La questione
Protagonista una pensionata invalida che si era vista liquidare la pensione di vecchiaia anticipata, ai sensi dell'art. 1 comma 8 I. n. 503 del 1992, dal 1° aprile 2015 anzichè (come chiedeva la pensionata) dal 1° aprile 2014 per via dell'applicazione dell'art. 12 del d.l. n. 78 del 2010 conv. in l. n. 122 del 2010 che, come noto, ha introdotto, a partire dai lavoratori che maturano il diritto a pensione dal 2011, uno slittamento nella decorrenza delle prestazioni pensionistiche di 12 mesi per i dipendenti del settore privato e di 18 mesi per gli autonomi. La suddetta normativa fu abrogata l'anno successivo con la Riforma Fornero (art. 24, co. 5 del Dl 201/2011) ma l'Inps ed il Ministero del Lavoro interpretando in modo restrittivo la novella escluse dall'abrogazione la disposizione di cui all'articolo 1, co. 8 del Dlgs 503/1992 che, pertanto, continuò anche successivamente al 31 dicembre 2011 a sottostare al meccanismo del differimento di 12 mesi tra la data di maturazione dei requisiti e quella di decorrenza effettiva della prestazione.
Contro tale congegno la lavoratrice si era rivolta alla magistratura chiedendo l'accertamento del diritto di conseguire la prestazione con un anno di anticipo. Ed entrambe le corti di merito gli avevano dato ragione riconoscendo da un lato che la portata dell'articolo 12 del Dl 78/2011 non potesse estendersi alla categoria degli invalidi almeno all'80% e, dall'altro che, comunque, ragioni sistematiche derivanti dalla ratio di tutela degli invalidi sottesa all'istituto ed alla previsione della Riforma Fornero, relativa alla inapplicabilità dell'art. 12 d.l. n. 78 del 2010 ai soggetti che avevano maturato il diritto alla pensione anticipata di vecchiaia successivamente al 1.1.2012, dovessero far propendere per la cancellazione del meccanismo di slittamento dal 1° gennaio 2012.
Secondo la Corte di Cassazione l'operato dell'Inps è corretto. La Corte ribadisce in primo luogo che il perimetro di applicazione delle finestre mobili (di cui al predetto articolo 12 del Dl 78/2010) è atto a ricomprendere non solo i "soggetti che a decorrere dall'anno 2011 maturano il diritto all'accesso al pensionamento di vecchiaia a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le lavoratrici del settore privato ", secondo la lettura riduttiva che è stata accolta dai giudici di merito, ma anche - oltre alle lavoratrici del pubblico impiego pure contemplate nella norma - di tutti gli altri soggetti che "negli altri casi" maturano il diritto all'accesso al pensionamento di vecchiaia "alle età previste dagli specifici ordinamenti".
Pertanto, è il giudizio della Corte, anche la disposizione di cui all'articolo 1, co. 8 del Dlgs 503/1992 è coinvolta nel predetto meccanismo di differimento ancorchè il legislatore non abbia espressamente menzionato nell'articolo 12 del Dl 78/2010 il suddetto trattamento tra quelli che soggiacciono al differimento. "Non è corretto sostenere - precisa il Collegio - che per includere le pensioni di vecchiaia anticipate nel meccanismo delle finestre la legge avrebbe dovuto esplicitarlo espressamente, dato che esse rientrano nell'ampio disposto ("alle età previste dagli specifici ordinamenti negli altri casi") utilizzato, in via residuale, dal legislatore nello stesso articolo 12 sopra citato".
La Corte ricorda, inoltre, come lo stesso slittamento della pensione di vecchiaia non comporta necessariamente l'abbandono del posto di lavoro durante l'anno di attesa dell'apertura della "finestra", dato che in tale periodo l'assicurato invalido potrebbe, come qualsiasi altro lavoratore, continuare a lavorare ed anche accedere, medio tempore, ai trattamenti di invalidità previsti in caso di totale o parziale incapacità lavorativa (es. assegno ordinario di invalidità o pensione di inabilità).