L'articolo 1, comma 281 della legge 208/2015 prevede infatti che, nel caso in cui le risorse risultassero sovrabbondanti rispetto alle domande di pensionamento pervenute i denari risparmiati dovranno essere dirottati, con provvedimenti a carattere legislativo, per proseguire la sperimentazione oltre il 2015. A tal fine si prevede la trasmissione, entro il 30 settembre di ogni anno, di una relazione alle Camere, da parte del Governo, sulla base dei dati rilevati dall’INPS nell’ambito della propria attività di monitoraggio sull’attuazione della sperimentazione, con particolare riferimento alle lavoratrici interessate e ai relativi oneri previdenziali.
Dato, tuttavia, che dal 2016 è scattato un nuovo aumento della stima di vita, se si volesse consentire il pensionamento di tutte le lavoratrici nate nell'ultimo trimestre del 1958 bisognerebbe, pertanto, prorogare il regime di altri 7 mesi. Basti un esempio. Una lavoratrice dipendente nata il 15 Dicembre 1958 attualmente non può beneficiare del regime sperimentale donna in quanto non possiede, alla data del 31 dicembre 2015, il requisito anagrafico di 57 anni e 3 mesi. Questo requisito viene a maturarsi, infatti, il 15 Marzo 2016. Ma dato che dal 1° gennaio 2016 il requisito anagrafico richiesto non sarà più di 57 anni e 3 mesi bensì di 57 anni e 7 mesi (per effetto dell'adeguamento della stima di vita di 4 mesi) la nostra lavoratrice dovrà attendere il 15 Luglio 2016 per maturare il nuovo requisito comprensivo della stima di vita. Ecco, pertanto, che una eventuale proroga del regime sperimentale dovrà necessariamente arrivare al 31 luglio 2016 per consentire il pensionamento di tutte le nate nell'ultimo trimestre del 1958. Se la proroga durasse solo altri sei mesi, ad esempio sino al 30 giugno 2016, ancora una volta parte delle lavoratrici dell'ultimo trimestre del 1958 resterebbero beffate dal meccanismo della stima di vita. Si tratta di un effetto da tenere a mente quando a fine anno si stabilirà se, ed in che misura, sarà possibile una proroga nel 2016 del regime sperimentale.
In questi ultimi quattro anni sempre un maggior numero di lavoratrici hanno scelto di uscire prima lasciando buona parte dell'assegno nelle casse dello stato. Ma si tratta di una scelta molto costosa e non facile da prendere. L'opzione, infatti, ha un costo spesso importante perchè determina il ricalcolo della pensione interamente con il sistema contributivo, portando una riduzione anche nell'ordine del 30-35% di quanto sarebbe percepito con il sistema misto (fare il confronto non è semplice ed agevole in quanto dipende dalla carriera lavorativa della lavoratrice: in alcuni casi le riduzioni possono risultare inferiori). E la riduzione è definitiva nel senso che, una volta richiesta, non è possibile tornare indietro. Non a caso molte lavoratrici, pur avendo sulla carta già i requisiti, stanno aspettando il più possibile prima di sceglierla nella speranza che venga attuata la cd. flessibilità in uscita. Un'attesa spasmodica che sicuramente durerà almeno altri sei mesi.