Pensioni, La Cassazione boccia il massimale delle Casse Previdenziali

Bruno Franzoni Mercoledì, 09 Settembre 2015
La Cassazione dà ragione ai professionisti pensionati che hanno maturato, entro il primo gennaio 2007, il diritto a ricevere il trattamento previdenziale dalle casse di categoria, ma ne hanno goduto in misura inferiore alle aspettative per effetto delle misure di contenimento della spesa, adottate dagli enti.
Stop al massimo pensionabile nelle Casse previdenziali private. Lo hanno stabilito ieri le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza numero 17742. Con la decisione i supremi giudici hanno indicato che le Casse dei professionisti non potevano mettere un tetto al trattamento di quiescenza perché è contro il principio del pro rata introdotto dalla riforma Dini del 1995 per proteggere i diritti quesiti dal peggioramento dei criteri di calcolo della pensione. I pensionati delle Casse di previdenza privatizzate, andati in quiescenza prima del primo gennaio 2007, hanno pertanto diritto alla riliquidazione della pensione se il loro ente, per contenere la spesa previdenziale, aveva fissato un "massimale pensionabile".

Con questa decisione, è stato respinto il ricorso della Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei ragionieri e dei periti commerciali contro la sentenza con la quale la Corte di Appello di Torino, nel 2012, aveva affermato il diritto di un ragioniere in pensione di vecchiaia dal 2001 "alla riliquidazione della prestazione, a decorrere dal momento della maturazione della pensione". La Corte di Appello, dando ragione al ragioniere Cesare F., aveva dichiarato "illegittima" la fissazione del massimale pensionistico deliberato dalla Cassa nel 1997, dopo la riforma 'Dini' che ha introdotto il sistema contributivo. E per ottenere gli importi 'tagliati' dai massimali, la Suprema Corte - con una seconda 'cattiva' notizia per le Casse - afferma che la prescrizione è decennale e non quinquennale.

La questione dell'applicazione del criterio pro rata in maniera "rigorosa" o attenuata - ossia che tenga conto delle esigenze di bilancio del sistema e della solidarietà con le future generazioni piuttosto che dei diritti maturati dal professionista - è stata oggetto di altalenanti verdetti della Suprema Corte che è intervenuta in una materia contrassegnata - rilevano gli stessi 'ermellini' - dalla "incertezza della giurisprudenza" e da "dubbi interpretativi".

Ecco i principi di diritto fissati dalle Sezioni Unite: 1) "Nel regime dettato dalla legge 8.08.95 n.335 (legge di riforma del regime pensionistico obbligatorio e complementare), gli enti di previdenza privatizzati di cui al d.lgs. 30.06.94 n.509 (tra cui rientra la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali) non possono adottare, in funzione dell'obiettivo di assicurare l'equilibrio di bilancio e la stabilità delle proprie gestioni, provvedimenti che, lungi dall'incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano un massimale allo stesso trattamento e, come tali, risultino incompatibili con il principio del 'pro rata', previsto dall'art.3, c.12, della stessa legge n.335, in relazione alle anzianità già maturate rispetto all'introduzione delle modifiche derivanti dagli stessi provvedimenti".

2) "Nel regime previdenziale dettato dalla legge 335, per le prestazioni pensionistiche erogate dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del d.lgs.30.06.94 n.509, ed in relazione alle anzianità già maturate rispetto all'introduzione delle modifiche imposte dalla legge di riforma, per i trattamenti pensionistici maturati prima del primo gennaio 2007 trova applicazione l'art.3,c.12., della l.n.335 del 1995 nella formulazione originaria, che prevedeva l'applicazione rigorosa del principio del 'pro rata'". GamsinLa data del primo gennaio 2007 è stata fissata dalla legge 296 del 2006 che ha "inteso rendere flessibile il criterio del 'pro rata' ponendolo in bilanciamento con i criteri di gradualità e di equità tra generazioni".

3) Per i trattamenti pensionistici maturati, invece, dal primo gennaio 2007 in poi, "trova applicazione l'art.3, c.12, della l. 8.08.95 n.335 nella formulazione introdotta dall'art.1, c.763, della l. 27.12.06 n.296, che prevede che gli enti previdenziali suddetti emettano delibere che mirano alla salvaguardia dell'equilibrio finanziario di lungo termine, 'avendo presente', e non più rispettando in modo assoluto, il principio del 'pro rata', tenendo conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni". In sostanza, per tutti i professionisti che hanno maturato la pensione dopo lo spartiacque del primo gennaio 2007, trova invece applicazione il principio del 'pro rata' attenuato.

4) "Il diritto al pagamento dei ratei della prestazioni pensionistiche liquidate dagli enti previdenziali privatizzati, oggetto di richiesta di riliquidazione, non si prescrive nel termine quinquennale ma in quello decennale ordinario".

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