Lavoro

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Un giovane lavoratore con partita iva con redditi medio-bassi si troverà a percepire una pensione che sarà pari piu' o meno all'importo dell'assegno sociale

Kamsin Può darsi che il sistema pensionistico, privato e pubblico, d'Italia regga. Ove ciò continui a verificarsi, forse uno o due cittadini d'Italia finiranno con il riconoscere i meriti del ministro Elsa Fornero, che abolendo le pensioni di anzianità ha consentito questo miracolo. Un meccanismo nel quale si poteva andare in pensione (ordinariamente, e cioè salvi meccanismi agevolativi speciali) a 47 anni, avendo pagato per trenta anni il 35 per cento del salario, e continuare a vivere per altri 30 anni conseguendo il 70 per cento di esso, non era in realtà sostenibile.

Si pensi anche all'assurdità delle regole del sistema contributivo. Con queste regole oggi un giovane lavoratore con partita iva con redditi medio-bassi si troverà a percepire una pensione che sarà pari piu' o meno all'importo dell'assegno sociale (circa 450 euro al mese). La stessa cifra che prenderebbe uno che non ha mai lavorato. La Riforma penalizza dunque il lavoro. 

Ora, occorre rifarsi i conti e sperare che tornino. Se ciò non fosse, mi permetterei di suggerire un rimedio. Si consideri l'intera platea di coloro che sono andati in pensione con meno di 20 anni di effettivo lavoro (o di lavoro considerato effettivo), nonché di contributi effettivamente versati. Parte consistente di questi trattamenti pensionistici è stata ed è prodotta da regole che la classe politica (ed uso la parola classe non casualmente) ha stabilito, a vantaggio assai spesso di se medesima ed accollando a tutti, ed in primo luogo ai lavoratori, i costi conseguenti.

La mia opinione è quella che, se vi è effettivo problema, sarebbe corretto ed equo attribuire a questi pensionati non altro che il valore corrispondente all'importo dei contributi versati da loro o per conto loro da terzi. Naturalmente, questo importo dovrà essere attualizzato e il corrispondente trattamento mensile risulterà dalle regole attuariali oggi correntemente seguite. Una volta che si sia chiarito chi abbia effettivamente, sul piano civile, diritto a che cosa, potranno affrontarsi due problemi.

Anzitutto, quello dell'"assegno di sopravvivenza": nel nostro diritto civile vi è l'obbligo dei familiari a soccorrere il nullatenente; tra i soggetti tenuti a queste prestazioni va a mio avviso annoverato lo Stato, come "assicuratore di ultima istanza" nel caso di indigenza del beneficiario e di assenza di altri soggetti che siano tenuti ad assisterlo. Questo non è certo il "reddito di cittadinanza", per il quale, con ogni probabilità, mancano oggi le risorse, ma può essere un aiuto effettivo alle persona in difficoltà e va comunque nella direzione giusta. Il meccanismo descritto dovrà essere finanziato con la fiscalità generale, e cioè da noi tutti a seconda del reddito di ciascuno. Occorre chiedersi (e questo è il secondo problema) se il lavoratore non abbia ugualmente titolo, in caso di effettivo bisogno e tenendo ben conto della pensione di cui benefici, a somme finanziate dalla fiscalità generale, ed in quale misura.

Qualche segno di apertura nella direzione indicata può riscontrarsi nel decreto legislativo n. 22 del 4 marzo 2015: è prevista, in esso, un'ulteriore tutela per i lavoratori disoccupati che siano usciti, per decorso dei termini, dal sistema ordinario degli ammortizzatori sociali (l'Asdi). L'assegno di cui si tratta è collegato a valutazioni concernenti la situazione di bisogno del lavoratore ed è condizionato alla sua adesione a un progetto personale d'impegno, nonché alla sussistenza effettiva delle risorse destinate al finanziamento di esso.

Il fondo, come è corretto, è finanziato dalla fiscalità generale. Al di là di questi "segnali", occorrerebbe, a mio avviso, riconoscere che il sistema assistenziale e pensionistico va, in Italia, riformato radicalmente, approfittando dello spazio di sopravvivenza che il ministro Fornero ci ha consentito. Ciò sarebbe comunque opportuno; vi è, tuttavia, il serio rischio che a soluzioni "radicali" noi si sia costretti dalle circostanze a porre mano. Naturalmente, il fine di un riesame delle posizioni pensionistiche non è quello di punirne i percettori, i quali legittimamente (anche se in condizioni di oggettivo conflitto di interessi) ne hanno lucrato.

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A cura di Federico Pica

La domanda di mobilità ordinaria rigettata dall'Inps può valere come domanda di Aspi. E' quanto comunica l'Inps con il messaggio 1644/2015.

Kamsin Il lavoratore che erroneamente presenta istanza per avere l'indennità di mobilità, potra'  sempre chiedere che la domanda venga ritenuta utile per ricevere l'indennità di disoccupazione (Aspi o Naspi che sia). E' quanto precisa l'Inps nel messaggio n. 1644/2015. Non sempre è valido il contrario.

Trasformazione domanda Aspi in mobilità. Il primo caso riguarda la presentazione della domanda per l'indennità di disoccupazione Aspi, erroneamente prodotta da un lavoratore licenziato a seguito della procedura di mobilità (art. 4 della legge n. 223/1991). L'Inps spiega che la domanda può essere ritenuta utile ai fini della concessione dell'indennità di mobilità ordinaria solo se l'esplicita richiesta di conversione (da domanda Aspi a domanda di mobilità) viene inviata entro i termini di decadenza previsti per la presentazione della domanda di mobilità ordinaria, ossia entro 68 giorni dal licenziamento. 

Ciò in quanto, precisa l'Inps, la condizione di tali lavoratori (collocati in mobilità) è a loro ben nota in quanto evidenziata dai diversi elementi: comunicazione obbligatoria Unilav del licenziamento collettivo; lettera di licenziamento nella quale viene segnalato che lo stesso è avvenuto a seguito della procedura di mobilità; iscrizione nelle liste di mobilità approvata dalla commissione regionale per l'impiego che può intervenire nei 68 giorni dal licenziamento.

Trasformazione domanda mobilità in Aspi. Il contrario è invece ammesso. possibile, cioè, la trasformazione della domanda di mobilità in domanda di Aspi nel caso di reiezione della domanda di mobilità. Anzi, in questi casi, le sedi Inps sono tenute a suggerire l'opportunità ai lavoratori, indicando in calce al provvedimento di rigetto il motivo della reiezione e la nota con cui si offre l'opportunità di trasformare la domanda di mobilità in quella di Aspi.

Trasformazione domanda Aspi in trattamento speciale edile. Terzo e ultimo caso riguarda la presentazione di domanda per l'indennità di disoccupazione Aspi o di mobilità, prodotta erroneamente dal lavoratore destinatario di trattamento speciale di disoccupazione per l'edilizia (ex legge n. 223/1991 o n. 451/1994). L'esplicita richiesta di conversione dell'istanza al fine di ricevere il trattamento speciale, spiega l'Inps, è da ritenersi utile se prodotta entro il termine dei 24 mesi dalla data di licenziamento.

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Per le imprese un risparmio fino a 8.060 euro l'anno per tre anni per ogni nuova assunzione a tempo indeterminato effettuata nel 2015.

Kamsin Il bonus occupazione varato dal governo Renzi con l'ultima legge di Stabilità spicca il volo. Secondo le dichiarazioni del presidente dell'Inps Tito Boeri sono oltre 76mila le aziende che hanno fatto richiesta di accesso ai benefici. Un risparmio che può toccare gli 8.060 euro l'anno per tre anni per ciascun lavoratore a condizione che si assuma a tempo indeterminato entro il 2015. Ma per attivarlo le imprese dovranno fare in fretta: i fondi, circa 1,9 miliardi, rischiano di esaurisi prima della fine dell'anno lasciando per strada gli ultimi arrivati.

L'entità del beneficio. Su tutte le nuove assunzioni a tempo indeterminato effettuate tra il primo gennaio e il 31 dicembre 2015, quindi, i datori di lavoro possono usufruire dell'esonero del versamento dei contributi previdenziali a loro carico. Il lavoratore non avrà nessun danno dal punto di vista del calcolo della futura pensione in quanto tutti i contributi gli verranno accreditati figurativamente, l'impresa invece potrà risparmiare fino a 8.060 euro all'anno (il tetto massimo mensile è di 671,66 euro) per i primi tre anni di assunzione: se il rapporto di lavoro quindi non si interrompe prima, alla fine del periodo l'impresa avrà risparmiato fino a 24.180 euro per ogni nuovo assunto nel 2015. Il datore dovrà invece versare i premi e contributi Inail.

I Vincoli e i limiti. Per evitare atteggiamenti poco ortodossi, tipo finti licenziamenti e poi riassunzioni si prevede che il beneficio non possa essere concesso nuovamente allo stesso lavoratore; parimenti sono esclusi dal bonus quei lavoratori che nei 6 mesi precedenti l'assunzione sono stati occupati a tempo indeterminato presso un qualunque altro datore di lavoro. Il beneficio non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote contributive previsti dalla normativa vigente (come quelli in materia di stabilizzazione di apprendisti e l'assunzione di disoccupati di lunga durata).

Al bonus, poi, non sono ammesse le imprese che hanno in corso provvedimenti di cassa integrazione a meno che l'assunzione non serva ad avere professionalità diverse. Analogamente non è possibile fruire del bonus quando l’assunzione viola il diritto di precedenza, fissato dalla legge o dal contratto collettivo di lavoro, alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato nell’ambito di un rapporto a tempo indeterminato ovvero cessato da un rapporto a termine.

I Settori. Del bonus possono usufruire tutti i datori di lavoro privati (imprenditori, associazioni, studi di professionisti, cooperative, partiti politici e sindacati), senza differenziazione geografica e distinzione di settore produttivo (vi rientra anche l'agricoltura). L'agevolazione può essere utilizzata anche per attivare con contratti part-time (sempre a tempo indeterminato) e lavoro ripartito ma non per l'apprendistato e per il lavoro a chiamata. Restano esclusi anche i rapporti domestici (colf e badanti) per i quali sono previsti aliquote contributive già piu' agevoli. 

La compatibilità con gli altri bonus. L'esonero contributivo è cumulabile con le agevolazioni per l'assunzione dei lavoratori disabili e dei giovani genitori; quella per chi assume persone che fruiscono dell'Aspi; quella prevista per il programma Garanzia giovani.

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Ad annunciarlo è il presidente dell’Inps, Tito Boeri, durante la conferenza stampa per la firma della convenzione tra l’Inps e le parti sociali (Confindustria, Cgil, Cisl e Uil) per la raccolta di dati sulla rappresentanza sindacale.

Kamsin "I primi dati che abbiamo" sulle assunzioni a tempo indeterminato con la decontribuzione, previste dalla legge di Stabilità, "sono incoraggianti: nei primi 20 giorni, ossia dall'1 al 20 febbraio, 76mila imprese hanno fatto richiesta". Lo ha detto il presidente dell'Inps, Tito Boeri, spiegando che l'istituto fornirà "sistematicamente" i dati e "a fine mese forniremo i numeri con la comparazione sulle imprese e le assunzioni fatte negli anni precedenti".

Il riferimento è alla possibilità di non versare i contributi (fino a un tetto di 8.060 euro) previdenziali per tre anni, per le assunzioni a tempo indeterminato avvenute nel corso del 2015, introdotta con la legge di Stabilità per il 2015. Dalla decontribuzione sono esclusi premi e contributi Inail. Il presidente dell'Istituto ha anche aggiunto che le persone coinvolte dalle assunzioni potrebbero essere molte di più di quelle 76mila richieste arrivate. Secondo i calcoli della Fondazione dei consulenti del Lavoro, ad esempio, nei primi due mesi del 2015 le persone assunte a tempo indeterminato con gli sgravi contributivi sono state 275.000 e nell'80% dei casi hanno riguardato la stabilizzazione di un rapporto di lavoro precario.

Si tratta di un nuovo segnale incoraggiante per l'economia italiana, reduce da anni di recessione che hanno ancora pesantissimi strascichi a livello sociale. Da Cernobbio, dove si è tenuto il tradizionale forum con i massimi esponenti della finanza, il clima è stato di cauto ottimismo: sia il governatore Visco che il titolare delle Finanze, Padoan, si sono espressi in tal senso. Anche gli operatori hanno dato segnali di risveglio: la metà delle aziende intervistate al Forum ha detto di voler assumere.

Tornando a Boeri, il suo annuncio è arrivato nel corso di una conferenza stampa per la firma della convenzione tra Inps, sindacati e Confindustria, sull'attività di raccolta, elaborazione e comunicazione dei dati sulla rappresentanza delle organizzazioni sindacali. Nel dettaglio dell'accordo, si tratta di una convenzione che ha validità triennale e - ai fini della certificazione della rappresentanza delle organizzazioni sindacali - farà riferimento a quanto stabilito dall'accordo interconfederale del 28 giugno 2011 e del testo unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014. Per Boeri "è un passo molto importante per assicurare stabilità al sistema delle relazioni industriali e va a colmare un vuoto lasciato sull'articolo 39 della costituzione. E' un fatto importante per la democrazia". Ha aggiunto che l'istituto è pronto a raccogliere le informazioni sulla rappresentanza e "ad aprile partiremo con le prime rilevazioni. E i dati saranno pubblicati ai primi di maggio".

In merito alla possibilità che il governo faccia una legge sulla rappresentanza, ipotesi circolata in questi giorni sulla stampa, ancora Boeri ha osservato: "E' importante che il nostro paese colmi il vuoto sulla seconda parte dell'articolo 39 della costituzione ma se le parti sociali sono in grado di farlo e di autoregolamentarsi non credo sia necessario un intervento legislativo". Altolà netto sul punto di Annamaria Furlan, leader della Cisl: "Renzi, come presidente del Consiglio, farebbe meglio a guardare dove c'è più urgenza di riformare: si occupi della crescita".

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Scade il prossimo 31 marzo il termine per presentare le domande per accedere alle prestazioni di assistenza domiciliare previste nell'accordo di collaborazione per la realizzazione del progetto "Home Care Premium 2014", interventi socio-assistenziali a favore di persone non autosufficienti dipendenti pubblici e pensionati Inps-ex Inpdap. Kamsin Al fine di assicurare la non interruzione del progetto di assistenza ai soggetti già beneficiari del programma del 2012, con apposita determinazione è stata autorizzata la prosecuzione dello stesso fino alla data del 31 marzo. I beneficiari, laddove non sia stato già fatto, dovranno presentare una nuova domanda per partecipare progetto "Home Care Pre-mium 2014", entro il nuovo termine di scadenza del 31 marzo. Il progetto, lo si ricorda, ha preso già il via lo scorso 1 marzo per coloro i quali abbiano presentato già domanda e per i quali sia già stato elaborato il piano assistenziale individuale.

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Il governo sarebbe orientato a fissare un'asticella minima per legge solo nei settori che non sono già regolamentati da un contratto nazionale. E ad applicarla per il momento anche ai contratti di collaborazione, in attesa del loro superamento.

Kamsin Sette euro l'ora. E' la paga minima oraria che spetterà per legge ai lavoratori dipendenti e a parte dei parasubordinati ma solo nei settori che attualmente non sono regolati da un CCNL. I dettagli della misura saranno definiti in uno dei prossimi decreti attuativi del jobs act, la riforma del lavoro; in particolare in quello sulle cosiddette politiche attive, che dovrebbe riscrivere le regole sul collocamento, e che nel giro di qualche settimana arriverà sul tavolo del consiglio dei ministri.

La vicenda. La legge 183/2014 affida infatti al Governo l'introduzione, anche solo in via sperimentale, di un compenso orario minimo, applicabile ai rapporti aventi ad oggetto una prestazione di lavoro subordinato, nonche', fino al loro superamento, ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, nei settori non regolati da contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale. 

In pratica si tratta di una soglia al di sotto della quale non si può andare quando si paga un dipendente o un collaboratore. La somma esatta non è stata ancora definita, anche se si ragiona su una quota intorno ai 7 euro l'ora, forse 6 e mezzo. Una soglia che sarebbe determinata dal valore dei voucher, i buoni lavoro per le prestazioni occasionali che valgono 7,5 euro netti l'ora, che il governo non intende superare per non far naufragare tali prestazioni.

L'ipotesi promossa dal M5S - Una misura analoga, ma piu' estesa, è contenuta nei ddl 1148 e 1670 (i ddl sul reddito di cittadinanza promossi dal M5S) attualmente in discussione in Senato. Qui si prevede l'applicazione del salario minimo nei confronti di tutti lavoratori, subordinati e parasubordinati, sia nel settore privato, ivi incluso quello dell’agricoltura, sia in quello pubblico laddove si ricorra a contratti di lavoro "precario".

E si fissa un valore piu' elevato pari a 9 euro lordi con la previsione di un meccanismo automatico di incremento agganciato alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati Istat. Il salario minimo diventerebbe inoltre impignorabile e verrebbe esteso anche ai soggetti praticanti, presso studi professionali al fine dell’abilitazione all’esercizio della professione. Resta da vedere cosa diranno i sindacati, che considerano il salario minimo come un altro modo per metterli all'angolo.

Il salario minimo non va comunque confuso con il reddito di cittadinanza - novità anch'essa contenuta nei ddl promossi dal M5S - in quanto il primo è una misura che non riguarda tutti ma solo chi lavora. Il reddito minimo, invece, è una somma che viene garantita per vivere e prescinde dal rapporto lavorativo.

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