La questione
La questione riguardava un assicurato che aveva lavorato come dipendente, coltivatore diretto, artigiano e aveva pure un periodo di attività svolta in qualità di lavoratore autonomo della piccola pesca marittima e delle acque interne con obbligo contributivo assolto ai sensi delle previsioni di cui alla legge 250/1958. Il lavoratore aveva acquisito la pensione di anzianita' nel 2001 e chiedeva, in particolare, che i contributi versati con la qualifica di pescatore venissero imputati in un fondo speciale e non nel fondo lavoratori dipendenti, come aveva disposto l'Inps, e che di questi ne venisse disposto il cumulo d'ufficio ai sensi dell'articolo 16 della legge 233/1990 come era stato fatto per le anzianità acquisite in qualità di coltivatore diretto e artigiano. L'assorbimento di tale contribuzione nel FPLD avrebbe infatti comportato una netta svalutazione del rendimento pensionistico della quota di pensione liquidata dal FPLD essendo la contribuzione da pescatore ancorata su retribuzioni inferiori che avrebbero svalutato la pensione. Contro le decisioni delle Corti di Merito che avevano dato ragione al lavoratore l'Inps ha proposto ricorso per Cassazione sulla base del fatto che la legge 250/1958 non aveva fatto nascere una gestione speciale dei lavoratori della pesca e che, pertanto, la richiesta non poteva essere accolta.
La decisione
I giudici di legittimità hanno accolto la tesi dell'Inps. Secondo i giudici, infatti, la regola del cumulo di cui all'articolo 16 della legge 233/1990 non può che avere ad oggetto le tre gestioni speciali ampiamente conosciute e cioè: 1) quella per i coltivatori diretti, coloni, mezzadri e imprenditori agricoli professionali (istituita con I. n. 1047 del 1957; 2) quella per gli artigiani (istituita con I. n. 463 del 1959); 3) quella per gli esercenti l'attività commerciale (istituita dalla I. n. 613 del 1966).
"Di contro, - spiegano i giudici - la tutela previdenziale di cui dalla legge 13 marzo 1958, n. 250, di cui si pretende la sussunzione all'interno della regola posta dall'art. 16 della I. n. 233 del 1990 a titolo autonomo rispetto al sistema di valorizzazione previsto per il Fondo lavoratori dipendenti, si rivolge ai marittimi previsti dall'art. 115 del Codice della navigazione che, associati in cooperative, compagnie o per proprio conto, esercitano la pesca come attività professionale,esclusiva o prevalente, con natanti non superiori alle 10 tonnellate di stazza lorda e quelli che sono pescatori di mestiere delle acque interne forniti di licenza professionale.
Secondo tale normativa, - proseguono ancora i giudici - l'attività di pesca si considera prevalente quando la stessa impegni l'interessato per il maggior periodo di tempo nell'anno e costituisca la maggior fonte di reddito, a fronte di tale tipologia di attività economica, la legge ha previsto che la contribuzione dovuta sia commisurata ad apposita retribuzione convenzionale, fissata con D.M. 8 aprile 1961 (G.U. 17 aprile 1961, n. 95), annualmente adeguata. La legge prevede inoltre che tale categoria, oltre ad avere come parametro di riferimento per il calcolo della contribuzione la retribuzione convenzionale del lavoro dipendente, goda del regime previdenziale del FPLD.
In altri termini la Cassazione chiarisce che l'attività economica della piccola pesca deve essere inclusa all'interno del sistema contributivo proprio del lavoro dipendente e, conseguentemente, tale contribuzione ha lo stesso peso economico del lavoro dipendente, essendo unificato a quest'ultimo il sistema contributivo della piccola pesca. Fatte queste premesse la Cassazione precisa, pertanto, che non può ammettersi la liquidazione di un prò rata relativo al periodo contributivo in questione mediante applicazione di regole diverse da quelle previste per il FPLD, "risultato scontato laddove il periodo in questione non fosse calcolato uniformante ai periodi contributivi da lavoratore dipendente in senso proprio. In tal modo, infatti, verrebbe compromesso il complessivo funzionamento del sistema generale delineato dall'art. 16 della legge n. 233 del 1990".
La Corte, quindi, nel cassare la sentenza d'Appello ha affermato il seguente principio di diritto: "poiché l'art. 16 della legge n. 233 del 1990 risulta funzionale al semplice coordinamento della gestione ordinaria e delle gestioni speciali nell'ambito dell'unitario regime di assicurazione generale obbligatoria, caratterizzato da regole di base uniformi e da ampia omogeneità riguardo alle tecniche operative di dettaglio, anche il periodo contributivo maturato in relazione all'attività coperta dalla legge n. 250 del 1958, con versamenti presso il Fondo dei lavoratori dipendenti, va considerato alla stessa stregua del periodo contributivo relativo all'attività di lavoratore dipendente con calcolo di un' unica quota".