La questione
La Corte era stata chiamata a valutare un aspetto particolare ma comunque frequente nell'ambito degli indebiti di natura assistenziale: la revoca da parte dell'Inps dell'assegno mensile di invalidità a causa della contestuale erogazione dell'assegno ordinario di invalidità. Le due tipologie di prestazioni, come noto, sono incompatibili tra loro. Nello specifico il caso riguardava un pensionato che aveva percepito negli anni 2001-2004 entrambe le prestazioni; il 4 marzo 2004 l'Inps revocò la prestazione di invalidità civile e pur rappresentando all'interessato l'entità dell'indebito, non ne intimò il pagamento, ma anzi esplicitamente rinviò a comunicazioni successive che avrebbero dovuto chiarire l'eventuale applicabilità di sanatorie e l'entità del residuo debito da corrispondere. La comunicazione definitiva pervenne, tuttavia, solo l'8 maggio 2013 quando l'ente previdenziale formalizzò una richiesta di ripetizione delle somme percepite a titolo di invalidita' civile negli anni 2001-2004.
La prescrizione
La Corte di Cassazione nella sentenza chiarisce due aspetti importanti. In primo luogo afferma che la comunicazione del 4 marzo 2004 non era idonea ad essere considerata atto interruttivo della prescrizione in quanto, essendo generica, non era idonea ad imporre un pagamento con la conseguenza che dovevano ritenersi prescritti i ratei afferenti al periodo anteriore al maggio 2003, cioè antecedenti i 10 anni la comunicazione definitiva avvenuta solo nel 2013. La Corte di Cassazione precisa che per produrre l'effetto di interrompere il decorso della prescrizione la richiesta dell'ente previdenziale non deve essere equivoca e, pertanto, non può consistere in un rinvio a successive comunicazioni che avrebbero dovuto chiarire l'eventuale applicabilità di sanatorie e l'entità del residuo da corrispondere.
L'indebito causato da una incompatibilità
Secondo la Corte la ratio che disciplina il particolare regime di favore in tema di ripetibilità dei trattamenti pensionistici illegittimamente percepiti non opera nelle fattispecie in cui il pensionato continua a godere di uno dei due trattamenti trovandosi in una situazione di incompatibilità. Nelle motivazioni alla sentenza i giudici spiegano che le incompatibilità non costituiscono un requisito ostativo all'insorgenza del diritto, ma devono solo essere verificate in sede di erogazione della prestazione e comportano semplicemente la facoltà dell'interessato di optare per il trattamento economico più favorevole, rilevando, dunque, solo nella fase successiva all'insorgenza del diritto. In altri termini la contemporanea erogazione delle due prestazioni nell'arco dello stesso periodo di tempo esclude che possa ingenerarsi nel pensionato l'affidamento sulla liceità dell'erogazione dei ratei di tale indennità.
In questi casi, pertanto, non è possibile invocare la protezione in tema di irripetibilita' sopra citata ed il pensionato è soggetto al principio generale di cui all'art. 2033 cod. civ. in materia di indebito oggettivo e, quindi, è tenuto alla restituzione (nei limiti della prescrizione decennale) anche dei ratei di invalidita' civile percepiti nel periodo antecedente al provvedimento di revoca. La Corte, a conferma della sentenza, cita un caso analogo (Cass. 5059/2018) nel quale è stato espresso il principio secondo cui "in materia di prestazioni assistenziali indebite, nell'ipotesi di erogazione dell'indennità di accompagnamento in difetto del requisito del mancato ricovero dell'assistibile in istituto di cura a carico dell'erario, trova applicazione non già la speciale disciplina dell'indebito previdenziale, bensì quella ordinaria dell'indebito civile di cui all'art. 2033 cc".