Notizie
Pensioni, scoperto falso cieco: in 10 anni si porta a casa 122mila euro
Quasi 700 euro al mese tra pensione di invalidità civile e indennità di accompagnamento erogate dall'Inps ad un falso cieco. Protagonista della vicenda è un uomo residente a Rho, che i militari del Comando provinciale della Guardia di finanza hanno pedinato per settimane, nell'ambito di un'inchiesta sui falsi invalidi. Secondo i finanzieri l'uomo, pur essendo invalido al 100 per cento, era in grado di recarsi da solo in un centro commerciale, senza guida né bastone, e leggere le etichette dei prodotti esposti. E una volta completati gli acquisti, sistemare i sacchetti nel baule dell'auto, prima di mettersi alla guida.
La finzione va avanti da almeno dieci anni, periodo in cui - secondo le stime dei finanzieri - l'uomo avrebbe percepito complessivamente senza averne diritto almeno 122mila euro, destinati a chi disabile lo è veramente. L'inchiesta, coordinata dalla procura e condotta anche grazie a riprese audiovisive, ha finora permesso all'autorità giudiziaria di indagare l'uomo per truffa aggravata. Anche ora che sono arrivati a formulare una formale denuncia, i militari non si fermano: gli accertamenti nei confronti dell'uomo vanno avanti. Si vuole capire se, dal 2005 a oggi, fingere la disabilità gli abbia portato altri vantaggi indebiti oltre alla percezione della doppia indennità.
seguifb
Zedde
Riforma Pensioni, Poletti appoggia il reddito minimo per gli ultra 55enni
A Giugno le proposte dell'Inps per garantire un sostegno economico ai lavoratori ultra 55enni che hanno perso il posto di lavoro e si trovano in condizione di bisogno.
Kamsin "L'idea di introdurre un reddito minimo tra i 450 e i 700 euro al mese per gli ultra 55enni che hanno perso il lavoro è interessante". Così ha commentato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti alle dichiarazioni di Tito Boeri, neo Presidente dell'Inps. L'istituto presenterà entro giugno una serie di progetti sulle pensioni e sull'assistenza sociale nel cui ambito troverà posto anche l'introduzione di un reddito minimo peri cittadini indigenti nella fascia di età tra i 55 ei 65 anni, misura che dovrà essere senza aggravi per il bilancio dello Stato.
Il numero uno dell'Inps non ha chiarito però ancora i criteri di erogazione del reddito di sostegno. Ma ha detto che l'importo dell'assegno «sarà basso» e non ci sarà quindi il rischio che chi lo riceve smetta di cercare il lavoro. Il problema è che sopra i 55 anni chi perde l'impiego ha molte difficoltà a trovarne un altro, ci riesce solo il 10%. E con l'età della pensione ancora lontana il rischio di cadere sotto la soglia di povertà è molto consistente. Negli anni della crisi è stata proprio l'area dei disoccupati "anziani" a soffrire di più, insieme ai giovani.
Da qui la decisione Inps di avanzare una proposta a governo e Parlamento finanziata con risorse da «reperire all'interno dell'istituto», ha spiegato Boeri. L'obiettivo sarebbe quello di sostenere tutti i 55-65enni sotto una certa soglia di reddito familiare, probabilmente sotto gli 8mila euro di reddito annuo (i cd. incapienti) con un sostegno minimo per traghettarli al traguardo pensionistico. Un sostegno tuttavia che, secondo quanto si apprende, non avrà copertura figurativa come avviene invece oggi per Cig e Naspi e dunque con un pregiudizio inevitabile sull'importo dell'assegno pensionistico. In definitiva secondo i dati Istat a fine 2014 i disoccupati over 55 erano oltre 230mila: garantire alle fasce piu' disagiate un assegno medio di circa 600 euro al mese costerebbe circa 1,5 miliardi l'anno.
Quanto alla proposta complessiva attesa per giugno, ha spiegato Boeri, «sarà organica e riguarderà sia aspetti assistenziali sia previdenziali». Boeri punta però anche a un meccanismo per rendere più flessibile l'età del pensionamento permettendo un accesso anticipato in cambio di un vitalizio più basso. Misura questa che andrebbe incontro anche ai disoccupati ultrasessantenni e che, se confermata, lancia un assist alle proposte in discussione alla Camera sostenute in particolare dalla minoranza dem che intendono introdurre un'età flessibile per il pensionamento a partire dai 62 anni. «C'è un problema con chi è avanti con l'età e perde il lavoro», conferma il ministro Poletti, dobbiamo trovare una soluzione» e quella del reddito minimo «è interessante». «L'Inps è un grande istituto, ha elementi di analisi e lavora col ministero. Questo tipo di proposte è sicuramente una delle cose che può fare».
seguifb
Zedde
Riforma Pensioni, Damiano: il tesoretto aiuti esodati ed incapienti
Se ci sono “tesoretti” utilizziamoli per aggredire la poverta’ crescente con interventi mirati. Sarei contrario a parlare genericamente di un reddito di cittadinanza che puo’ andare bene per le famiglie segnate da un disagio endemico, con i genitori disoccupati e con i figli a rischio di abbandono scolastico, alle quali bisogna garantire una vita dignitosa”. Lo dichiara in una nota il Presidente della Commissione Lavoro alla Camera Cesare Damiano. "Altra situazione – prosegue – e’ quella caratterizzata dai pensionati “incapienti”, quelli che arrivano al massimo ai 600 euro al mese e che sono quasi sei milioni di cittadini ai quali, ad esempio, andrebbe gradualmente esteso l’aumento degli 80 euro gia’ erogato ai lavoratori dipendenti”. “Infine – conclude Damiano – l’area della nuova poverta’ puo’ essere ridotta se consentiamo, introducendo un criterio di flessibilita’ nel sistema pensionistico, l’uscita dal lavoro a partire dai 62 anni con 35 di contributi ed una lieve penalizzazione dell’assegno pensionistico
seguifb
Zedde
Vittime del dovere e del terrorismo, Ncd: ora equiparazione dei benefici ai superstiti
"E' necessario superare la differenza di trattamento tra vittime del dovere, del terrorismo e del servizio cui attualmente è sottoposto il personale di una stessa Amministrazione".
Kamsin Ad oggi, nonostante il principio equiparatore enunciato dal legislatore nel 2005, continua a permanere una disparità di trattamento in materia di benefici attribuibili ai superstiti delle vittime del dovere, del terrorismo e di servizio, non più ora giustificabile dal punto di vista giuridico né, da sempre, sul piano etico. Lo ricordano in una nota i Capigruppo di Ncd alla Camera dei Deputati.
Tali discrasie risultano, ad esempio, evidenti tra i superstiti del personale appartenente alle Forze armate, deceduto nell'ambito della stessa missione militare all'estero, destinatario però di trattamenti significativamente differenziati in ragione del riconoscimento quale vittima del dovere ovvero vittima del terrorismo o, addirittura, quale vittima del servizio ai sensi degli articoli 1895 e 1896 del decreto legislativo n. 66 del 2010, in quanto la specificità delle funzioni istituzionali affidate alle Forze armate in tali contesti, caratterizzati da situazioni di crisi o instabilità che compromettono le condizioni essenziali di convivenza o mettono a rischio la sicurezza internazionale, sono assai differenziate e, mancando una norma che sancisca l'identico trattamento per gli eventi luttuosi accaduti nei teatri operativi, spesso devono essere ricondotte alle diverse, non confacenti fattispecie di cui alle varie norme in materia di vittime.
Peraltro, è recentemente intervenuta in materia di benefici alle vittime del terrorismo anche la legge di stabilità 2014, il cui articolo 1, comma 494, prevede dal 1° gennaio 2014 il riconoscimento al coniuge e ai figli dell'invalido portatore di una invalidità permanente non inferiore al 50% a causa dell'atto terroristico subito, anche se il matrimonio sia stato contratto successivamente all'atto terroristico e i figli siano nati successivamente allo stesso, del diritto allo speciale assegno vitalizio, non reversibile, di 1.033 euro mensili di cui alla legge n. 206 del 2004 nonché all'assegno vitalizio, non reversibile, di 500 euro di cui alla legge n. 407 del 1998.
Sarebbe pertanto utile una previsione normativa atta a risolvere l'attuale disparità di trattamento tra le varie categorie di vittime e che concluda il processo di completa equiparazione delle vittime del dovere e loro equiparati alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, garantendo a tutti gli stessi benefici, anche con particolare riguardo al personale deceduto o rimasto permanentemente invalido nel corso delle missioni militari all'estero.
seguifb
Zedde
Riforma pensioni, reddito minimo per gli ultra 55enni. Ecco la proposta dell'Inps
Il Neo-presidente dell'Inps conferma un'operazione per garantire un reddito minimo a chi ha perso il lavoro tra i 55 e i 65 anni. Asticella entro un massimo di 1,5 volte l'importo dell'assegno sociale.
Kamsin Un sostegno economico oscillante tra 450 e 700 euro al mese per 13 mensilità per gli ultra 55enni senza lavoro in condizione di disagio economico e a cui mancano pochi anni al raggiungimento dell'età pensionabile. E' questa la sintesi della proposta che sarà presentata a Giugno a cui sta lavorando il presidente dell'Inps, Tito Boeri per offrire una scialuppa di salvataggio a chi ha perso il lavoro e non ha ancora agganciato i requisiti per la pensione pubblica. "La proposta che farà l'Inps è tuttavia complementare al reddito minimo. Sarei felice se il governo riuscisse a trovare le risorse per finanziare un reddito minimo garantito per tutta la popolazione ma la nostra proposta per ora è mirata a risolvere il problema degli over 55enni rimasti senza lavoro" ha precisato Boeri.
Lo scenario a cui stanno lavorando i tecnici dell'Inps è un reddito minimo per le persone tra i 55 e 65 anni pari a circa 1-1,5 volte l'importo dell'assegno sociale (l'importo dell'assegno partirebbe da un minimo di 450 euro per poi salire in base ai carichi di famiglia e a determinate soglie Isee del nucleo familiare del lavoratore) ed avrebbe un costo di circa 1,5 mld di euro. Una sorta di proroga dell'Asdi, lo strumento coniato dal Jobs Act che entrerà in vigore il prossimo 1° maggio proprio con l'obiettivo di accompagnare chi ha redditi bassi alla pensione pubblica: lo strumento a cui lavora Boeri avrebbe però una durata piu' lunga, sino ad un massimo di due anni, contro i 6 mesi dell'Asdi reputati insufficienti a garantire un'adeguata copertura.
Boeri ha evidenziato che con la crisi «abbiamo avuto una forte crescita di povertà per questa fascia di età ed è quindi necessario introdurre degli strumenti per tutelare queste persone. "Non credo che dare loro un trasferimento, che sarà basso, le esponga al rischio di non mettersi in cerca di un lavoro: si tratta di persone che difficilmente trovano un nuovo impiego (solo il 10%)" ha detto Boeri.
Intanto, ha spiegato Boeri, sui pagamenti di tutte le pensioni il primo del mese «abbiamo trovato l'accordo con le banche». Adesso, ha aggiunto, «aspettiamo il decreto del governo che mi auguro venga varato il prima possibile». Lo ha detto il presidente dell'Inps, Tito Boeri, durante un convegno in Bocconi, sottolineando che «è a costo zero per le banche e per lo Stato, mentre c'è un grande vantaggio per i pensionati».
«Rivendico il diritto di poter fare delle proposte. Non è certamente un modo di violare le regole della democrazia, come qualcuno ha sostenuto», ha sottolineato ancora presidente dell'Inps, in merito al pacchetto di proposte che - assicura - l'istituto presenterà a «governo e parlamento entro giugno». Per Boeri, «un ente come l'Inps ha conoscenze e competenze che può mettere a servizio del paese. Inoltre abbiamo dati importanti che ci permettono di valutare meglio di altri le politiche fatte sin qui in Italia».
seguifb
Zedde
Altro...
Bonus Assunzioni, Poletti: la misura sarà rinnovata anche nel 2016
Il Contratto a tutele crescenti dovrà necessariamente costare meno rispetto agli altri contratti precari. Il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti apre all'estensione degli sgravi contributivi oltre il 2015
Kamsin "Il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti dovrà strutturalmente costare meno degli altri contratti e, quindi, naturalmente si proporrà, per gli anni successivi, un tema di intervento e, quindi, di copertura per garantire questo stato della situazione". Lo ha indicato il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti nel corso del question time che si svolto presso la Camera dei Deputati la scorsa settimana. Il Governo apre quindi all'ipotesi di un taglio strutturale e permanente del costo del lavoro, per le assunzioni a tempo indeterminato proprio per favorire il decollo delle tutele crescenti.
Si punta quindi ad estendere l'incentivo fiscale alle assunzioni stabili effettuate nell'arco del 2016, con un restyling che dovrà inevitabilmente tener conto delle risorse disponibili, essere sostenibile sul versante dei conti pubblici, e dovrà evitare di incorrere nei rilievi della Ue per gli aiuti di Stato. La tipologia di intervento sarà con tutta probabilità diversa rispetto alla maxi-decontribuzione garantita quest'anno (fino a 8mila euro annui di sgravi contributivi per tre anni per chi assume un lavoratore a tempo indeterminato entro il 2015).
L'ipotesi annunciata dal Ministro è subito piaciuta ai presidenti delle commissioni Lavoro di Camera e Senato, rispettivamente Cesare Damiano (Pd) e Maurizio Sacconi (Ap): «Se il governo farà questa scelta troverà il mio pieno sostegno - sostiene Damiano- , è importante confermare anche per il 2016 la decontribuzione e, possibilmente, renderla strutturale. Va evitato l'effetto controproducente che si avrebbe se il beneficio venisse limitato al solo 2015, con la fiammata di contratti a tempo indeterminato e il successivo ritorno al lavoro precario». Dal Senato, Maurizio Sacconi è «favorevole a tutte le misure che riducano la pressione fiscale sul lavoro".
Poletti ha poi indicato che non ci sono problemi di coperture per il 2015. "Rispetto alle previsioni fatte oggi e all'auspicabile e auspicato aumento del numero dei contratti che saranno convertiti, da contratti precari in contratti a tempo indeterminato, e di nuove sottoscrizioni di contratti, noi siamo in condizione di affermare che le coperture finanziarie necessarie sono tuttora presenti nel nostro bilancio" ha detto il Ministro. Le coperture previste nella legge di stabilità sono pari a 1,886 miliardi di euro per il 2015, 4,885 per il 2016, 5,030 per il 2017, 2,902 per il 2018 e 387 milioni per il 2019.
seguifb
Zedde
Isee 2015, anche le borse di studio vanno dichiarate nella DSU
Secondo l'Inps nella DSU bisogna dichiarare anche le borse di studio, rendite Inail, pensioni estere e i contributi di affitto erogati dai comuni.
Kamsin Isee 2015 ad ampio raggio. La precisa il messaggio Inps 2353/2015 nel quale l'istituto ha riportato, in concerto con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, alcune risposte ai principali quesiti relativi all'interpretazione delle norme e sulle modalità di compilazione dei nuovi moduli che erano stati sollevati dai Centri di Assistenza Fiscale.
Il nuovo Isee è in vigore dal 1° gennaio, per effetto del dpcm n. 159/2013 che ha introdotto le nuove modalità di calcolo dell'indicatore della situazione economica equivalente (Isee) per la concessione di agevolazioni fiscali e tariffarie nonché di benefici assistenziali. Le istruzioni sono contenute nella circolare n. 171/2014. In fase di prima applicazione delle nuove norme, spiega l'Inps nel messaggio n. 2353/2015, numerosi sono stati i quesiti sull'interpretazione delle norme e sulle modalità di compilazione dei nuovi moduli. Quesiti ai quali l'istituto ha risposto di concerto con il ministero del lavoro (Faq).
Mutuo intestato ad altri. In presenza di patrimonio immobiliare all'istituto è stato chiesto se la detrazione del mutuo residuo può essere fatta anche qualora l'intestatario (del mutuo) sia una persona diversa dal proprietario dell'immobile. L'Inps precisa che il debito residuo di capitale preso a mutuo, risultante al 31 dicembre, deve essere portato in detrazione in base alla percentuale di possesso dell'immobile e non con riferimento agli intestatari del mutuo. Quindi, per esempio, se due soggetti acquistano un immobile in comproprietà (50% ciascuno), ma soltanto uno dei due contrae il mutuo per l'acquisto, il relativo capitale residuo al 31 dicembre verrà portato in detrazione da entrambi i proprietari dell'immobile nel limite della loro quota di possesso (50% ciascuno).
Borse di studio, rendite Inail e pensioni. L'Inps indica che anche la pensione di guerra e la rendita Inail devono essere inserite (quadro FC4) perché non sono erogate dall'Inps e, dunque, l'istituto non ne è a conoscenza. Stesso discorso per le borse di studio, come per esempio quelle erogate dall'Ersu (Ente regionale per il diritto allo studio universitario), peraltro prive di certificazione; oppure per esempio quelle erogate dalla regione Sardegna, quando viene rilasciato un Cud a zero ed è presente nelle annotazioni il codice BQ «Redditi totalmente esentati da imposizione». In tutti questi casi, ha precisato l'Inps, gli importi vanno indicati (in FC4) poiché si tratta di redditi esenti da imposte. La stessa conclusione l'Inps fa per la pensione AVS Svizzera: deve essere indicata nella Dsu (quadro FC4). Nel modulo, precisa l'Inps, non è presente la voce «pensioni estere» quindi anche la pensione AVS è soggetta a ritenuta a titolo d'imposta in attesa di modifiche della modulistica, vanno indicate nel campo «redditi di lavoro dipendente tassi esclusivamente all'estero».
Contributo affitto. Nella Dsu va indicato anche il contributo affitto erogato dal Comune, in quanto non costituisce un rimborso spese e non è assimilabile ad una riduzione alla compartecipazione al costo di servizi.
Patrimoni all'estero. E' stato chiesto di sapere come inserire i rapporti finanziari gestiti da intermediari esteri, dal momento la procedura Inps di controllo scarta le Dsu con codice fiscale intermediario estero in quanto «non conforme». L'Inps indica che, in questi casi, può essere inserito il carattere «E» come primo carattere del campo operatore finanziario, seguito da un massimo di 15 caratteri alfanumerici (in caso di indisponibilità del codice fiscale, per operatori per esempio extra Unione Europea, può essere inserito il valore END, dove ND sta per non disponibile). Quanto alla determinazione del dato reddituale per gli immobili detenuti all'estero da soggetti residenti (per esempio redditi fondiari) da indicare nella Dus (quadro FC4) l'Inps ritiene che se lo Stato Estero assoggetta a tassazione gli immobili in Italia deve essere dichiarato l'ammontare netto tassato all'estero; se lo Stato estero non li assoggetta a tassazione, sono esclusi da imposizione anche in Italia.
seguifb
Zedde
Riforma Pensioni, Damiano: il tesoretto vada alla settima salvaguardia e agli incapienti
Se il tesoretto di 1,6mld esiste lo si utilizzi per rimpinguare le pensioni minime e gli incapienti. Il partito democratico presenta alla Camera la proposta per la settima salvaguardia.
Kamsin Bene il bonus degli 80 euro per il ceto medio ma ora si utiilizzi il tesoretto indicato nel Def per incrementare le pensioni minime e i redditi degli incapienti; si approvi una settima salvaguardia unita ad una generale revisione dell'età di accesso alla pensione. Sono queste le parole d'ordine dell'ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano, in una intervista raccolta oggi dal quotidano Il Garantista.
"Il bonus sugli 80 euro ha offerto una cifra superiore quella degli aumenti erogati attraverso i contratti di categoria. E ha garantito un forte beneficio a quello che io chiamo il "ceto medio" del lavoro. Vale a dire coloro che guadagnano fino a 1.500 euro netti mensili e che si sono ritrovati maggiormente in difficoltà negli anni della crisi. Ma adesso dobbiamo pensare a chi è rimasto escluso da una manovra, che, ripeto, è stata azzeccatissima" ha detto Damiano.
Siccome non mi sembra una priorità intervenire verso chi ha redditi più alti, inizierei dai cosiddetti "incapienti". Ma non dimenticherei neppure i pensionati che non sono rientrati nell'erogazione del bonus degli 80 euro, e chi ha perso il lavoro dopo i cinquant'anni e rischia, non trovandone un altro, di diventare un "esodato".
Ci sono situazione endemiche di disagi e di marginalità sociale: famiglie sotto sfratto, nelle quali i genitori non hanno un reddito fisso e con i figli disoccupati e fuori dal circuito dello studio. In condizioni diverse, ma certo non agevoli, ci sono i pensionati incipienti con assegni che non superano i 600 euro mensili netti. Eppoi stanno entrando nell'esercito della povertà gli esodati: persone che facevano parte delle classi più garantite ma che, dopo essersi ritrovati senza lavoro, stanno consumando la liquidazione e i risparmi, non hanno sussidi di disoccupazione e, con l'entrata in vigore della Forrnero e l'aumento dell'età di ritiro, aspettano anche cinque o sei anni prima di andare in pensione.
Se vogliamo aggredire questi problemi - continua Damiano - dobbiamo studiare delle misure ad hoc per ciascuno. Per esempio i casi di povertà endemica necessitano di un intervento sociale a carico della fiscalità generale e sul versante dell'assistenza, sempre più difficile visti i tagli ai trasferimenti destinati ai Comuni. Per loro e per i pensionati, potremmo impegnare il tesoretto da 1,6 miliardi di euro. Potremmo distribuirlo ai cosiddetti pensionati da lavoro dipendente e autonomo, con assegni fino a 600 euro mensili. Siccome parliamo di 5,8 milioni di persone, facendo un rapido calcolo si tratterebbe da 275 euro all'anno pro capite, 21 euro al mese. Una cifra che sommata alla 14ma mensilità già esistente per le pensioni basse, la porterebbe dagli attuali 450 ai 725 euro che verrebbero erogati una tantum a luglio di ogni anno.
Sul capitolo esodati si fa strada la settima salvaguardia. Come Partito democratico abbiamo già in discussione una proposta di legge presso la commissione Lavoro della Camera, con la quale includere nelle cosiddette salvaguardie (attualmente ne fanno parte 170 mila lavoratori) un'altra parte di coloro che sono rimasti fuori dai precedenti interventi. L'operazione avrebbe uno costo da 1,2 miliardi di euro, che si aggiungerebbero agli altri 11,6 già stanziati. Accanto a questo intervento c'è il capitolo flessibilità in uscita. Da tempo ho presentato una proposta che introduce, al posto degli attuali 66 armi e due mesi, come età di ritiro i 62 anni per chi ha almeno 35 anni di contributi. Chi ne usufruisce, si vede applicare una penalizzazione massima dell'8 per cento.
seguifb
Zedde
Pensioni, l'Inps non gli riconosce l'invalidita' e lui si toglie la vita
Il tragico gesto è stato compiuto da un uomo di cinquantanni menomato da un incidente a cui era stata negata la prestazione di invalidità.
Kamsin Non sopportava più di dover sopravvivere con la pensione dell'anziana madre e con l'aiuto che gli davano i familiari. Questa con ogni probabilità è stata la causa che ha fatto scattare la decisione di Alessandro Baldan, 53 anni, di togliersi la vita. Il dramma si è consumato l'altro ieri a Mogliano nell'alloggio al secondo piano della palazzina in via don Minzoni 11, a poche centinaia di metri da piazza Pio X.
«Non mi riconoscono la pensione di invalidità».Queste le poche parole che Baldan, un ex operaio, ha lasciato scritto su un biglietto prima di mettere in atto il gesto estremo. L'uomo ha scelto di porre fine alla sua esistenza tagliandosi le vene dei polsi e ingerendo un mix di medicinali: barbiturici, antidolorifici e tranquillanti. È toccato alla madre scoprire verso le 14 il corpo del figlio, ormai senza vita, nella sua stanza dal letto dove si era chiuso vinto dalla depressione che ultimamente gli aveva tolto la voglia di continuare a combattere per avere la pensione di invalidità all'Inps. Quando sono giunti i sanitari e una pattuglia dei carabinieri per Baldan non c'era più nulla da fare. Il corpo è stato ricomposto e trasportato nella cella mortuaria del cimitero monumentale della città.
Il 53enne, nativo di Venezia e residente a Mogliano da una decina d'anni, quattro anni fa aveva avuto un grave incidente stradale rimanendo semiparalizzato agli arti inferiori. Per circa due anni è stato costretto a sorreggerisi in piedi con le stampelle. Si era ripreso dopo una serie di cure riabilitative, tanto da riprendere a guidare la macchina. Ma il brutto incidente gli ha impedito di continuare a lavorare. Adesso è atteso dall'autorità giudiziaria il nulla osta per le esegue, previste nei primi giorni della settimana entrante.
Seguifb
Zedde
Fonte: il Gazzettino
Pensioni 2015, chi è nei minimi ha uno sconto sui contributi
I lavoratori autonomi che aderiscono al nuovo regime fiscale agevolato, introdotto dalla legge di stabilità 2015, possono scegliere anche una facilitazione di carattere previdenziale.
Kamsin I lavoratori autonomi iscritti nella gestione artigiani e commercianti che hanno optato per il nuovo regime dei minimi possono versare i contributi pensionistici solo in percentuale sul reddito forfettario e non piu', come accade di regola, sul minimale. Lo prevede un passaggio della legge di stabilità 2015 (legge 190/2014) e della Circolare Inps 29/2015. La novità è significativa soprattutto in un periodo di crisi perchè consentirà ai lavoratori autonomi che scelgono questo regime di non versare piu' la "quota fissa" di circa 3.500 euro annui ai fini previdenziali ma un contributo ridotto, anche al di sotto del cd. minimale.
I Destinatari. L'agevolazione spetta, su domanda, ai soggetti interessati al nuovo regime fiscale agevolato introdotto dall'articolo 1, comma 54 della legge 190/2014 (cioè il cd. nuovo regime dei minimi 2015) cioè in coloro che si trovino ad essere persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni che nell’anno precedente da un lato abbiano conseguito e sostenuto un determinato ammontare di ricavi e costi e, dall’altro, non si siano trovate in determinate condizioni specificamente elencate. Questi soggetti, ove abbiano aderito al regime fiscale agevolato, possono scegliere anche di beneficiare delle agevolazioni di carattere previdenziale.
I soggetti interessati dal regime previdenziale agevolato sono pertanto coloro che, privi di partecipazioni nell’ambito di società di persone o associazioni di cui all’art. 5 del TUIR ovvero di s.r.l. di cui all’art. 116 del TUIR, rivestano unicamente la carica di titolari di una o più ditte individuali, anche organizzate in forma di impresa familiare, esercenti un’attività recante un codice Ateco compreso nell’elenco disponibile nel seguente allegato.
Il vantaggio. Il regime agevolato, è opzionale e quindi è accessibile esclusivamente a domanda, e prevede che la contribuzione dovuta alle gestioni artigiani e commercianti avvenga in percentuale rispetto al reddito forfetario, come definito dall’Agenzia delle Entrate, senza applicazione del livello minimo imponibile previsto dall’art. 1, comma 3 della legge 2 agosto 1990, n. 233. Pertanto il contribuente non è obbligato a versare la c.d. quota fissa ed i versamenti saranno effettuati in acconto e a saldo, alle scadenze previste per le somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi.
Inoltre, alle scadenze previste per il pagamento degli acconti, i soggetti obbligati provvederanno anche al versamento della contribuzione di maternità, che è pari ad € 7,44 annui e che verrà corrisposta in due rate uguali pari ad € 3,72.
Ai fini dell'accredito della contribuzione versata, si applica l'articolo 2 comma 29 della legge 335/1995. Ciò significa che il pagamento di un importo pari al contributo calcolato sul minimale di reddito, attribuisce il diritto all'accreditamento di tutti i contributi mensili relativi a ciascun anno solare cui si riferisce il versamento. Al contrario, nel caso di versamento di un contributo inferiore a quello corrispondente a detto minimale, i mesi accreditati saranno proporzionalmente ridotti.
In altri termini chi opta per l'agevolazione pagherà meno contributi ma rischia di dover fare i conti con una pensione ancor più magra e lontana nel futuro. Infatti il pagamento di contributi inferiori rispetto a quelli calcolati sul reddito minimale determinerà inevitabilmente una contrazione dei mesi accreditati con un prolungamento degli anni necessari a raggiungere il diritto per poter accedere alla pensione.
Ad esempio se un artigiano è chiamato attualmente a versare una contribuzione minima di circa 3.530 annui (3.521,62 finalizzati alla pensione e 7,44 per maternità). Se un artigiano "nei minimi" decidesse di optare al regime agevolato pagando, in base al reddito denunciato all'agenzia delle Entrate, una contribuzione pari a 1.768,25 euro si vedrebbe accreditare solo sei mesi a fini pensionistici a fronte di un'attività lavorativa durata un anno. È evidente quindi che la minor contribuzione pagata oggi si ripercuoterà negativamente sulle prestazioni future.
I limiti. I soggetti titolari di trattamento pensionistico presso le gestioni Inps e con più di 65 anni non potranno fruire contestualmente delle riduzione contributiva del 50% prevista dalla normativa vigente. Pertanto l'agevolazione in parola è alternativa con la riduzione percentuale. Inoltre è esclusa, per i collaboratori familiari di età inferiore a 21 anni che prestano attività nell'ambito di imprese che aderiscono al regime agevolato, l'applicazione delle riduzione contributiva di tre punti percentuali. Attualmente tali lavoratori versano il 19,65% in luogo dell'aliquota ordinaria del 22,65 per cento.
Le modalità. L'accesso al regime previdenziale agevolato è del tutto facoltativo e avviene sulla base di apposita dichiarazione che il contribuente ha l'onere di presentare all'Inps. A questo riguardo l'Inps distingue tra soggetti già esercenti attività d'impresa alla data del 1° gennaio 2015 e soggetti che la intraprendono da data successiva. I primi hanno l'onere di compilare il modello telematico (predisposto all'interno del cassetto per artigiani e commercianti) entro il 28 febbraio dell'anno per il quale intendono usufruire del regime agevolato. Ove non sia rispettato tale termine, l'accesso al regime agevolato slitta all'anno successivo, sempreché il richiedente permanga in possesso dei requisiti di legge, previa presentazione della domanda (sempre entro il 28 febbraio dell'anno di decorrenza).
I soggetti che intraprendono, invece, una nuova attività d'impresa dal 1° gennaio 2015 e presumono di essere in possesso dei requisiti richiesti, devono presentare apposita dichiarazione di adesione al regime agevolato (sempre attraverso la procedura telematizzata del cassetto previdenziale) con la massima tempestività rispetto alla data di ricezione della delibera di avvenuta iscrizione alla gestione previdenziale.
seguifb
Zedde
A cura di Paolo Ferri - Patronato Acli