La norma approvata dispone una ulteriore estensione della «flessibilità del congedo di maternità, già prevista dall'articolo 20 del TU (151/2001) che già oggi consente alle lavoratrici in gravidanza di far partire l'astensione dal lavoro dal mese antecedente la data presunta del parto (rispetto ai due mesi di regola spettanti), restando così al lavoro fino all’ottavo mese di gravidanza. La nuova facoltà di lavorare anche durante il nono mese di gravidanza sarà riconosciuta, come oggi, a condizione che il medico competente attesti che l’opzione non porti pregiudizio alla salute della donna e del bambino. Il congedo, in tal caso, dovrà essere utilizzato entro i cinque mesi successivi al parto (fermo restando la durata pari sempre a cinque mesi).
Le altre misure
A sostegno della natalità la legge di bilancio prevede anche la proroga del congedo obbligatorio di paternità che nel 2019 passerà a cinque giorni dagli attuali quattro (con la possibilità per il padre di aggiungere un ulteriore giorno previo accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest'ultima) e l'incremento del buono nido a 1.500 euro l'anno sino al 2021 dagli attuali 1000 euro, sempre corrisposti per undici mensilità. Tra i tanti commi della manovra c'è anche un passaggio volto a promuovere il ricorso al lavoro agile (cioè la possibilità di eseguire la prestazione lavorativa senza vincoli di orario o di luogo di lavoro) per le madri e i lavoratori che hanno figli in condizione di disabilità. Nello specifico i datori di lavoro pubblici e privati che stipulano accordi per l'esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile sono tenuti in ogni caso a riconoscere priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile formulate dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità previsto dall'articolo 16 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, ovvero dai lavoratori con figli in condizioni di disabilità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.