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Il decreto Poletti ha eliminato la causale dai contratti di lavoro a termine ma ha inserito un vincolo quantitativo del 20 per cento.

Il decreto legge 34/2014 ha cambiato in molteplici punti i contratti a tempo determinato e i contratti di somministrazione di lavoro a termine.

Le linee guida che hanno ispirato l'esecutivo sono state quelle di semplificare per le imprese la possibilità di ricorrere a questi strumenti in un momento di difficoltà economica senza precedenti. 
Dal 21 marzo 2014 sia il contratto a termine che il contratto di somministrazione di lavoro a termine possono essere stipulati senza indicazione della causale, cioè senza obbligo di indicazione delle ragioni giustificatrici del termine.

Si tratta questo di un elemento di forte innovazione dato che, nella previgente disciplina, la causalità era la principale causa di contenziosi giudiziari presso i tribunali.

Con il decreto legge 34/2014 pertanto, tutti i contratti possono essere stipulati in modo acausale e ciò con riferimento a qualsiasi tipo di mansione. Il decreto tuttavia ha imposto un limite legale alle assunzioni a termine pari al 20 per cento dell'organico complessivo del datore di lavoro. Limite che può essere superato solo qualora il contratto collettivo nazionale preveda limiti diversi superiori a quelli legali. 

Restano fuori dal tetto del 20 per cento invece le attività già escluse in precedenza dall'articolo 10 comma 7 del Dlgs 368/2001. Rientrano in tali fattispecie le fasi di avvio di nuove attività, i contratti a carattere sostitutivo o stagionali, i lavoratori impiegati in radio e tv e quelli instaurati con i lavoratori over 55.  Infine il decreto legge 34/2014 detta una disciplina derogatoria con riferimento alle imprese che impiegano meno di 5 dipendenti: queste imprese possono assumere solo un lavoratore a tempo determinato.

L'altra caratteristica importante riguarda la possibilità per il datore di lavoro di sottoscrivere fino ad 8 proroghe con il consenso del lavoratore purchè queste abbiano ad oggetto la stessa attività per la quale era stato stipulato in origine il contratto a termine. Prima del decreto Poletti la proroga era ammessa solo una volta. 

Nessuna novità invece per quanto riguarda il tetto massimo di durata del contratto a termine che resta pertanto fissato in 36 mesi; limite comprensivo anche delle eventuali proroghe. Invariati anche gli stop and go cioè quei periodi di pausa da rispettare tra un rapporto di lavoro a tempo determinato e quello successivo pari a 10 o 20 giorni a seconda che il contratto iniziale fosse rispettivamente di durata sino a 6 mesi oppure superiore.

In pratica pertanto un datore di lavoro che ha un contratto a tempo determinato in scadenza può scegliere se prorogarlo immediatamente nel rispetto del tetto massimo di 36 mesi (a condizione che si riferisca la stessa attività) oppure far scadere il contratto e stipularne uno nuovo sempre a tempo determinato trascorsi i giorni di pausa 10 o 20 a seconda se il contratto iniziale ha una durata inferiore a 6 mesi o superiore.

Doccia fredda sul bonus mobili. La norma che doveva eliminare il tetto alla spesa non ha superato lo scoglio della Presidenza della Repubblica ed è stata pertanto eliminata dal decreto casa 2014 di cui si attende ancora la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. 

Insomma con l'approvazione del decreto casa non ci saranno cambiamenti rispetto a quanto previsto dalla scorsa legge di stabilità 2014. Resta pertanto il limite del livello di spesa reciproca: le spese per i mobili ed elettrodomestici non possono superare quelle per il recupero edilizio.

Come si ricorderà il governo Letta aveva tentato di neutralizzare questo limite con il decreto salva Roma bis. Decreto però che non è stato convertito in legge nei tempi previsti e quindi è decaduto riportando in vita il tetto per fruire del bonus. Lupi ci ha riprovato all'interno del decreto legge sulla casa con l'obiettivo di riportare il bonus mobili esattamente nella stessa situazione di come era stato applicato l'anno scorso. Ma questo tentativo non è riuscito per la seconda volta.

Il bonus mobili - Il bonus per i mobili ed elettrodomestici è stato introdotto lo scorso anno dal dl 63 2013 con il solo limite di 10 mila euro senza la previsione di alcun tetto per i lavori edilizi. La legge di stabilità 2014 lo ha prorogato per un anno insieme a quello sulle ristrutturazioni edilizie ed ha però stabilito che la spesa per i mobili non può superare quella prevista per i lavori di ristrutturazione.

I Pensionati "restano esclusi dai benefici perché, data la quantità di risorse disponibili, se avessimo spalmato i benefici su una platea più larga avremmo dato 10 euro, come in passato"

«Credo che il 2014 sarà ancora un anno di grande sofferenza», ha detto il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, in un'audizione alla Camera sulle linee programmatiche del dicastero. Indipendentemente dalle «considerazioni sulle dinamiche del Pil, che sia +0,6% o +1%, la dinamica dell'occupazione per il 2014 continuerà ad essere una dinamica ancora molto, molto pesante».

Secondo Poletti, «la dinamica occupazionale per il 2014 continuerà a essere molto, ma molto pesante. Quest'anno infatti sarà una sorta di terra di mezzo tra effetti di crisi di imprese sviluppatasi magari tre anni fa, e dinamiche di ripartenza Poletti ha ricordato anche che i pensionati «restano esclusi dai benefici perché, data la quantità di risorse disponibili, se avessimo spalmato i benefici», che andranno ai lavoratori dipendenti, «su una platea più larga avremmo finito per parlare di 10 euro, come in passato».

Il ministro chiarisce anche che «la cassa integrazione ordinaria e quella straordinaria non scompariranno. È fuori discussione». Secondo Poletti,«andrà invece a esaurimento quella in deroga che verrà sostituita dalla nuova Aspi». In audizione Poletti aggiunge che «nell'arco di quest'anno abbiamo un problema perchè manca circa un miliardo per la cig in deroga, se guardiamo alle dinamiche dell'altro anno». «Questo tema - aggiunge - ha bisogno di essere affrontato»', avendo presende il rischio che, andando «verso l'esaurimento degli strumenti ordinari, la cig in deroga diventi il rifugio ultimo con un problema gigantesco per la traslazione di problematiche di tipo diverso. Occorre avere garanzie di copertura altrimenti rischiamo di avere problemi sociali immediatamente a valle».

Cgil Cisl e Uil bocciano la proposta di innalzare la pensione anticipata per le donne prevista nel dossier Cottarelli presentato la settimana scorsa al governo. 

I sindacati si dicono fortemente contrari alla proposta contenuta nel dossier Cottarelli che prevede tra l'altro l'allineamento dei requisiti per l'accesso alla pensione anticipata delle donne a quelli previsti per i uomini. La manovra comporterebbe quindi l'innalzamento di un anno, a 41 anni e 6 mesi a 42 anni e 6 mesi dei contributi necessari ad accedere al trattamento anticipato indipendentemente dall'età anagrafica. 

Secco il giudizio della Uil che reputa la proposta di Cottarelli "fuori dalla realtà". È un'idea" bislacca" secondo la Uil perché non tiene conto delle penalizzazioni già subite dalle lavoratrici negli ultimi anni: "se si vogliono equiparare i requisiti il governo abbassi a 41 anni i contributi per tutti i lavoratori" ha detto il segretario Angeletti.  "Non ci sembra giusto penalizzare lavoratrici che già hanno visto ridursi le possibilità di optare per il regime contributivo da un lato e innalzarsi requisiti per la pensione di vecchiaia dall'altro."

Dura anche la Cgil che in un comunicato chiede al governo di non spaventare i lavoratori e di prendere una posizione chiara su cosa vuole fare sulle pensioni: "bisogna aiutare tutti coloro che sono rimasti intrappolati nelle maglie della riforma Fornero e che cercano maggiore flessibilità. Altro che innalzare la pensione anticipata". 

Per la Cisl invece contano le parole di Matteo Renzi che ha smentito Cottarelli. "Chiediamo piuttosto che si trovi una soluzione sugli esodati e sugli altri capitoli aperti."
Proprio la settimana scorsa il ministro Poletti aveva precisato su questo fronte che il governo è al lavoro per trovare una soluzione finale e definitiva sul caso esodati. Il ministro ha ribadito che fino a fine anno le coperture finanziarie ci sono e c'è la volontà del nuovo esecutivo di affrontare il problema nella sua integralità. "Non vogliamo trovare le risorse per 5mila persone ma per trovare una misura complessiva che perimetri il problema e trovi una soluzione".

Renzi annuncia che per i dirigenti delle Pubbliche Amministrazioni il tetto massimo delle stipendio sarà equiparato alla retribuzione del Presidente della Repubblica.

Secondo il progetto presentato dal premier Matteo Renzi i dirigenti pubblici saranno al centro di un progetto di riforma della pubblica amministrazione.  Sul fronte del pubblico impiego del resto il governo è intenzionato a perseguire due strade.  La prima, più impervia, è quella del taglio degli uffici che, secondo le stime fornite dal commissario Cottarelli, potrebbe determinare fino a 85 mila esuberi; l'altra, da attuare in tempi molto rapidi, già da aprile secondo indiscrezioni, è quella di stabilire che nessun manager pubblico possa guadagnare più del Presidente della Repubblica. In pratica la retribuzione dovrebbe scendere a 239.181 euro l'anno contro i 311.658 euro, tetto fissato dal precedente governo Monti e ancorato allo stipendio del primo presidente di Corte di Cassazione. 

La misura ovviamente dovrà essere chiarita nelle sue modalità di applicazione, ma dovrebbe interessare anche gli amministratori di società controllate e partecipate dallo Stato e non quotate nei mercati regolamentati. In pratica Ferrovie dello Stato, Poste e Cassa depositi e prestiti, mentre non sarebbero toccati i dirigenti di Eni ed Enel. Interessati ovviamente i dirigenti apicali dei Ministeri delle amministrazioni centrali pubbliche e i vertici della Cassazione e delle altre magistrature amministrative e contabili. 

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