La questione
Il caso riguardava un lavoratore titolare della disoccupazione ordinaria (la DSO, precedente sia alla Naspi che all'Aspi) che, durante l'erogazione della stessa si era rioccupato con un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato per 10 settimane percependo dallo stesso una retribuzione inferiore alla soglia di imponibilità fiscale. La normativa dell'epoca - cristallizzata nel Dlgs 181/2000 - prevedeva, tra l'altro, che lo stato di disoccupazione fosse mantenuto in caso di percezione di un reddito non superiore alla soglia di imponibilità fiscale (8.145 euro per il lavoro dipendente) e che venisse sospeso in caso di accettazione di un'offerta di lavoro a tempo determinato o di lavoro temporaneo di durata inferiore a otto mesi, ovvero di quattro mesi se si tratta di giovani. L'Inps nel caso di specie, in violazione della legge, aveva considerato sospeso lo stato di disoccupazione e proceduto alla revoca della prestazione di disoccupazione.
La decisione
La Cassazione ha riaffermato il diritto dell'interessato a ricevere la DSO non rilevando l'intervenuta rioccupazione nè sullo stato di disoccupazione nè sulla corresponsione della prestazione. Secondo la Corte, infatti, il legislatore ha fissato in modo chiaro la soglia di reddito annuale che determina la conservazione dello stato di disoccupazione. Essa è costituita dal reddito minimo personale escluso da imposizione, e consente sempre il mantenimento della condizione di disoccupazione, a prescindere dalla tipologia contrattuale dalla quale tale reddito annuale sia conseguito, a tempo determinato o indeterminato.
Solo in caso di superamento di detta soglia - precisano i giudici - può ritenersi venuta meno la necessità di sostegno pubblico del reddito in favore del lavoratore (e dei suoi famigliari). Il superamento della soglia di reddito annuale non dà luogo a perdita dello stato di disoccupazione, ma solo a sospensione dello stesso, qualora il rapporto sia a tempo determinato della durata fino a otto mesi o a quattro mesi per i giovani (sempre nella disciplina previgente alla Riforma del 2015). Ciò significa che in tal caso la situazione di disoccupazione potrà essere nuovamente fatta valere dopo la scadenza del termine contrattuale. Diversamente, se il rapporto di lavoro a tempo determinato non abbia determinato il superamento della soglia annuale di reddito per l'imposizione fiscale, la condizione di disoccupazione secondo la previsione di carattere generale viene conservata.
La situazione attuale
La decisione della Corte può essere attualizzata alla disciplina vigente la quale, dopo le modifiche apportate dal DL 4/2019 al Dlgs 150/2015, prevede la conservazione dello stato di disoccupazione in presenza di redditi non superiori a 8.145 euro (per il lavoro dipendente) e la sospensione dello stesso in caso di redditi superiori a tale cifra derivanti da un contratto di lavoro subordinato (a tempo determinato o indeterminato) non superiore a sei mesi. La rioccupazione di un lavoratore con contratto di lavoro subordinato per meno di sei mesi da cui derivi peraltro un reddito inferiore alla soglia di imponibilità fiscale, pertanto, non può determinare nè la perdita o la sospensione dello stato di disoccupazione nè la revoca della Naspi (la quale, al più, sarà sottoposta alla decurtazione ai sensi del Dlgs 22/2015).