La Corte aveva già affrontato la questione con la sentenza n. 385/2005 con la quale aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 70 e 72 del dlgs n. 151/2001 nella parte in cui non prevedono che spetti al padre, in alternativa dalla madre, il diritto all'indennità di maternità. Nonostante la sentenza, Cassa forense ha negato l'indennità al ricorrente sostenendo che il legislatore non è intervenuto in materia dopo la sentenza della Corte n. 385/2005 la quale, non essendo auto-applicativa, non può essere utilizzata per risolvere la questione. Secondo la Cassa Forense, in sostanza, la Sentenza del 2005 richiedeva l’interposizione del legislatore in quanto all'interno del dispositivo era indicato che restasse "riservato al legislatore il compito di approntare un meccanismo attuativo che consenta anche al lavoratore padre un’adeguata tutela". Pertanto il Tribunale ordinario di Pordenone, investito della materia, aveva chiesto un nuovo intervento da parte della Corte Costituzionale calibrato sul caso concreto del contendere.
Per la Corte, tuttavia, le cose stanno diversamente. In conseguenza della dichiarazione d'illegittimità dei predetti artt. 70 e 72 riguardanti i professionisti iscritti a casse, spiega, la regola che preclude al padre adottivo il godimento dell’indennità di maternità, in posizione di parità con la madre, ha cessato di avere efficacia e non può più ricevere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. Peraltro, aggiunge la Corte, «le sentenze d'illegittimità costituzionale corredate dall'addizione di un principio, enunciato in maniera puntuale e quindi suscettibile di diretta applicazione, impongono di ricercare all'interno del sistema la soluzione più corretta, anche se la sentenza ne ha rimesso l'attuazione al legislatore». In conclusione, è dovere del giudice fondare la sua decisione sul principio enunciato, anche prima dell'intervento del legislatore. La Corte quindi ha dichiarato la questione inammissibile in quanto già decisa ordinando al Tribunale di orientare in tal senso il merito della controversia.