Lavoro

Lavoro

Il decreto che eroga 80 euro al mese per i nuovi nati tra il 1° gennaio 2015 ed il 31 Dicembre 2017 non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

Kamsin Bisognerà aspettare ancora qualche giorno prima che il bonus bebe' 2015 sia definitivamente operativo. Il decreto che regola le modalità attuative del bonus, introdotto con la legge di stabilità 2015 in favore dei nati tra il 2015 ed il 2017, è stato firmato lo scorso febbraio dal Cdm ha ricevuto la scorsa settimana il via libera da parte della Corte dei Conti e dovrebbe essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale nei prossimi giorni.

Il provvedimento prevede l’erogazione di un assegno mensile per le famiglie che festeggeranno l’arrivo di un nuovo componente, vale a dire di un neonato o di un bambino adottato. Gli aventi diritto potranno disporre di 90 giorni di tempo dalla nascita del figlio per presentare la relativa domanda all’Inps, domanda che sarà valida per tutto il triennio in cui il bonus è attivo. Ricordiamo che l’assegno spetta per le nascite e le adozioni avvenute fra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017, e che ne hanno diritto i cittadini italiani, ma anche quelli comunitari ed extracomunitari residenti in Italia; condizione fondamentale è inoltre il possesso, da parte del nucleo familiare cui appartiene il genitore richiedente, di un Isee non superiore a 25mila euro. I cittadini extracomunitari dovranno possedere il “permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo”.

Andando ad analizzare la consistenza dell’assegno, si individuano tre categorie legate al valore dello stesso: alla base della differenziazione troviamo uno specifico criterio, ossia l’Isee della famiglia di appartenenza del genitore che ne fa richiesta.

In particolare, come anticipato, l’assegno non è previsto se l’Isee supera i 25mila euro; qualora l’Isee non superi i 25mila euro e non sia inferiore a 7mila euro, il valore dell’assegno sarà di 960 euro all’anno (80 euro al mese) per ogni bambino nato o adottato; se invece l’Isee risulterà inferiore alla soglia dei 7mila euro, l’assegno corrisposto sarà pari a 1.920 euro annuali (ossia a 160 euro al mese) per ogni figlio nato o adottato. L’assegno verrà corrisposto dal mese di nascita o adozione del bambino e avrà valore per tre anni, e non concorrerà inoltre alla formazione del reddito complessivo dei genitori.

seguifb

Zedde

Giulia De Franchis, Patronato Inas

Il ministro del lavoro preferisce un sussidio contro la povertà assoluta mentre giudica insostenibile per il bilancio pubblico il programma promosso dai pentastellati e da Sel. 

Kamsin No al reddito minimo generalizzato, sì ad un piano circoscritto contro la povertà che elimini le forme piu' gravi di disagio entro giugno. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti boccia la misura promossa dal Movimento 5 Stelle e da Sinistra Ecologia e Libertà in un'intervista rilasciata a Famiglia Cristiana. Non esiste dunque trattativa su una spesa da 17 miliardi di euro come prevedono i due ddl presentati da M5S e Sel ed attualmente in discussione presso la Commissione Lavoro del Senato.

Il programma del M5S. La misura del M5S si rivolge ad una platea di circa nove milioni di individui che si trovano in condizioni di rischio poiché vivono con un reddito non superiore ai 9.360 euro l’anno, ovvero i sei decimi del reddito mediano equivalente familiare. A costoro i M5S intendono concedere un sussidio mensile massimo di 780 euro per un singolo a reddito zero o di 1.014 euro per un genitore solo con un figlio minore o, ancora, di 1.638 euro per una coppia con due figli minori con un costo pari a 17 miliardi di euro. L’integrazione al reddito è condizionata però alla partecipazione dei beneficiari a progetti di inclusione a partire dall’iscrizione ai Centri per l’impiego, con l’esenzione delle persone anziane. La proposta pentastellata, pur con molti distinguo, non è lontanissima per dimensione da quella di reddito minimo garantito lanciata da Sel con un disegno di legge di iniziativa popolare.

Le coperture indicate dal M5S spaziano da tagli di spesa (3,5 miliardi alla Difesa; 4,5 miliardi sugli acquisti di beni e servizi della Pa) a una patrimoniale sulle grandi ricchezze mobiliari e immobiliari (fino a 4 miliardi), un aumento del prelievo sui giochi (600 milioni), la ridestinazione a questa misura dei fondi del 2 e 8 per mille e anche l’aumento delle imposte sulle grandi imprese del petrolio e del gas per 1,2 miliardi.

Il Programma delle Acli. Le proposte sono un pò piu' distanti dallo schema indicato prima dalle Acli e poi trasfuso in quello dell’Alleanza che prevede un reddito di inclusione sociale (Reis) indirizzato alle famiglie in povertà assoluta (circa 6 milioni di individui). Quest’ultima proposta prevede oneri per circa 7 miliardi a regime con un’introduzione graduale (1,5 miliardi il primo anno su un target pari al 37% dei poveri assoluti). Il Governo, da quanto si apprende, sarebbe piu' vicino a questa ipotesi che non alle prime due, perchè, avrebbe un costo minore e partirebbe dalla copertura delle condizioni piu' disagiate. L’obiettivo dell’esecutivo è proprio quello di agire sulla povertà assoluta, sui nullatenenti, e non anche su chi non arriva alla soglia di povertà relativa. Cioè a quel 10 per cento circa di italiani – al lordo di chi mente e non viene scovato – che non ha un euro e accumula all’estremo disagio economico povertà educative, sociali, sanitarie. 

Il piano al momento è nelle mani della direzione generale per l’inclusione e le politiche sociali del ministero. Il vertice della struttura, l’economista Raffaele Tangorra, ha sotto gli occhi decine di proiezioni. La più immediata e la più intuitiva è l'estensione della social card e del Sia, Sostegno per l’inclusione attiva, sistema sperimentato in 12 città italiane e che nel 2015 dovrebbe estendersi (ma l’iter è estremamente lento e ancora incompiuto) all’intero Meridione. Con le poche risorse di cui ha goduto il Sia (creato dal ministro Giovannini durante il governo Letta) si è riusciti a dare, nelle 12 città campione, 230 euro ad una famiglia con due persone e 400 a un nucleo con cinque persone. Nulla di risolutivo, evidentemente.

seguifb

Zedde

Con i nuovi fondi sarà possibile chiudere gli arretrati del 2014. Nei prossimi giorni l'incontro con le regioni per definire le modalità di riparto.

Kamsin Per la cassa e mobilità in deroga il Governo stanzierà tra i 480 e i 500 milioni per coprire l'arretrato del 2014. A giorni verrà emanato il decreto con le risorse attese da decine di migliaia di lavoratori, secondo quanto ha annunciato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, nell'incontro che con le Regioni che lamentavano di avere le domande ferme a causa del blocco dei finanziamenti e hanno sollecitato certezze per assicurare la copertura del 2015. Con i nuovi fondi sarà possibile chiudere il 2014 poiché le Regioni Calabria, Sicilia e Sardegna provvederanno a coprire il proprio fabbisogno attraverso la riprogrammazione dei fondi comunitari, attingendo a proprie risorse.

«Poletti ci ha assicurato che nel bilancio dello Stato ci sono le risorse per coprire tutto il 2015 spiega l'assessore Gianfranco Simoncini, coordinatore del Lavoro per la Conferenza delle Regioni. «Abbiamo offerto al Governo - spiega Simoncini - tutta la nostra collaborazione per la soluzione dei problemi sia relativi alla cassa integrazione che per i centri dell'impiego, al fine di seguire un percorso comune che superi le gravi situazioni presenti». Nei prossimi giorni si svolgeranno incontri ravvicinati bilaterali tra le Regioni e il ministero del lavoro per la puntuale definizione del riparto.

Coperture per il 2015. L'assessore Simoncini, a nome delle Regioni, ha chiesto che insieme al decreto per il 2014 venga emanato il decreto che attribuisce le risorse per il 2015. «Il Ministro Poletti ha assicurato che nel bilancio dello Stato ci sono le risorse per coprire tutto l'anno. Ragione in più per far presto. Questo decreto, quindi, permetterebbe alle Regioni di cominciare ad autorizzare la Cig a quelle aziende che ne hanno fatto richiesta dall'inizio dell'anno. Il Ministro si è riservato di dare una risposta in merito, pur ritenendo ragionevole la richiesta da parte delle Regioni».

Centri per l'impiego.  Per quanto riguarda invece la riorganizzazione dei Centri per l'impiego, l'incontro è servito per ribadire la fortissima preoccupazione per il loro futuro e per mettere in rilievo l'emergenza nella quale si trovano quasi tutte le Province. «I servizi per il lavoro - afferma Simoncini - si trovano oggi in una situazione di limbo, grazie al combinato disposto della riforma delle Province e del Jobs act. Molte Province denunciano il rischio che, nelle prossime settimane, possano trovarsi nella impossibilità di pagare gli stipendi ai dipendenti, con il conseguente blocco delle attività di questi servizi, fondamentali per il lavoro e per il sostegno all'occupazione». La Conferenza delle Regioni ha consegnato al Ministro un'ipotesi di riordino dei servizi per il lavoro che pun ti sia ad un rafforzamento del livello centrale di coordinamento delle politiche del lavoro, sia al mantenimento a livello territoriale di questi servizi. Il ministro ha fatto le sue valutazioni e l'incontro si è concluso con l'attivazione di un tavolo di confronto ravvicinato per arrivare a una ipotesi di proposta condivisa da presentare a Governo e Conferenza delle Regioni.

Nei prossimi giorni si terranno incontri bilaterali tra le Regioni e il ministero del Lavoro per la definizione del riparto.

seguifb

Zedde

L'indennità di disoccupazione si può cumulare con il nuovo reddito di lavoro dipendente se non supera gli 8 mila euro annui. 

Kamsin Cumulabilità piu' ampia dei trattamenti Aspi con i redditi da lavoro. L'indennità di disoccupazione, infatti, si potrà cumulare, anche se solo in parte, con il nuovo reddito di lavoro dipendente se questo non è superiore al reddito annuale minimo personale escluso da imposizione fiscale (cioè 8 mila euro annui). Lo ha precisato l'Inps con il messaggio 2028/2015. 

La novità deriva dalla disciplina sul riconoscimento dello status di disoccupazione di cui all'art. 4, comma 1 lett. a) del dlgs n. 181/2000. La norma, che dispone la «conservazione dello stato di disoccupazione a seguito di svolgimento di attività lavorativa tale da assicurare un reddito annuale non superiore al reddito minimo personale escluso da imposizione», è stata prima abrogata dalla legge n. 92/2012 (riforma Fornero che ha pure introdotto l'Aspi e miniAspi) e poi reintrodotta dal dl n. 76/2013 convertito dalla legge n. 99/2013.

Pertanto oggi tale status si conserva anche in caso di rioccupazione con lavoro dipendente, a patto che non si consegua un reddito oltre gli 8mila euro annui (in caso di lavoro autonomo o collaborazione il limite di reddito è di 4.800 euro annui).

Le Ipotesi che danno luogo al cumulo dell'Aspi con i redditi da lavoro

Con la reintroduzione del requisito reddituale, spiega l'Inps, si potranno verificare le seguenti nuove ipotesi:

  • 1) rioccupazione per un periodo pari o inferiore a sei mesi con reddito annuo oltre 8 mila euro: scatta la sospensione dell'Aspi (cioè fino sei mesi);
  • 2) rioccupazione per un periodo superiore a sei mesi con reddito annuo oltre 8mila euro: scatta la decadenza dall'Aspi (per perdita dello stato di disoccupazione);
  • 3) rioccupazione per un periodo inferiore, pari o superiore a sei mesi ma con reddito annuo inferiore a 8 mila euro: l'Aspi viene erogata in misura ridotta (il lavoratore, quindi, «cumula» Aspi e nuovo reddito).

In tale circostanza, però, ai fini del cumulo, il lavoratore è tenuto a comunicare all'Inps, entro un mese dall'inizio del nuovo rapporto dipendente, il reddito annuo che prevede di guadagnare. In caso di mancata comunicazione se il nuovo rapporto di lavoro è di durata pari o inferiore a sei mesi scatta la sospensione dell'Aspi; se il nuovo rapporto di lavoro è di durata superiore a sei mesi o è a tempo indeterminato scatta invece la decadenza. Inoltre l'assegno Aspi sarà ridotto di un importo pari all'80% del nuovo reddito, con conguaglio d'ufficio in sede di dichiarazione dei redditi.

Ad esempio se un lavoratore percepisce un'indennità Aspi di 800 euro al mese e trova un contratto a tempo determinato da cui ottiene un reddito mensile di 600 euro per 6 mesi manterrà il diritto all'Aspi in quanto il reddito conseguito resterà comunque al di sotto del limite di 8mila euro annui (600 x 6 = 3.600 euro annui). L'assegno Aspi, però, non sarà erogato in forma piena ma verrà ridotto di un importo pari all'80% del nuovo reddito. In pratica l'assegno Aspi risulterà pari a 320 euro al mese [800 euro - (600 x 0,80)] e potrà integrare il reddito conseguito dalle attività lavorative.

Le predette indicazioni trovano applicazione anche in relazione alla mini-Aspi, tenendo però conto dei diversi tempi di sospensione (cinque giorni e non sei mesi). La stessa disciplina regolerà, inoltre, la Naspi, il nuovo ammortizzatore universale che, a partire dagli eventi di disoccupazione intervenuti dal 1° maggio 2015, prenderà il posto dell'attuale Aspi e Mini-Aspi.

seguifb

Zedde

Il Presidente dell'Inps conferma: gli sgravi contributivi introdotti dalla legge di stabilità stanno aiutando la crescita del tempo indeterminato.

Kamsin Il dato sulle nuove assunzioni a tempo indeterminato, anticipati ieri dal Ministro del Lavoro Giuliano Poletti e dal presidente dell'Inps Tito Boeri, conferma una crescita a doppia cifra. Nei primi due mesi del 2015 sono infatti 79 mila i contratti attivati, il 38,4% in più rispetto ai primi due mesi del 2014.

Un segnale che è stato subito ribadito dal premier Matteo Renzi come la conferma che l'Italia sta ripartendo. «E' solo l'inizio. Ci hanno detto di tutto in questi mesi, ma noi stiamo dando diritti a chi non ne ha mai avuti». La crescita a doppia cifra è quella degli assunti a tempo indeterminato che, nel solo mese di gennaio, sono cresciuti del 32,5% su base annua mentre per i giovani tra i 15 e i 29 anni i contratti stabili sono aumentati del 43,1%. La Cgia di Mestre ha ricordato ieri che la legge di stabilità 2015 prevede la creazione di 1 milione di nuovi contratti incentivati grazie alla decontribuzione triennale per i nuovi assunti.

I fattori chiave

Del resto sono molti i fattori che stanno contribuendo a invertire un ciclo economico fino a poche settimane fa disastroso. I più importanti sono esterni all'azione del governo e passano dall'immissione di liquidità monetaria della Banca centrale europea (quantitative easing) che sta facendo ripartire il credito e dall'allentamento del rigore sul debito pubblico da parte della
Commissione europea. A questo si aggiunge la riduzione del costo del petrolio e il miglior cambio euro-dollaro che favorisce le esportazioni. Detto questo, però, sarebbe un vero errore negare che almeno due azioni del Governo stanno contribuendo alla ripartenza dell'economia.

Oltre agli 80 euro al mese, l'intervento piu' significativo è la decontribuzione Inps per tre anni introdotta dalla Legge di Stabilità 2015 per chi assume a tempo indeterminato. Una norma, tuttavia, che durerà sino a fine anno salvo non si mettano nuovi denari con la prossima finanziaria. E non la sola molla. La possibilità appena diventata concreta di assumere con le regole del Jobs Act dovrebbe spingere molte altre imprese ad alimentare questo trend e fare nuovi investimenti. Ma anche il taglio sull'imponibile Irap della componente lavoro sta facendo la sua parte.

Poletti: non siamo in grado di chiarire se sono tutti contratti "nuovi"

Il dato ufficiale, comunque, è di quasi 80 mila posti di lavoro a tempo indeterminato nei primi due mesi, anche se i dati non chiariscono in che misura si tratti di contratti che stabilizzano rapporti precari (co.co.pro., partite Iva e contratti a tempo) e in che misura invece siano posti di lavoro nuovi, nati sull'onda dei tagli contributivi e fiscali. «Non siamo in grado di dire se questi contratti siano aggiuntivi o di conversione», ha detto Poletti.

Garanzia Giovani: aumentano gli iscritti

Ad andar bene è anche il piano Garanzia Giovani. Sono 476 mila i giovani, infatti, che si sono iscritti al programma europeo di avviamento al lavoro: di questi 234 mila «sono stati presi in carico dalle istituzioni» (i corsi sono gestiti dalle Regioni) mentre altri «49 mila hanno già avuto un'opportunità tra stage, servizio civile, tirocinio, lavoro o formazione», con un boom a febbraio del 43% di nuovi ingressi. I dati sono stati illustrati ieri dal ministro Paletti: «Se prosegue questo ritmo, entro dicembre si iscriveranno 800 mila giovani a fronte di risorse disponibili per 560 mila persone. La discussione è come troveremo i soldi per tutti», ha precisato il ministro.

seguifb

Zedde

Secondo il Mef non ci sono le coperture per garantire l'assorbimento nell'alveo del lavoro subordinato delle collaborazioni a progetto a partire dal 1° gennaio 2016.

Kamsin Il decreto legislativo sul riordino dei contratti varato lo scorso 20 febbraio dal Consiglio dei ministri all'interno del Jobs Act potrebbe essere rivisto. I tecnici di Palazzo Chigi del Ministero del Lavoro stanno infatti approfondendo taluni aspetti legati alla norma (articolo 48 del decreto) che incentiva la trasformazione delle collaborazioni a progetto in contratti a tempo indeterminato in vista del superamento di questa forma contrattuale.

Secondo gli esperti si teme una rapida erosione degli 1,8 miliardi di euro messi sul piatto dalla legge di stabilità per finanziare la trasformazione dei contratti precari in assunzioni stabili, a tempo indeterminato. La legge di stabilità, infatti, riconosce uno sgravio contributivo triennale per chi assume a tempo indeterminato lavoratori precari nel corso del 2015. Ma non solo. Al Mef fanno presente anche che una volta assunti stabilmente a tempo indeterminato questi lavoratori usciranno per sempre dalla gestione separata e non verseranno quindi le "ricche" aliquote nella gestione (che com'è noto chiede il 27,72%). Ciò metterebbe a rischio i conti stessi del Fondo dei parasubordinati che attualmente costituisce una delle poche gestioni in positivo dell'Inps. Insomma un doppio effetto negativo per le casse dello stato che da un lato si troverebbero il venir meno della contribuzione nella gestione dedicata ai collaboratori a progetto e dall'altro dovrebbe coprire i contributi per almeno tre anni in favore degli stabilizzati nel 2015.

Secondo quanto si apprende da fonti di stampa i tecnici del MEF suggeriscono in particolare due correttivi al decreto legislativo che ancora non è stato trasmesso alle Commissioni Lavoro di Camera e Senato per l'acquisizione dei relativi pareri. Il primo riguarda l'esclusione espressa dalla stabilizzazione delle forme di collaborazioni continuative a progetto nel pubblico impiego, si tratterebbe di circa 20-25 mila contratti. L'altro correttivo potrebbe comportare l'esclusione dalla stabilizzazione per quanti risultano iscritti alla gestione separata non via esclusiva per non perdere il gettito di tale gestione.

seguifb

Zedde

© 2022 Digit Italia Srl - Partita IVA/C.f. 12640411000. Tutti i diritti riservati