L'ottava salvaguardia pensionistica tutela, tra gli altri, quei soggetti le cui aziende hanno siglato accordi governativi o non entro il 2011, che hanno cessato il rapporto di lavoro entro il 31.12.2014 e che raggiungono il diritto a pensione, con le vecchie regole, entro 36 mesi dopo la scadenza dell'indennità di mobilità o dello speciale trattamento edile. La presenza di una mobilità lunga oppure di sospensioni dell'indennità di mobilità può comportare, a seconda dei casi, infatti che la maturazione del diritto a pensione si collochi successivamente al 31.12.2020. Prima del citato DM 5.11.2019 era dubbio se questi lavoratori dovessero mettere in conto (al pari di tutti gli altri, anche i non salvaguardati) un ulteriore slittamento dell'età pensionabile. Fortunatamente non sarà così.
Marco, ad esempio, è un lavoratore nato il 15 febbraio del 1959 con 36 anni di contributi al 30 novembre 2019, termine dell'indennità di mobilità. E' risultato destinatario dell'ottava salvaguardia pensionistica in quanto l'accordo in base al quale è stato collocato in mobilità è anteriore al 2012 ed il rapporto di lavoro è cessato nel corso del 2014. La maturazione del diritto a pensione, con le vecchie regole pensionistiche, considerando gli adeguamenti scattati sino al 2019 si realizzerebbe il 15 febbraio 2021 all'età di 62 anni unitamente a 36 anni di contributi e il contestuale perfezionamento del quorum (dato dalla somma dell'età anagrafica e contributiva) pari a 98. La decorrenza della pensione, considerando che nella vecchia disciplina era presente un meccanismo di differimento nell'erogazione del primo rateo della pensione di 12 mesi dalla maturazione del diritto, avverrebbe il 1° marzo 2022. Il mancato adeguamento dei requisiti anagrafici alla speranza di vita nel biennio 2021-2022 conferma sostanzialmente lo scenario appena descritto. Senza alcun rischio di un ulteriore slittamento (si veda tavola sottostante).
Il medesimo ragionamento si applica anche relativamente ai soggetti (soprattutto donne del settore privato) che mantengono la salvaguardia sempre nel profilo mobilità ai fini del conseguimento della pensione di vecchiaia con regole antecedenti al DL 201/2011. Il mancato adeguamento dei requisiti pensionistici alla speranza di vita dal 2021 addolcisce infatti il progressivo aumento dell'età pensionabile fissato dal DL 98/2011 convertito con legge 111/2011 (si veda tavola sottostante) in misura pari ormai a sei mesi l'anno.
Nessun problema invece per Dario che va in pensione in regime di salvaguardia con la massima anzianità contributiva, 40 anni di contributi (come prevedevano le vecchie regole). Questo requisito contributivo, infatti, non è oggetto di adeguamento e, pertanto, anche se Dario lo raggiunge dopo il 31.12.2020 per il tramite del versamento di contributi volontari la data di pensionamento non subisce alcuno slittamento. Resta fermo che in tal caso si applicherà una finestra mobile leggermente più lunga (15 mesi invece che 12 mesi).
L'adeguamento alla speranza di vita non ha effetto, invero, sugli altri profili di tutela contenuti nell'ottava salvaguardia (es. autorizzati alla prosecuzione volontaria dell'assicurazione IVS, lavoratori cessati dal servizio, il congedo per assistere figli disabili, lavoratori che hanno concluso un rapporto a tempo determinato eccetera). In questi profili di tutela, infatti, è richiesta la condizione che la decorrenza della prestazione pensionistica sia verificata tra il 6 gennaio 2018 ed il 6 gennaio 2019 e, pertanto, in un lasso temporale al di fuori da qualsiasi adeguamento (anche di quello scattato il 1° gennaio 2019).