La questione
L'interessato aveva conseguito l'autorizzazione ai versamenti volontari prima del 20 luglio 2007 pertanto rientrava sia nella deroga dall'innalzamento dei requisiti anagrafici e contributivi scattati dal 1° gennaio 2008 ai sensi dell'articolo 1, co. 8 della legge 243/2004 come modificata dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247 sia nella deroga dall'innalzamento dei requisiti anagrafici e contributivi scattati dal 1° gennaio 2012 di cui alla Legge Fornero (Art. 24 DL 201/2011 convertito con legge 214/2011). In virtu' di tali deroghe l'interessato chiedeva il riconoscimento della pensione di anzianità con i requisiti anagrafici e contributivi precedenti alla riforma del 2008, e cioè con 35 anni e 57 anni di età, a far data dal 1° marzo 2012, in regime di ultrattività della disciplina previdenziale di cui alla legge 335/1995.
L'ente di previdenza aveva, tuttavia, negato il beneficio sulla considerazione che l'autorizzazione ai versamenti volontari, nel caso di specie, era stata concessa in costanza di rapporto di lavoro dipendente nei casi regolati dall'articolo 5 del Dlgs 564/1996 (cioè ad integrazione dell'obbligo contributivo di un rapporto di lavoro sospeso o interrotto per cause specifiche previste dalla legge o dal contratto stesso). Tale autorizzazione, secondo l'Ente, sarebbe stata del tutto diversa rispetto a quella concessa ai sensi dell'articolo 1 della legge 47/1983 in assenza di un rapporto di lavoro dipendente finalizzata a tutelare una situazione peculiare di debolezza dell'assicurato allo scopo di consentirgli di conservare i diritti derivanti dall'assicurazione generale obbligatoria o di raggiungere i requisiti necessari per accedere alla pensione. In sostanza l'INPS sosteneva che l'autorizzazione alla prosecuzione volontaria della contribuzione in costanza di rapporto di lavoro non avrebbe potuto rivestire la medesima efficacia derogatoria dall'applicazione delle riforme pensionistiche del 2008 e del 2012.
La decisione
Secondo la Cassazione la tesi dell'Inps non è tuttavia condivisibile. Nella sentenza i giudici spiegano che la posizione dell'ente previdenziale non rispetta il dettato di cui all'articolo 5 del predetto Dlgs 564/1996 che fa riferimento anche ad ipotesi di interruzione del rapporto di lavoro per la concessione dell'autorizzazione alla prosecuzione volontaria e richiama la stessa legge 47/1983 per gli effetti da riconnettersi alla autorizzazione. Nè il Supremo Collegio riconosce alcuna diversità ontologica tra le due tipologie di autorizzazione ai volontari. Secondo i giudici appare del "tutto irragionevole la diversa lettura fornita dall'istituto per il quale va differenziata la posizione di chi sia stato regolarmente autorizzato, da parte dell'ente previdenziale, ad integrare la contribuzione su base volontaria, non versata dal datore nel suddetto periodo di sospensione lavorativa, e chi sia autorizzato a proseguire la contribuzione volontaria, perché non più dipendente e, quindi, in assenza di un datore di lavoro che possa versare tale contribuzione". Sulla base di tali motivazioni la Corte ha respinto la tesi dell'Inps e condiviso la posizione del lavoratore dipendente riconoscendogli il diritto ad accedere alla pensione di anzianità con 57 anni e 35 di contributi.