Pensioni, Maestri: Governo intervenga sui contributi silenti

redazione Martedì, 24 Novembre 2015
L'interrogazione rivolta al Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti su quelle migliaia di lavoratori che hanno versato contributi senza poter arrivare alla pensione di vecchiaia.  
Restituire o comunque valorizzare i contributi silenti, cioè i contributi di quei lavoratori che hanno versato senza raggiungere il minimo contributivo richiesto per accedere ad una prestazione pensionistica. Lo chiede al Governo in una interrogazione a risposta scritta in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati, Andrea Maestri (4-11209).

Sono tante le anomalie legate al sistema pensionistico italiano da risolvere - scrive il Parlamentare -, ma quella dei cosiddetti «contributi silenti» continua a non essere affrontata seriamente e quindi risolta definitivamente.

Il problema dei contributi versati all'Inps, che non sono sufficienti a maturare alcun trattamento, è una questione molto attuale e costantemente dibattuta: in poche parole, sono fondi che l'Inps incamera, senza darci indietro alcunché e senza nemmeno restituire il capitale versato.  E' dal 2011 che i Radicali Italiani promuovono iniziative per chiedere all'Inps la restituzione dei contributi silenti. Si tratta di una battaglia che continua a essere tra le loro priorità e riscuote vasti consensi tra i lavoratori.

Il ragionamento dei radicali è molto semplice, logico e facilmente condivisibile: se si versano dei fondi per avere una pensione, ma in realtà non si avrà diritto a percepirla, è giusto che questi fondi siano restituiti. Nel 2013, l'allora direttore generale dell'Inps Mauro Nori dichiarò che «i lavoratori interessati sarebbero diversi milioni e se l'ente dovesse restituire i contributi silenti, rischierebbe il default». Alcune fonti di stampa quantificarono l'impatto in circa 10 miliardi di euro da restituire spalmati su una platea di circa 7 milioni di cittadini.

Le conseguenze di una gestione ad avviso dell'interrogante ottusa e fallimentare di questi accantonamenti, pretesi per legge dai lavoratori e non restituiti in alcuna forma, hanno ripercussioni gravi, in caso di decesso del lavoratore, soprattutto sulla sua famiglia.

La situazione lavorativa e la composizione del nucleo familiare, purtroppo, in questi casi è ininfluente, mentre conta il legame con il defunto, ovvero l'essere sposati regolarmente e conta anche la quantità di contributi versata dall'estinto. Attualmente, se un lavoratore non raggiunge il minimo di contributi versati, previsto per il conseguimento della pensione, e non ha lavorato negli ultimi 5 anni almeno 1 anno, non sono utilizzabili dal coniuge superstite, vanno dunque perduti.

E' necessario che il legislatore intervenga per sanare le ingiustizie sociali nei confronti dei lavoratori monoreddito che lasciano mogli e/o figli minori senza nessun reddito, né la possibilità di riscatto di quello che il congiunto ha versato nel corso degli anni, che garantirebbe loro un piccolo sostegno economico. Un'altra ipotesi potrebbe anche essere che quei contributi possano essere aggiunti ai contributi del superstite consentendo di raggiungere una pensione leggermente superiore.

Maestri chiede quindi al Ministro del Lavoro se il Governo preveda di assumere iniziative, in occasione di una prossima revisione della Legge Fornero, per affrontare e risolvere definitivamente la discutibile acquisizione da parte dell'Inps, dei «contributi silenti» di milioni di lavoratori e, in particolare, come intenda salvaguardare i loro familiari in caso di morte prematura. 

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