Pensioni flessibili, Il Governo abbandona l'ipotesi del prestito pensionistico

Bernardo Diaz Mercoledì, 30 Settembre 2015
Il Ministero dell'Economia studia un intervento strutturale limitato a disoccupati e lavoratrici. Perde quota l'ipotesi di una flessibilità in uscita generalizzata. 
Il Governo punta ad un'operazione strutturale per fronteggiare due emergenze del capitolo previdenza con la prossima legge di stabilità. Non un intervento generalizzato ma limitato, almeno in questa prima fase, a lavoratrici e disoccupati, vale dire lavoratori che hanno perso il posto di lavoro ed hanno esaurito la tutela degli ammortizzatori sociali restando senza reddito e senza pensione. E' quanto emerge dal confronto che si è tenuto al Ministero del Lavoro ieri sulle misure da inserire nella manovra. Un intervento dettato dal Ministero dell'Economia soprattutto per via del vincolo risorse per il quale si potrebbero stanziare non oltre un miliardo di euro, forse un miliardo e mezzo. Per la flessibilità in uscita vera e propria, sostenuta invece dal Ministero del Lavoro, si dovrà probabilmente attendere un disegno di legge ad hoc che magari contenga anche la flessibilità contributiva e le altre proposte del piano Boeri sulle ricongiunzioni onerose. Forse agli inizi del 2016. 

Tra oggi e domani il menù ristretto di misu­re finirà sul tavolo di un vertice po­litico tra Matteo Renzi e i ministri Padoan e Poletti. Nel confronto di ieri è stato intanto detto no all'ipotesi del prestito pensionistico: una misura che avrebbe comportato eccessive difficoltà applicative oltre a rendere poco appetibile lo strumento ai più. L'ipotesi che dovrebbe prendere piede è un'uscita per le donne a 62 o 63 anni con un requisito contributivo che oscillerebbe tra i 30 e i 35 anni di contributi. Resta il taglio dell'assegno collegato all'età dell'uscita (anche se il meccanismo di decurtazione non è ancora chiaro).

Per i disoccupati l'asticella e il meccanismo per l'uscita sarebbe simile: un anticipo di 3 anni rispetto ai requisiti per le vecchiaia, in sostanza a 63 anni (che potrebbero però arrivare a 63 anni e 7 mesi considerando la speranza di vita). Una formula strutturale e quindi potenzialmente idonea ad "assorbire" le proposte di legge sulla settima salvaguardia a cui sta lavorando la Commissione Lavoro della Camera in questi giorni. Con l'obiettivo di estendere la tutela anche a chi ha perso il lavoro dopo il 2012. Questi lavoratori, del resto, non hanno tratto alcun beneficio dai sei provvedimenti di salvaguardia, destinati a salvaguardare solo chi il lavoro lo aveva perso entro il 2011, prima della Riforma Fornero. Una dicotomia che secondo i tecnici deve essere superata. 

Quanto alla sorte della cosiddetta opzione­ donna, va chiarito innan­zitutto che fine faranno le domande presentate per il 2015 e rimaste nel limbo dell'lnps e su questo è at­tesa, si spera entro Ottobre, la sentenza del Tar per la class action presentata dal Comitato pro opzione. In secondo luogo, si tratterà di verificare come potrà essere prorogata per il futu­ro. 

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