Il periodo di preavviso non lavorato - per il quale sia corrisposta l'indennità sostitutiva del preavviso, assoggettata a contribuzione previdenziale - va computato ai fini del raggiungimento dei requisiti per la concessione delle prestazioni di disoccupazione indennizzata. E' il principio espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 17606 depositata in cancelleria il 21 giugno 2021.
La questione
Riguarda i requisiti contributivi per la concessione della disoccupazione indennizzata, cioè la vecchia DSO (che dal 1° maggio 2015 è stata sostituita dalla Naspi, la nuova assicurazione sociale per l'impiego) a favore dei lavoratori dipendenti (a tempo indeterminato o determinato) che abbiano perduto involontariamente la proprio occupazione. La legge prescrive(va) la presenza di almeno un biennio di contributi (ora 13 settimane nel quadriennio antecedente la disoccupazione involontaria).
Ai fini del computo di tale periodo la Corte d'Appello dell'Aquila aveva respinto la domanda di un lavoratore dipendente considerando non validi i contributi versati a titolo di indennità sostitutiva del preavviso (cioè il periodo non lavorato per il quale, tuttavia, il datore è tenuto al versamento dei relativi contributi previdenziali). Secondo la corte territoriale, infatti, il rapporto di lavoro si sarebbe estinto immediatamente e, pertanto, il computo dei contributi utili alla disoccupazione avrebbe dovuto decorrere all'indietro da tale data e non dalla fine del preavviso in quanto successivo alla cessazione del rapporto di lavoro
La decisione
Secondo la Cassazione il ragionamento non è meritevole di accoglimento per due ordini di motivazioni.
In primo luogo non tiene conto di quanto previsto dall'articolo 73, co.2, r.d.l. n. 1827/1935, convertito in legge n. 1155/1936, che dispone lo slittamento della decorrenza dell'indennità di disoccupazione in presenza dell'indennità di mancato preavviso. La disposizione da ultimo citata recita infatti che "qualora all'assicurato sia pagata una indennità per mancato preavviso, l'indennità per disoccupazione è corrisposta dall'ottavo giorno successivo a quello della scadenza del periodo corrispondente per mancato preavviso ragguagliata a giornate".
In secondo luogo è pacifico che l'indennità di preavviso è reddito imponibile ai fini previdenziali, concorre cioè a formare la base imponibile e pensionabile, sicché il datore di lavoro è tenuto a corrispondere i relativi contributi all'INPS. Se dunque, spiega la Corte, «l'indennità sostitutiva del preavviso è normativamente sottoposta a contribuzione, la quale concorre a formare la base pensionabile, logica (sinallagmatica) vuole che il tempo coperto dal preavviso sia considerato utile anche ai fini del raggiungimento del periodo minimo di lavoro necessario per beneficiare del trattamento di disoccupazione».
In altri termini siccome le prestazioni di disoccupazione hanno natura previdenziale, sono cioè vincolate al versamento di una determinata contribuzione a favore del lavoratore, l'esclusione della rilevanza dei contributi pagati sull'indennità sostitutiva del preavviso contrasterebbe, con il generale principio della rilevanza dei contributi versati, che in tal caso si rileverebbero sterili.
Di conseguenza, conclude la Corte, anche i contributi versati sull'indennità di sostitutiva del preavviso vanno computati al fini dell'accertamento del diritto e della misura delle prestazioni di disoccupazione indennizzata.