbiano lavorato (purchè non con contratti a tempo indeterminato e con un reddito massimo lordo annuo di 7.500 euro) che maturano la decorrenza della pen­sione entro il 6 gennaio 2015. Con questo intervento il contingente passa dunque dalle originarie 1.590 unità (come individuate dal Dm 22 Aprile 2013) a 7.590 unità.

Il secondo fronte invece, riguardante 17mila persone, è quello piu' importante perchè aggiunge nuove fattispecie di lavoratori ammessi in salvaguardia (art. 1, commi 194-198, legge 147/2013); si tratta evidentemente di soggetti che per via dei precedenti paletti non hanno potuto accedervi. 

L'intervento del legislatore è stato caratterizzato - in questa salvaguardia - dalla circostanza di aver eliminato il limite reddituale di 7.500 euro - per i prosecutori volontari, cessati dal servizio con accordi e lavoratori con risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro - e nell'aver aperto alla possibilità - per i lavoratori in mobilità ordinaria che non riescono a perfezionare i requisiti per la pensione entro la fruizione della relativa indennità - di mantenere la salvaguardia qualora entro sei mesi dal termine dell'indennità di mobilità riescano a perfezionare, tramite contribuzione volontaria, i requisiti per la pensione. In ogni caso tuttavia resta la condizione - per essere ammessi al beneficio - che la decorrenza della prestazione pensionistica avvenga entro il 6.1.2015 e viene questa volta specificato che il primo pagamento della pensione non potrà avere decorrenza anteriore al 1° Gennaio 2014 (comma 195).

Nello specifico i lavoratori che potranno fruire della quinta salvaguardia sono:

a) i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione anteriormente al 4 dicembre 2011 i quali possano far valere almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data del 6 dicembre 2011, anche se hanno svolto, successivamente alla data del 4 dicembre 2011, qualsiasi attivita', non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

b) i lavoratori il cui rapporto di lavoro si e' risolto entro il 30 giugno 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo il 30 giugno 2012, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

c) i lavoratori il cui rapporto di lavoro si e' risolto dopo il 30 giugno 2012 ed entro il 31 dicembre 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

d) i lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato per risoluzione unilaterale, nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, successivamente alla data di cessazione, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

e) i lavoratori collocati in mobilita' ordinaria alla data del 4 dicembre 2011 e autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione successivamente alla predetta data, che, entro sei mesi dalla fine del periodo di fruizione dell'indennita' di mobilita' di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, perfezionino, mediante il versamento di contributi volontari, i requisiti vigenti alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011;

f) i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione anteriormente al 4 dicembre 2011, ancorche' al 6 dicembre 2011 non abbiano un contributo volontario accreditato o accreditabile alla predetta data, a condizione che abbiano almeno un contributo accreditato derivante da effettiva attivita' lavorativa nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 30 novembre 2013 e che alla data del 30 novembre 2013 non svolgano attivita' lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.

L'obiettivo del nuovo esecutivo è di puntare ad una riduzione di 7-8 miliardi  di euro per i lavoratori e di 3 miliardi per le imprese.

Il nuovo governo vuole dare un segnale importante ed immediato sul taglio del cuneo fiscale. Dipende tutto dalle risorse disponibili che secondo fonti vicino alla presidenza del Consiglio sarebbero pari a circa 10 miliardi di euro da suddividere con l'intervento sull'Irpef sull'Irap. E' proprio questo il nodo sul tavolo dell'esecutivo: come spartire i 10 miliardi tra i due interventi.

Secondo l'ipotesi piu' accreditata gran parte delle risorse disponibili dovrebbero essere concentrate sull'Irpef con intervento pari a circa 7 miliardi di euro. L'obiettivo è quello di dare una scossa ai consumi e alla domanda interna per tentare di invertire la tendenza che vede l'economia italiana bloccata su tassi di crescita molto modesti.

All'Irap sarebbero destinati quindi solo tre miliardi di euro, il 30 per cento delle risorse disponibili. All'interno della maggioranza tuttavia Ncd e Scelta Civica puntano puntano ad aumentare la quota delle risorse disponibili per ridurre l'imposta regionale sulle attività produttive. L'idea è quella di arrivare ad un 50%, cioè a 5 miliardi di euro: agire piu' incisivamente sul fronte dell'Irap potrebbe infatti aprire nuovi spazi di manovra a beneficio delle imprese e dunque anche dell'occupazione. Inoltre si renderebbe immediatamente percepibile il taglio sul costo del lavoro.

Restano ancora da definire sgravi Imu per i proprietari e la riduzione Iva per i costruttori impegnati nel social housing.

Il decreto casa arriverà mercoledì in Consiglio dei ministri all'interno di un provvedimento complessivo riguardante per lo sviluppo. All'esame del consiglio ci sarà anche il Jobs act, piano scuole e forse lo sblocco dei pagamenti Pa.

Tra le misure piu' importanti che potrebbero avere la luce verde c'è  la riduzione dell'Imu al 4 per mille per tutti i proprietari che affittano la seconda o terza casa a canone concordato ma anche la previsione di una riduzione delle imposte, semplificazioni e premi urbanistici per i costruttori che realizzano immobili vincolando una quota degli appartamenti all'affitto secondo la formula del social housing.

Inoltre tra le misure che dovrebbero avere luce verde c'è il piano straordinario di recupero degli alloggi Iacp da 568 milioni che dovrà essere attuato entro sei mesi e sarà finanziato in gran parte (500 milioni) con fondi dello stesso ministero recuperati con le revoche dei fondi a opere bloccate. Le Regioni si sono opposte agli sconti per l'acquisto di alloggi popolari da parte di inquilini che li abitano ma alla fine il compromesso dovrebbe essere stato raggiunto: gli sconti saranno inseriti nel quadro nazionale ma l'entità degli stessi saranno definiti in ambito locale, caso per caso, con accordi fra centro e periferie.

Cedolare Secca al 10% - Nel decreto casa è prevista poi la riduzione ulteriore dal 15 al 10% dell'aliquota della cosiddetta cedolare secca per chi affitta a canone concordato. Una misura che costerà 29,7 milioni di euro l'anno e che segue la discesa dal 20 al 15% già decisa con il decreto del fare. L'obiettivo della misura è rendere nuovamente conveniente su larga scala il contratto a canone concordato anche rispetto al canone di libero mercato che in questi anni è stato fortemente penalizzato dalla stasi del mercato immobiliare.

Formula Rent to buy - Nel decreto Lupi ci saranno certamente anche alcune norme per rendere più favorevole il cd. «Rent to buy», lo strumento che consente all'inquilino di riscattare l'appartamento utilizzando i canoni di affitto pagati come rate anticipate da scalare dal prezzo di acquisto dell'immobile. Nel provvedimento si dovrebbe consentire il differimento del momento della decisione di riscattare la proprietà dell'immobile al settimo anno lasciando le imposte sull'immobile a carico dell'ente proprietario in un primo momento.

Detrazione Irpef 900 € - Accanto ai benefici per il proprietario prodotti dalla riduzione dell'aliquota della cedolare secca il decreto dovrebbe prevederne uno anche per l'inquilino. Per il conduttore che affitta un immobile a canone concordato è previsto un aumento della detrazione Irpef fino a 900 euro per le fasce di reddito più basse (fino a 15.493,71 euro), a fronte dei 450 euro attuali. In questo caso la concorrenza che si tenta di sbaragliare a colpi di incentivi fiscali non è solo quella del mercato libero, ma anche e soprattutto quella del mercato nero.

Fondi Rifinanziati - Nel decreto c'è poi un doppio rifinanziamento. Da un lato si provvede al raddoppio del Fondo affitti per famiglie bisognose, portandolo da 100 a 200 milioni di euro. Dall'altro, si rifinanzia il Fondo per la morosità incolpevole per 241 milioni che passa dai 140 milioni attuali a 381 milioni. Il fondo aiuta le famiglie in difficoltà pagando la rata dell'affitto che la famiglia non riesce a pagare.

Nel decalogo che raccoglie le osservazioni degli esponenti del partito democratico tra cui l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, si chiede all'esecutivo di accelerare sull'introduzione dei pensionamenti flessibili.

Nel Jobs Act non si parla di previdenza. Così ammette, forse disarmando molti lettori, il decalogo che raccoglie le osservazioni di una vasta schiera di esponenti del partito democratico, tra cui l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, per migliorare ed integrare il Jobs Act promosso dal neo-premier Matteo Renzi. Documento le cui prime misure dovrebbero già cominciare ad intravedersi nel Cdm previsto questa settimana ma che non conterranno novità per il fronte previdenziale.

I firmatari del Decalogo osservano che il governo non ha una linea chiara sul fronte previdenza e chiedono l'apertura di un cantiere per affrontare i principali temi ad oggi irrisolti. Ai primi punti c'è l'introduzione di una maggiore flessibilità in uscita dal lavoro: "Il governo presenterà una propria proposta basata sul disegno di legge C.857" si legge nel documento.

Si tratta della proposta di legge presentata l'anno scorso da Damiano che prevede l'introduzione della possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia già a 62 anni (con almeno 35 anni di contributi) con una penalizzazione graduata sulla base dell'età del pensionando. La proposta si è "arenata" con il governo Letta dopo che il MEF ha posto problemi di copertura finanziaria; il Ministro Giovannini stava quindi lavorando ad un piano alternativo basato sull'idea di un prestito pensionistico che il pensionato avrebbe poi restituito una volta conseguita la pensione. Ora il nuovo governo dovrebbe indicare che strada seguire.

Nel decalogo si chiede anche la soluzione del problema delle ricongiunzioni onerose e la definizione di alcuni meccanismi che garantiscano una pensione adeguata e dignitosa per le giovani generazioni. Qui l'idea è quella di garantire con un trattamento economico minimo al di sotto del quale non è possibile scendere in modo da mettere al riparo chi in futuro non riesca, con il sistema contributivo, ad ottenere un assegno "dignitoso" per la vecchiaia. 

Nel documento si chiede anche l'apertura di un tavolo di concertazione tra governo e parti sociali finalizzato a rivedere il meccanismo di indicizzazione delle pensioni medio basse e quello riguardante l'esclusione "anacronistica" dei lavoratori parasubordinati dall'applicazione del principio di automaticità delle prestazioni previdenziali ed assistenziali prevista per i lavoratori dipendenti.

Su quest'ultima questione i firmatari della proposta chiedono l'estensione anche ai lavoratori iscritti alla gestione separata Inps, della regola secondo la quale sono dovute al lavoratore dipendente le prestazioni previdenziali ed assistenziali anche qualora l'imprenditore non abbia versato regolarmente i contributi dovuti alle gestioni previdenziali.

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