Lavoro

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L'ammortizzatore che garantisce un sostegno economico in favore dei lavoratori che non possono contare su altre forme di integrazione salariale andrà in soffitta a partire dal 2017.

Kamsin Caccia a circa 400 milioni per finanziare la Cassa integrazione in deroga per il 2015. L'allarme arriva dalle Regioni che denunciano come non ci siano risorse sufficienti per erogare l'ammortizzatore sociale, introdotto a sostegno degli artigiani, delle piccole imprese, degli apprendisti e dei lavoratori che non possono contare sugli altri tipi di Cig. Quest'anno, nonostante lo strumento possa durare solo per cinque mesi per effetto del decreto ministeriale dello scorso agosto, i lavoratori rischiano di subire un ulteriore ritardo nell'erogazione dei denari.

Il governo non ha infatti chiarito quanti soldi sono disponibili e quando potranno essere trasferiti alle Regioni. Per ora il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha sbloccato i fondi che serviranno a pagare gli assegni del 2014, per i quali si era previsto di spendere 1,7 miliardi: una cambiale pagata in ritardo, attingendo all'apposito Fondo ministeriale verso il quale la legge di stabilità ha dirottato altri 2,2 miliardi per coprire il biennio 2015-2016.

Ma non c'è solo l'incognita dei soldi che serviranno a pagare 5 mesi di Cig in deroga nel corso del 2015 (i mesi erano 11 nel 2014). Il problema più grave riguarda il futuro stesso di questo strumento, ampiamente usato dalle piccole aziende in difficoltà, che è destinato ad andare in soffitta da gennaio 2017. E' una fine annunciata, che però fa temere un salto nel vuoto.

Il destino della cassa in deroga è legato infatti al riordino più generale della Cig, che richiederà un apposito decreto delegato in linea con il jobs act che il Governo dovrebbe adottare entro giorno. La Cig in deroga, in pensione a fine 2016, dovrebbe essere sostituita dai fondi bilaterali di solidarietà: un cambio di passo complicato perché ora la Cig in deroga la pagano i contribuenti mentre, fra meno di due anni, il nuovo ammortizzatore sarà a carico di aziende e lavoratori, come le altre forme di Cig e non graverà piu' sulla fiscalità generale. 

A complicare ulteriormente le cose c'è poi la decisione del Consiglio di Stato di ammettere all'ammortizzatore anche i dipedenti degli studi professionali dopo che erano stati tagliati fuori dal decreto dell'agosto 2014. La novità richiederà lo stanziamento di ulteriori risorse.

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Zedde

L'Inps precisa che le domande di ammissione al bonus non possono essere ancora accolte stante la mancata pubblicazione in Gazzetta del decreto attuativo.

Kamsin "In attesa della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto di attuazione del bonus bebè (art. 1, co. da 125 a 129, L. n. 190/2014, cd. Legge di stabilità 2015), non è ancora disponibile la procedura di acquisizione della domanda relativa al suddetto bonus né il modello ufficiale della domanda stessa. Pertanto, le sedi Inps non dovranno accettare istanze presentate con modelli non pubblicati dall’Istituto di previdenza". Lo comunica l'istituto di previdenza pubblica con il messaggio inps 2390 lo scorso 3 aprile 2015. 

Il decreto, com'è noto, prevede l’erogazione di un assegno mensile per le famiglie che festeggeranno l’arrivo di un nuovo componente, vale a dire di un neonato o di un bambino adottato. Gli aventi diritto avranno 90 giorni di tempo dalla nascita del figlio per presentare la relativa domanda all’Inps, domanda che sarà valida per tutto il triennio in cui il bonus è attivo. L’assegno spetta per le nascite e le adozioni avvenute fra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017 a condizione che l'Isee del nucleo familiare cui appartiene il genitore richiedente, risulti non superiore a 25mila euro. La domanda può essere presentata sia da cittadini italiani, sia da cittadini di uno Stato membro dell'Unione Europea nonchè da extracomunitari muniti di regolare permesso "di lungo soggiorno".

L'importo dell'assegno sarà di 960 euro l'anno (80 euro al mese) se l’Isee del nucleo familiare compreso tra 7mila e 25mila euro l'anno mentre raddoppia in caso l'Isee risulti inferiore a 7mila euro; in tal caso l’assegno corrisposto sarà pari a 1.920 euro annuali (ossia a 160 euro al mese) per ogni figlio nato o adottato. L’assegno verrà corrisposto dal mese di nascita o adozione del bambino e avrà valore per tre anni, e non concorrerà inoltre alla formazione del reddito complessivo dei genitori.

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Zedde

Giulia De Franchis, Patronato Inas

Il Nuovo assegno di disoccupazione per i lavoratori parasubordinati sostituirà l' indennità una tantum prevista dall'attuale normativa. Una circolare Inps per attuare il nuovo strumento.

Kamsin Servirà una circolare dell'Inps per far decollare la dis-coll, la nuova indennità di disoccupazione coniata dall'articolo 15 del decreto legislativo che riforma degli ammortizzatori sociali (Dlgs 22/2015) riconosciuta ai lavoratori parasubordinati. Se infatti la Naspi, la tutela per i lavoratori dipendenti partirà dal 1° maggio, l'indennità per i parasubordinati è già formalmente in vigore anche se il ritardo nella pubblicazione delle istruzioni Inps per presentare la domanda rende di fatto "inattiva" la nuova tutela.

L'indennità è riconosciuta ai collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, con esclusione degli amministratori e dei sindaci, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata dell'INPS, che non siano pensionati e che non siano titolari di partita IVA, in relazione ai nuovi eventi di disoccupazione involontaria verificatisi a decorrere dal gennaio 2015 e fino al 31 dicembre 2015. La nuova indennità, che attualmente è prevista in forma sperimentale solo per l'anno 2015 (anche se le intenzioni sarebbero di estenderla anche oltre) sostituirà l'indennità una tantum per i parasubordinati prevista dalla attuale disciplina.

Per avere diritto alla Dis-Coll è necessario possedere, congiuntamente, i seguenti requisiti: a) stato di disoccupazione al momento della domanda di prestazione; b) almeno tre mesi di contribuzione nel periodo intercorrente tra il 1° gennaio dell'anno solare precedente la cessazione dell'attività lavorativa e la cessazione dell'attività stessa; c) almeno un mese di contribuzione, oppure un rapporto di collaborazione di durata almeno pari a 1 mese dal quale sia derivato un reddito almeno pari alla metà dell'importo che dà diritto all'accredito di 1 mese di contribuzione, nell'anno solare in cui si verifica la cessazione dall'attività lavorativa.

Sulla misura dell'assegno che va in tasca ai disoccupati, si applicano le stesse regole stabilite per i lavoratori dipendenti con la Naspi. La misura è pari al 75% dei compensi fino a 1.195 euro al mese e poi scende al 25% sulle quote dei compensi superiori a tale importo. In ogni caso l'assegno massimo è di 1.300 euro lordi al mese. La norma però prevede una riduzione: a partire dal primo giorno del quarto mese l'assegno in pagamento viene ridotto del 3% per ogni mese.

L'assegno sarà pagato per un numero di mesi pari alla metà di quelli che nel 2014 sono stati coperti integralmente con i contributi Inps. Ad esempio, se sono stati versati contributi per otto mesi l'indennità Inps sarà corrisposta per quattro mesi. Il tetto massimo è pari a sei mesi.

A differenza di quanto previsto con la Naspi per i periodi di fruizione della Dis-Coll non sono riconosciuti i contributi figurativi e per avere diritto all'indennità i lavoratori dovranno presentare istanza all'Inps entro il termine di decadenza di 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro. Il Ministro del Lavoro ha, comunque, rassicurato nel corso di una interrogazione parlamentare che anche chi ha perso il lavoro agli inizi del 2015, e che quindi non ha potuto fare domanda entro tale termine per la mancanza delle istruzioni operative dell'Inps, avrà termini piu' estesi e potrà essere ammesso all'indennità.

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Zedde

Giorgio Gori - Patronato Inas

La misura è stata introdotta dalla legge 92/2012 ed attribuisce ai padri la possibilità di assentarsi dal lavoro sino ad massimo di tre giorni entro i cinque mesi dalla nascita del figlio o dall'affidamento o dall'adozione.

Kamsin Anche quest'anno resta in vigore il regime sperimentale introdotto con la legge 92/2012 che consente ai padri di fruire fino a tre giorni (il primo giorno è obbligatorio, gli altri due sono facoltativi) di astensione dal lavoro per stare accanto ai figli.

La misura prevede che il padre, lavoratore dipendente, entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, abbia l'obbligo di astenersi dal lavoro per un periodo di un giorno. Tale diritto si configura come un diritto autonomo rispetto a quello della madre e può essere fruito dal padre lavoratore anche durante il periodo di astensione obbligatoria post partum della madre. Per la fruizione dello stesso, al padre è riconosciuta un'indennità pari al 100 per cento della retribuzione. 

La fruizione di tale periodo di astensione dal lavoro non toglie nulla alla madre in quanto si aggiunge a quella della donna. Attenzione: questo diritto è riconosciuto dalla legge solo ai dipendenti del settore privato (Inps) e non anche a quelli del settore pubblico. Perciò i dipendenti dello Stato, degli enti locali, della sanità non hanno questa possibilità.

L'uomo può chiedere altri due giorni di congedo, ma stavolta la richiesta è solo facoltativa. Il padre lavoratore dipendente, infatti, sempre entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, può astenersi per un ulteriore periodo di due giorni, anche continuativi, previo accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest'ultima. Al padre è riconosciuta un'indennità pari al 100 per cento della retribuzione in relazione al periodo di astensione. In pratica, il tal caso, i giorni del papà non si aggiungono a quelli della mamma; perciò la richiesta dell'uomo sottrae un pari periodo al congedo della donna. Per questo è necessario che ci sia una dichiarazione scritta della donna che attesti di essere d'accordo. In questa ipotesi la donna dovrà rientrare al lavoro uno o due giorni prima del preventivato.

Per ottenere il congedo il padre deve presentare domanda al proprio datore di lavoro con un preavviso di almeno 15 giorni. Durante questo periodo il lavoratore ha diritto anche ai contributi figurativi senza avere alcuna perdita ai fini della futura pensione. I tre giorni qui descritti, inoltre, non interferiscono con il diritto del padre di chiedere il congedo parentale, vale a dire il periodo di assenza facoltativa dopo il termine dell'assenza obbligatoria della madre. Congedo che tra padre e madre può arrivare ai 10 mesi complessivi.

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Zedde

Giorgio Gori - Patronato Inas

L'impianto complessivo del decreto non è stato alterato: resta lo stop alle collaborazioni a progetto fittizie a partire dal 1° gennaio 2016.  

Kamsin E' stato sbloccato il decreto sul riordino dei contratti attuativo della legge delega di Riforma del Mercato del Lavoro. Dopo i rilievi sollevati dalla Ragioneria dello Stato, il Governo ha raggiunto un accordo sullo schema di decreto che sarà ora trasmesso alle Commissioni Lavoro di Camera e Senato per l'acquisizione dei rispettivi pareri (non vincolanti).

La Ragioneria, come si ricorderà, aveva sollevato riserve considerando che un collaboratore iscritto alla gestione separata ha un'aliquota contributiva del 30,72% o del 27,72%, ma se viene assunto con contratto a tempo indeterminato nel 2015 l'Erario avrebbe dovuto pagare una decontribuzione (fino a 8.060 euro l'anno per tre anni); costi che non erano stati correttamente preventivati dall'esecutivo ed erano finiti sotto la lente della Rgs. Il Governo è riuscito però a mantenere inalterato l'impianto del provvedimento aumentando di 100 milioni la dote per l'incentivo ai contratti a tempo indeterminato, oltre alle risorse fissate dalla legge di Stabilità. Le nuove risorse copriranno circa 18mila conversioni di collaborazioni, in aggiunta alle 36mila già previste quest'anno.

Come cambia il lavoro a progetto. La principale novità del decreto sul riordino dei contratti è proprio lo stop alle collaborazioni a progetto. Il decreto definisce il concetto di lavoro subordinato (prestazioni reiterate secondo un orario definito dal committente, eseguite in base a ordini gerarchici) e stabilisce un periodo transitorio. Alla fine di questo periodo (1° gennaio 2016) verranno cancellate le collaborazioni a progetto, e ciò che rientra nell'area del lavoro subordinato sarà assorbito dal nuovo contratto a tutele crescenti. Faranno eccezione le collaborazioni previste da accordi siglati dalle confederazioni più rappresentative; le prestazioni che richiedono l'iscrizione all'albo; in organi di amministrazione e controllo delle società; per attività sportive; per il pubblico impiego (fino al 1° gennaio 2017).

C'è inoltre una sanatoria che spinge alla regolarizzazione delle collaborazioni fittizie. Sino al 31 dicembre 2015 per i datori di lavoro privati che assumono a tempo indeterminato lavoratori con, contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, e titolari di partita Iva non scatteranno delle violazioni in materia di obblighi contributivi, assicurativi e fiscali connessi all'erronea qualificazione dei rapporto di lavoro pregresso (ad eccezione delle violazioni già accertate).

Sul fronte apprendistato, si unificano il 1° e 3° livello (per la qualifica, il diploma professionale e di scuola superiore), sulla base del modello duale tedesco. Vengono cancellati associazione in partecipazione e jobs sharing, mentre per lo staff leasing si profila la cancellazione delle causali. Nessuna novità per i contratti a termine, resta confermato il tetto massimo di durata di 36 mesi, comprensivo di 5 proroghe.

Nel decreto c'è spazio anche per il demansionamento. Il datore di lavoro potrà modificare unilateralmente le mansioni nei casi di riorganizzazione o ristrutturazione aziendale, quando cioè sussistono ragioni tecnico-produttive oggettive. Alla novità si arriva tramite la riscrittura dell'articolo 2103 del codice civile: il lavoratore può essere assegnato a mansioni di un livello di inquadramento inferiore, una scelta che può essere fatta anche tramite la contrattazione collettiva.Il lavoratore 'demansionato" ha diritto però alla conservazione del livello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento.

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Zedde

Le nuove regole precisano che non possono essere tenuti in considerazione i periodi contributivi già utilizzati per precedenti erogazioni del trattamento.

Kamsin Gli eventi di malattia senza integrazione da parte del datore di lavoro, o alla Cig con sospensione a zero ore non devono essere considerati ai fini della determinazione delle 30 giornate di effettivo lavoro che il lavoratore deve possedere con riferimento ai 12 mesi precedenti la disoccupazione (unitamente a 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti) per accedere alla Naspi.

Con questa precisazione il ministero del Lavoro ha messo le mani avanti nei giorni scorsi per eliminare i primi dubbi degli operatori in attesa di una circolare Inps piu' chiara al riguarda. In pratica gli eventuali periodi immediatamente precedenti la perdita involontaria del lavoro, non coperti dalla contribuzione, non devono considerati ai fini della determinazione dei requisiti menzionati.

Ma a parte questa precisazione c'è un altro aspetto da tenere in considerazione, sempre in virtù delle condizioni richieste per godere del sussidio: la penalizzazione che si creerà nei confronti della categoria dei lavoratori stagionali. Rispetto alla "vecchia" Aspi, le nuove regole precisano come non possano essere tenuti in considerazione i periodi contributivi già utilizzati per precedenti erogazioni del trattamento.

Con il vecchio sistema (Mini Aspi) i lavoratori stagionali, lavorando sei mesi, potevano contare, una volta rimasti disoccupati, su un sostegno al reddito per gli altri sei, riuscendo a percepire salario per un anno. Ora, con il nuovo sistema di calcolo, l’integrazione che potranno ottenere sarà di soli tre mesi, con un'evidente e inspiegabile danno. Cio' perchè l'assegno sarà erogato solo per la metà delle settimane contributive del lavoratore. Quindi su sei mesi lavorati l'assegno avrà una durata massima di 3 mesi.

Secondo il Sindacato Filcams la Naspi crea inique differenziazioni fra chi ha rapporti continuativi e chi frammentati, a scapito di questi ultimi. "Da simulazioni effettuate, emerge che a parità di retribuzione e di numero di giornate lavorate, l’importo dell’indennità diminuisce all’aumentare del numero di settimane su cui si dispiega la prestazione lavorativa. Chi lavora con molte interruzioni, e raggiunge il requisito per somma di giornate, effettuate in periodi lunghi di tempo, riceve meno di chi può contare su rapporti di lavoro più stabili e lineari sostiene il sindacato".

L'importo. Per quanto riguarda l'importo l'assegno Naspi sarà rapportato alla retribuzione imponibile previdenziale degli ultimi quattro anni. L'importo sarà pari a tale retribuzione divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il numero 4,33, con i seguenti limiti: 1) se la retribuzione media non supera i 1.195 euro mensili (dato valido per il 2015 da rivalutare annualmente), l'indennità mensile sarà pari al 75% di tale retribuzione; 2) se supera i 1.195 euro mensili, l'indennità è pari al 75 per cento del predetto importo incrementata di una somma pari al 25 per cento del differenziale tra la retribuzione mensile e il predetto importo.

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