L'intervento del 2015, come si ricorderà, fu motivato dall'esigenza di recepire gli effetti della sentenza della Corte di giustizia del 26 novembre 2014 (cosiddetta Sentenza Mascolo); in tale occasione la giurisprudenza comunitaria aveva dichiarato incompatibile con le norme comunitarie l’assenza di qualsiasi limite massimo di durata dei rapporti a termine nella scuola condannando lo stato italiano a risarcire il danno al personale nei confronti del quale l'amministrazione scolastica aveva perpetrato abusi.
Con il comma 131 della legge 107/2015 è stato, quindi, recepito il limite dei 36 mesi, senza accompagnarlo però con misure sufficienti a garantire l’assunzione di quelle migliaia di lavoratori, docenti, educatori e ATA, che al momento dell’approvazione della legge avevano già accumulato anni e anni di precariato alle spalle e che non sono rientrati nel piano straordinario di assunzioni previsto dalla buona scuola. Per questi soggetti lo scatto del vincolo dei 36 mesi avrebbe determinato, di fatto, l'impossibilità di continuare a prestare servizio nella scuola.
L'abolizione del comma 131 ha, quindi, due risvolti pratici: da un lato, accogliendo le richieste delle parti sociali, consente la prosecuzione dei contratti a tempo determinato anche oltre 36 mesi nei confronti di quelle migliaia di docenti nelle graduatorie di istituto e del personale ATA precario evitando, così, di perdere la professionalità acquisita; dall'altro riapre la partita giurisdizionale sull'illegittimità della reiterazione dei contratti precari di durata eccedente i 36 mesi. Sullo sfondo resta la questione di organizzare un piano straordinario di assunzioni che risolva una volta per tutte l'avvicendamento annuale dei posti precari, richiesta che da anni proviene dalle parti sociali.