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Padoan: piu' crescita e meno tasse sul lavoro
Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, offrirà a Bruxelles l'impegno dell'Italia per interventi strutturali in cambio dello scongelamento di somme per gli investimenti.
Il check up sui conti pubblici sarà verosimilmente concluso entro metà Aprile quando il neo ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan dovrà inviare a Bruxelles il Def con un piano nazionale di riforme. Il neo ministro dell'Economia vuole comprendere innanzitutto quali sono gli spazi di manovra per l'anno in corso. Per farlo dovrà verificare le risorse che possono essere impiegate per ridefinire un nuovo quadro economico per l'Italia.
La partita che gioca il Ministro è quella di presentarsi all'Ue con la proposta di uno scambio: impegno dell'Italia su interventi economici di carattere strutturale (in primis privatizzazioni, riduzione della spesa pubblica e riforma fiscale e del mercato del lavoro) in cambio di uno "sblocco" di risorse per gli investimenti.
Tra gli interventi proposti al primo posto c'è un forte intervento sul cuneo fiscale oggetto, da tempo al centro della campagna del neo premier Matteo Renzi. Purtroppo però ancora ad oggi non si conoscono ancora le risorse che potrebbero essere effettivamente assegnate al tema: il difficile compito è nelle mani del commissario straordinario Carlo Cottarelli che da diversi mesi ormai sta effettuando un intervento di ricognizione sulla spesa pubblica improduttiva.
Padoan e il nuovo ministro del lavoro, Giuliano Poletti, sono comunque concordi nell'importanza di diminuire la pressione fiscale sul lavoro con una particolare attenzione per i redditi bassi e per le imprese che reinvestono gli utili. Il tutto nell'ottica di spronare la crescita e di innescare un circolo virtuoso che possa spingere nuove assunzioni e creare nuovo reddito disponibile per le famiglie.
Così come tassare maggiormente patrimoni e rendite finanziarie e allo stesso tempo rendere più facile le assunzioni incentivando il lavoro stabile. E' questo del resto il programma del Jobs Act la cui declinazione dovrà essere effettuata nei prossimi mesi dal titolare del Dicastero di Via Veneto.
Pensioni, durante le finestre mobili è possibile lavorare
E' possibile continuare a lavorare fino all'apertura della finestra mobile oppure è necessario dare le dimissioni prima del perfezionamento dei requisiti per accedere alla pensione?
Sono questi alcuni dei quesiti che ci pongono i nostri lettori. A dire il vero ad oggi con l'entrata in vigore della riforma Fornero i lavoratori che continuano ad avere questo problema sono solo poche categorie. Il DL 201 2011 ha infatti disapplicato il regime delle finestre mobili di accesso con riferimento a tutti coloro che maturano i nuovi requisiti per il diritto a pensione ai sensi della disciplina contenuta nel DL 201. Per chi si trova in questa condizione la pensione decorrerà il primo giorno del mese successivo alla data della maturazione dei requisiti.
Solamente alcune categorie di lavoratori subiscono ancora il regime delle finestre mobili pari a 12 o 18 mesi (a seconda se dipendenti o autonomi). Si tratta in particolare delle lavoratrici che scelgono per la liquidazione dell'assegno pensionistico con il sistema di calcolo totalmente contributivo ai sensi della legge 243/2004 e dei lavoratori addetti a mansioni particolarmente faticosi e usuranti (Dlgs 67 2011), oltre che i lavoratori salvaguardati.
E' bene quindi ricordare che nel periodo di finestra mobile non bisogna necessariamente lavorare. Tuttavia il lavoratore, qualora scelga di dimettersi prima dell'apertura della finestra di decorrenza, rimarrà senza stipendio e senza pensione fino all'apertura della finestra stessa.
L'esempio che può essere fatto è quello di una lavoratrice che ha perfezionato nel dicembre 2013 i 57 anni e 3 mesi di età unitamente a 35 anni di contributi. In tal caso la signora può anche dimettersi dal lavoro senza perciò perdere il diritto a pensione. Tuttavia rimarrà senza stipendio e senza pensione sino all' apertura della sua finestra di decorrenza fissata per il 1° gennaio 2015.
Riscatto, la deducibilità fiscale è del 19 per cento
Il riscatto consente di recuperare periodi di vuoto contributo utili per accedere alla pensione con le nuove regole Fornero.
Con il riscatto si possono recuperare diversi vuoti contributivi presenti nella vita lavorativa di chi si accinge ad andare in pensione con le nuove regole. Ad esempio possono essere utilizzati i periodi derivanti da un lavoro svolto all'estero e, soprattutto, i corsi di studi universitari e post-universitari.
Il riscatto è sempre una procedura a titolo oneroso che si perfeziona con il pagamento di un importo pari agli oneri che l'Inps si assume con il riconoscimento di quei periodi in cui la legge consente al lavoratore pensionato di coprire periodi contributivi scoperti. L'onere è tuttavia deducibile fiscalmente dal reddito e ciò contribuisce a rendere maggiormente vantaggiosa la procedura.
I contributi da Riscatto - I contributi derivanti dal riscatto sono utili sia per il raggiungimento del diritto sia per la determinazione della misura dell'assegno pensionistico. Inoltre essendo la contribuzione da riscatto equiparata a quella effettiva, i contributi in esame possono essere utilizzati anche ai fini dell'accesso alla pensione anticipata. In questo caso, però, non sono utili ad escludere le penalizzazioni per i lavoratori che accedono alla pensione anticipata con meno di 62 anni di età (ad eccezione della contribuzione accreditata ex articolo 13 della legge 1338/62).
La deduzione fiscale - La deducibilità fiscale può essere utilizzabile in sede di dichiarazione dei redditi e può essere fruita attraverso il modello 730 per i lavoratori dipendenti, oppure nel riquadro RP del modello di dichiarazione Unico. Qualora il beneficiario della detrazione fiscale non abbia un reddito personale, come ad esempio nell'ipotesi di giovani privi di occupazione, il contributo può essere detratto in una misura pari al 19 % dai soggetti verso cui il riscattante risulti fiscalmente a carico.
Il beneficio è utile laddove sia il genitore a pagare, ad esempio, l'onere del riscatto del corso di laurea del figlio privo di redditi personali.
I periodi oggetto di riscatto - Possono essere riscattati diversi vuoti di contribuzione nel corso dell'attività lavorativa. In particolare possono essere riscattati il periodo di lavoro non coperti da contribuzione; i periodi lavorati all'estero (qualora ad esempio non sia possibile ricorrere alla totalizzazione estera); i corsi di laurea o di dottorato di ricerca (ma solo per la durata legale del corso di studi); il congedo parentale; i periodi di sospensione o di interruzione del rapporto lavorativo; i periodi di non lavoro tra un rapporto e l'altro o di formazione e tirocinio; il servizio civile.
I requisiti - Per conseguire il riscatto l'interessato deve poter far valere almeno un contributo effettivamente versato nell'ordinamento pensionistico in cui viene richiesto il riscatto prima della data della domanda. Per le domande di riscatto della laurea presentate a partire dal 1° gennaio 2008 la facoltà può essere esercitata anche dai soggetti non iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza che non abbiano iniziato l'attività lavorativa. Inoltre i periodi per i quali si chiede il riscatto non devono essere coperti da contribuzione obbligatoria, figurativa o da riscatto non solo presso il fondo verso cui è diretta la domanda di riscatto ma anche negli altri regimi previdenziali.
Il costo - Il costo dei periodi di riscatto è costituito dal versamento di un contributo per ogni anno da riscattare pari alla retribuzione media dell'interessato degli ultimi 12 mesi antecedenti la domanda moltiplicata per l'aliquota di computo della gestione pensionistica in cui si presenta la domanda. In caso di giovane inoccupato si utilizza il reddito minimo annuo convenzionale pari a 15.516 euro per l'anno 2014 (il livello minimo imponibile annuo per gli artigiani e commercianti).
Tale regola si applica se i periodi da riscattare si collocano successivamente al 31 dicembre 1995: l'importo della somma da versare verrà determinato attraverso il calcolo contributivo. Qualora invece i periodi da riscattare siano temporalmente antecedenti al 31 dicembre 1995, il calcolo dell'onere è effettuato attraverso il sistema retributivo. Ciò comporta un sistema più complesso legato a diversi fattori quali l'età, il sesso, le retribuzioni percepite negli ultimi anni e l'entità del periodo da riscattare. In ogni caso riscattare tali periodi sarà più oneroso per l'interessato.
Dunque, qualora i periodi riscattabili siano successivi al 1996, l'interessato sborsera' una somma inferiore perché basata sulle aliquote contributive vigenti al momento della presentazione della domanda nella gestione da accreditare e sul reddito degli ultimi 12 mesi senza alcun riferimento né all'anzianità contributiva, nè all'età dell'interessato.
Ad esempio per riscattare 4 anni di laurea di un giovane senza occupazione si pagherà 20.481 euro. Il risultato deriva dalla moltiplicazione del reddito minimo annuo convenzionale di 15.516 euro per l'aliquota del 33%. Per un anno di corso l'onere sarà quindi di 5.120,28 euro. Moltiplicati per 4 anni la somma da versare è pari a 20.481,12 euro.
Qualora invece il riscattante sia un lavoratore che ha percepito una retribuzione pari a 24mila euro nei 12 mesi antecedenti la presentazione della domanda, l'onere salirebbe a 31.680 euro (24mila x 33% x 4 = 31.680).
Pensioni, Con l'opzione donna assegni piu' bassi di almeno un quarto
Le lavoratrici che intendono fruire dell'opzione donna di cui alla legge 243/04, devono mettere in conto una decurtazione dell'assegno di almeno il 25% rispetto a quanto prenderebbero restando al lavoro per altri 4 o 5 anni.
Dopo la riforma Monti del 2011 è aumentato il numero delle lavoratrici che hanno scelto di accettare una pensione di importo inferiore a quella loro spettante, optando per il sistema di calcolo totalmente contributivo.
Fino al 31 dicembre 2015, infatti, le lavoratrici con 57 anni e 3 mesi di età (58 anni e 3 mesi se autonome) con almeno 35 anni di contributi potranno ancora accedere alla pensione in forma anticipata a condizione, però, che la finestra di decorrenza si apra entro tale data. A conti fatti il requisito anagrafico e contributivo dovrà essere quindi perfezionato almeno un anno prima per centrare l'obiettivo della decorrenza.
L'impatto del calcolo contributivo - Indicativamente, con l'aiuto del Patronato Inca, è possibile stimare l'effetto del diverso sistema di calcolo e dunque la decurtazione a cui le lavoratrici andranno incontro.
L'entità della riduzione dipende ovviamente dalle caratteristiche personali delle lavoratrici, in primo luogo, la loro evoluzione retributiva. In linea generale, più la lavoratrice vanta una carriera anticipata - con livelli retributivi molto elevati percepiti fin dai primi anni di iscrizione all'INPS - più la riduzione sarà minore; viceversa maggiore è l'anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 - e quindi la prestazione teorica maturata avrebbe previsto una quota rilevante calcolata attraverso il sistema retributivo - piu' elevata sarà la riduzione dell'assegno pensionistico.
La penalizzazione, secondo i dati del patronato Inca, è pari a circa il 27-30 % per chi ha una retribuzione annua lorda pari a 30.000 euro; si tratta di lavoratrici che in assenza dell'opzione avrebbero percepito una pensione annua lorda pari a circa 25.000 euro (rimanendo tuttavia in servizio almeno altri 4 - 5 anni). Per effetto del passaggio al sistema di calcolo totalmente contributivo, la pensione annua lorda si riduce a circa 17 mila euro.
La decurtazione sale invece a circa il 36-40% per chi ha avuto una carriera piu' "fortunata", cioè con retribuzioni annue lorde intorno ai 60 mila euro. A fronte infatti di una pensione annua lorda intorno ai 54 mila euro - che si percepirebbe restando sul posto di lavoro sempre per altri 4-5 anni - le lavoratrici vedranno ridursi l'importo del trattamento pensionistico intorno ai 25 - 30mila euro.
I dati diffusi dal Patronato si riferiscono alle lavoratrici nate nel 1956 e 1957, entrate nel mondo del lavoro intorno al 1976/77 e che oggi si trovano quindi ancora in tempo utile per effettuare la "scelta" di cui all'articolo 1, comma 9 della legge 243/04.
Il sistema di calcolo contributivo - Il metodo contributivo penalizza in maniera maggiore le dipendenti che hanno percepito retribuzioni più elevate rispetto al massimale di retribuzione pensionabile stabilito ai sensi della legge 335/95 (cd.riforma Dini), nei confronti dei lavoratori che sono stati iscritti per la prima volta all'Inps successivamente al 31 dicembre 1995. Il massimale vale circa 100mila euro. Questo valore vieni infatti considerato nel calcolo delle prestazioni finali maturate nel tempo riducendo eventualmente le retribuzioni prese come riferimento.
Prosecuzione volontaria, ecco i requisiti per la domanda
Molti lavoratori colpiti dalla crisi e senza occupazione, optano per la prosecuzione volontaria della contribuzione per andare in pensione con le nuove regole.
Sono sempre di più i lavoratori che fanno ricorso alla prosecuzione volontaria dei contributi per andare in pensione con le regole Fornero. Colpiti dalla crisi, si tratta per lo piu' di soggetti senza lavoro a cui mancano 2 o 3 di contribuzione per raggiungere i nuovi requisiti per la pensione anticipata. Vediamo dunque, in breve, quali sono le caratteristiche principali e quali sono i requisiti per essere autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione.
Prima di tutto vale la pena di ricordare che i versamenti volontari hanno una doppia valenza: sono utili infatti sia ai fini del perfezionamento dei requisiti di assicurazione e di contribuzione necessari per raggiungere il diritto alla prestazione pensionistica, che per incrementare l'importo del trattamento pensionistico a cui si avrebbe diritto qualora siano già stati perfezionati requisiti contributivi richiesti.
Come sempre l'autorizzazione ai volontari può essere concessa esclusivamente in caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato o autonomo. In talune circostanze il rapporto di lavoro può però anche non essere interrotto. Si tratta di casi specifici, disciplinati dalla legge, in cui il lavoratore ha ottenuto un periodo di sospensione dal lavoro per brevi periodi di aspettativa non retribuita (ad esempio l'aspettativa per motivi di famiglia, i congedi per formazione o per gravi motivi familiari e le giornate di sciopero), oppure quando svolge attività lavorativa con contratto part-time. In questo caso però il versamento volontario può essere autorizzato solo a copertura ad integrazione dei periodi di attività lavorativa svolta ad orario ridotto.
I Requisiti per la domanda - Tutti i lavoratori (dipendenti, autonomi e del pubblico impiego) possono ottenere l'autorizzazione alla prosecuzione volontaria della contribuzione quando siano stati versati almeno 5 anni di contributi effettivi riguardanti qualsiasi epoca lavorativa oppure, in alternativa, tre anni di contributi nei cinque antecedenti la domanda di autorizzazione.
Diversi requisiti sono previsti per specifiche categorie di lavoratori: per i soggetti che svolgono dal 1997 in poi un lavoro a tempo parziale, devono essere presenti almeno un anno di contributi nei 5 anni antecedenti la domanda; stessi requisiti sono previsti per i dipendenti stagionali, in forma temporanea e discontinua, per i periodi successivi al 31 dicembre 1996 e non coperti da contributi obbligatori o figurativi.
Per i coltivatori diretti, coloni e mezzadri sono invece necessari 279 contributi giornalieri (186 se donne e giovani) nei 5 anni antecedenti la domanda di autorizzazione. Piu' basso il requisito per i parasubordinati a cui è richiesto un anno di contribuzione versato nei 5 anni antecedenti la domanda di autorizzazione.
I requisiti contributivi devono essere perfezionati esclusivamente attraverso contribuzione effettiva (cioè obbligatoria e da riscatto) escludendo la contribuzione figurativa a qualsiasi titolo accreditata.
I periodi antecedenti alla domanda - Dal luglio 1997 è possibile coprire, attraverso contribuzione volontaria, anche i sei mesi antecedenti la data di presentazione della domanda purchè non sussistano cause ostative in tale semestre quali, ad esempio, la presenza di altra contribuzione, anche quella figurativa.
Il calcolo dell'onere - Il contributo settimanale viene calcolato per i lavoratori dipendenti sulla base delle ultime 52 settimane di contribuzione obbligatoria. Per gli autonomi, artigiani e commercianti il contributo viene calcolato sulla media dei redditi da impresa denunciati ai fini Irpef negli ultimi 36 mesi di contribuzione precedenti.
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Non versa i contributi per pagare gli operai. Imprenditore assolto a Bergamo
Un impreditore edile di Bergamo ha preferito pagare gli stipendi agli operai piuttosto che gli oneri Inps.
Lo stato di crisi può escludere il reato di "evasione contributiva". E' quanto è successo a Giacomo C. titolare di una piccola impresa edile in provincia di Bergamo che era finito sotto processo perché, vista la scarsità delle risorse, aveva scelto di continuare a pagare gli stipendi ai propri operai e di non versare le relative ritenute previdenziali e assistenziali all'Inps.
Il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bergamo gli ha dato ragione osservando che la "perdita della retribuzione agli operai sarebbe stata molto più pesante rispetto all' omesso versamento degli oneri inps nella situazione attuale di crisi economica ed avrebbe causato un danno grave ed irreparabile per le loro famiglie". È quanto si legge nelle motivazioni alla sentenza depositata lo scorso 15 febbraio. "Il fatto non costituisce reato perchè ricorrono gli estremi dello stato di necessità, quantomeno putativo".
In altri termini, secondo il giudice, l'imprenditore ha agito in buona fede ritenendo prioritario pensare allo stato di necessità dei suoi operai e delle loro famiglie.
L'imprenditore era in una situazione di grave crisi di liquidità ed ha ommesso di versare contributi assistenziali e previdenziali su retribuzioni pari a circa 120mila euro tra il 2010 e il 2011.
Secondo il Gup l'imprenditore ha ritenuto "probabilmente per errore, che la spendita delle ormai scarne liquidità di cui disponeva per far fronte agli obblighi contributivi, avrebbe comportato per i lavoratori un pericolo attuale di danno grave e provocato il collasso di numerose questioni familiari. Cio' è sufficiente ad escludere il dolo".
Sostegno al reddito, gli esodati chiedono la pubblicazione dei decreti per il 2014
I lavoratori interessati dalle nuove decorrenze della legge 122/2010 chiedono la pubblicazione dei decreti che stanziano i fondi per l'anno 2014.
Nell'incontro che si è svolto ieri nella sede della Cgil di Roma è stato di nuovo affrontato il problema dei lavoratori che hanno subito lo scivolamento della finestra di decorrenza per effetto della legge 122/2010. L'incontro, patrocinato dalla Cgil e dall'Inca, ha denunciato con forza il ritardo nella pubblicazione dei decreti che devono coprire le annualità dal 2014 in poi.
"Chiediamo innanzitutto che il nuovo governo pubblichi i relativi decreti in tempo utile per evitare periodi di discontinuità economica ai lavoratori interessati" afferma Bruno Palmieri del patronato Inca. "Ad oggi infatti i provvedimenti vengono approvati con forte ritardo rispetto alle reali esigenze e ciò comporta un periodo di vuoto economico che può durare anche 11 mesi. E' un comportamento inaccettabile".
Palmieri ha ricordato anche che "l'ultimo decreto (il DM 76353 del 16 ottobre 2013 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 16 dicembre 2013, ndr) è l'ennesimo imbroglio perché ha previsto, a differenza dei precedenti, l'erogazione delle prestazioni sostegno al reddito solo sino al 31 dicembre 2013 lasciando di fatto a metà del guado quei lavoratori che avrebbero avuto la nuova decorrenza nel 2014. Si tratta di una nuova ed inutile complicazione che sta creando disagi e confusione per tutti gli interessati" ha concluso il rappresentante sindacale.
La questione - L'articolo 12, comma 5-bis, del DL 78/2010 convertito con legge 122/2010 ha concesso la proroga del sostegno del reddito ai lavoratori collocati in mobilità ordinaria o lunga e cessati dal servizio nel periodo ricompreso tra il 31 ottobre 2008 e il 30 aprile 2010; e ai lavoratori titolari di assegno straordinario a carico dei fondi di solidarietà di settore con decorrenza compresa tra il 1° novembre 2008 e il 31 maggio 2010.
Tali soggetti possono ottenere il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito per un numero di mensilità pari al periodo di tempo intercorrente tra la data di decorrenza, calcolata in base alle disposizioni vigenti prima dell'entrata in vigore della legge 122 del 2010, e quanto risultante dall'applicazione di tale legge.
In pratica si tratta di un periodo di slittamento della prestazione pensionistica variabile che può passare da 2 a 11 mesi a seconda delle situazioni. In attuazione della disposizione il governo ha pubblicato sino ad oggi tre decreti: il DM 63665 del 2012; il DM 68225/2012 e, infine, il DM 76353/2013. I citati decreti hanno erogato le prestazioni in favore dei soli lavoratori che avrebbero avuto la finestra pensionistica - calcolata con le vecchie regole - entro il 31 dicembre 2013. Si attende dunque la pubblicazione dei decreti che coprano gli anni seguenti.
Assegni familiari, la prestazione sale nel 2014
L'Inps ha stabilito i nuovi valori degli assegni famigliari per il 2014 con la circolare 29/2014. L'importo degli assegni erogati dai comuni in favore delle famiglie in condizioni economiche disagiate sale di circa l'uno per cento. Relativamente all'anno 2014 l'assegno mensile di maternità è pari a 334,50 euro, quello per il nucleo familiare vale 141 euro; i limiti ISEE, per il diritto alle prestazioni, vengono fissati rispettivamente in euro 35.257, per l'assegno di maternità, e in euro 25.385 per l'assegno al nucleo familiare.
L'assegno familiare - L'assegno familiare spetta ai nuclei famigliari italiani e comunitari su richiesta che deve essere presentata al Comune di residenza. Il trattamento viene concesso dall'ente locale e viene pagato materialmente dall'Inps. Per fruire dell'assegno devono essere soddisfatti due requesiti: nel nucleo familiare devono essere presenti almeno tre figli minori e il valore dell' indicatore della situazione economica familiare, cioè l'Ise, non deve superare i 25.384,91 euro (per l'anno 2014). L'importo che viene erogato mensilmente è pari a 141,02 euro e su base annua la prestazione è pari a 1.833,26 euro.
L'assegno di maternita' - L'assegno di maternità viene concesso alle donne cittadine italiane, comunitarie o straniere in possesso di carta di soggiorno per le nascite, gli affidamenti preadottivi e le adozioni senza affidamento. Per il 2014 l'assegno è pari a 1.691,05 euro cioè 338,21 euro al mese fruibile per 5 mensilità. Il beneficio va richiesto al Comune di residenza entro sei mesi dall'evento (cioè dalla nascita, dell'affidamento o dall'adozione) e spetta in misura intera qualora la madre non percepisca altre indennità di maternità obbligatoria. In caso contrario la madre ha diritto alla quota differenziale purché il nucleo familiare possegga un ISEE non superiore a 35.256,84 euro.
Associati in partecipazione, la sanatoria scade il 31 marzo
I contratti collettivi devono prevedere l'assunzione a tempo indeterminato dei collaboratori abusivi. Le imprese dovranno versare il 5 per cento della contribuzione.
Com'è noto la recente legge di stabilità 2014 ha riaperto i termini per la sanatoria degli associati in partecipazione ammettendo al beneficio tutte quelle imprese che stipulano accordi entro il 31 marzo 2014 e che depositano i relativi atti presso l'Inps entro il 31 luglio 2014.
Possono beneficiare della sanatoria le imprese che hanno abusato dei contratti di associazione in partecipazione sostenendo dei costi piuttosto contenuti. La procedura ha lo scopo di incentivare l'assunzione a tempo indeterminato di tutti gli ex collaboratori delle imprese; dal canto loro i datori ottengono diversi benefici che comprendono anche la possibilità di sanare gli illeciti sulle questioni contributive ed amministrative pregresse.
La procedura per fruire della sanatoria - Le imprese che vogliano fruire della sanatoria devono stipulare entro il 31 marzo 2014 un contratto collettivo che preveda l'assunzione, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, entro i successivi 3 mesi, dei collaboratori che hanno lavorato con l'impresa in forma abusiva.
Attraverso la stipula del contratto collettivo l'impresa ottiene la garanzia di chiudere le questioni pendenti con il passato: il lavoratore "regolarizzato" ha infatti l'onere di rinunciare a qualsiasi potenziale rivendicazione in merito al rapporto abusivo. L'assunzione del collaboratore dovrà essere accompagnata dal versamento, da parte dell'impresa, di un contributo pari al 5 per cento della quota di contribuzione prevista carico degli associati per i periodi di durata del rapporto pregresso entro un tetto massimo pari a 6 mesi.
Una volta concluso il versamento il datore dovrà depositare l'accordo collettivo comprensivo degli atti di conciliazione individuale e dei contratti di assunzione presso la sede Inps competente per territorio. L'adempimento deve essere completato entro il 31 luglio 2014. Una volta asssunto l'azienda non può licenziare il collaboratore regolarizzato per un periodo pari a 6 mesi a meno che non sussista una giusta causa o giustificato motivo soggettivo.
Completata la procedura, il datore di lavoro consegue l'estinzione degli illeciti in materia di versamenti contributivi, assicurativi e fiscali; inoltre beneficia della revoca di provvedimenti amministrativi emanati in conseguenza delle contestazioni riguardanti i medesimi titoli.
Nuovo allarme della Corte dei Conti sull'Inps
Lo sforzo è insufficiente. Secondo i magistrati contabili le risorse messe a disposizione dalla legge di stabilità 2014, approvata lo scorso dicembre dal governo Letta per tentare di ripianare il rosso in bilancio dell'Istituto previdenziale, non appaiono in grado di incidere sul deficit strutturale che l'Inps ha riportato sia nella gestione del lavoro pubblico sia di quello privato.
E' quanto hanno sostenuto questa settimana i rappresentanti della Corte dei Conti nel corso di un'audizione presso la Commissione parlamentare di controllo sugli enti previdenziali. Secondo gli esperti, le misure approvate nella legge di stabilità costituiscono "solo un alleggerimento del quadro ma non rappresentano la soluzione ai problemi economici dell'Istituto previdenziale".
L'Inps ha una situazione patrimoniale in forte peggioramento dopo l'incorporazione dell'Inpdap nel 2011. Quest'anno l'istituto previdenziale dovrebbe chiudere con un rosso di 4,5 miliardi di euro. A rendere insufficienti le misure approvate nella legge di stabilità, secondo i magistrati contabili, "sono i conti in profondo rosso della cassa dei dipendenti statali che continueranno a pesare gravemente sui bilanci dell'INPS per i prossimi anni nonostante il recente intervento abbia cancellato le passività accumulate dall'ex Inpdap per 25 miliardi di euro".