Mancano ormai meno di tre mesi alla fine di “quota 100” e alla scadenza di Opzione Donna e dell’APE Sociale e ancora l’esecutivo brancola nel buio per quanto riguarda la nuova legge previdenziale da approvare entro l’anno per avere i suoi effetti dal 1/1/2022.
L’Esecutivo all’apparenza ha snobbato fin dal suo esordio nel febbraio u.s. questo importantissimo aspetto che riguarda milioni di Italiani, ben sapendo delle scadenze sopra indicate e della necessità di realizzare una nuova legge equa e duratura per non incorrere “tout court” nella legge Fornero e per evitare il famoso “scalone di cinque anni” che si verrebbe a creare in una sola notte dal 31/12/2021 al 1/1/2022 per poter accedere al pensionamento.
Eppure, il governo del potentissimo Draghi, ormai dopo l’abbandono della Merkel assurto a leader dell’UE, in questi mesi non ha mai parlato di pensioni lasciando i lavoratori nella più assoluta incertezza.
Orlando nella sua funzione di Ministro del Lavoro ha sempre affermato che la priorità da affrontare era la questione delle politiche attive del lavoro e che successivamente si sarebbe concentrato sulla questione previdenziale. Ma incontrare solamente un paio di volte le OO.SS. in sette mesi è veramente come snobbare il problema. E’ passata la primavera, è passata l’estate e ci ritroviamo alla vigilia della presentazione alla Camere della legge di Bilancio in una fase di stallo.
Le proposte
Certamente nel corso di questi mesi ci sono state tante proposte in questo ambito, forse anche troppe, dai sindacati confederali che chiedono insistentemente 41 anni di contribuzione per tutti o in alternativa forme di flessibilità a partire dai 62 anni di età, alla proposte dell’Ex Presidente dell’INPS Boeri di accesso al pensionamento a 63 anni con penalizzazione dell’1,5% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni, a quella dell’attuale Presidente dell’INPS Tridico di accesso al pensionamento con 63 anni con calcolo dell’assegno interamente contributivo e successivamente a 67 anni ottenere anche la parte di retributivo, alla proposta della deputata Polverini di Forza Italia di pensionamento con almeno 62 anni e 35 anni di contribuzione e penalizzazione del 2% per ogni anno di anticipo rispetto ai 66 anni, o ancora i 41 anni per tutti proposti dalla Lega ma con calcolo dell’assegno totalmente contributivo. Tutte proposte troppo diverse tra di loro, basti pensare che in Commissione Lavoro della Camera attualmente giacciono ben nove proposte che a questo punto dovrebbero essere uniformate, portate in Aula Parlamentare e quindi approvate entro il 31 dicembre 2021.
Come si vede un bel guazzabuglio, anche perché è necessario tenere conto delle varie aspettative che hanno i giovani, che hanno carriere precarie e discontinue, delle donne che da sempre svolgono anche il lavoro di cura, dei lavori gravosi ed usuranti, la cui Commissione preposta ha da poco terminato una prima parte dei lavori, e dei lavoratori che hanno perso il lavoro in tarda età e non sono più in grado di essere riassorbiti.
Dopo la sconfitta elettorale della Lega alle Amministrative le probabilità di un rinnovo di “quota 100” in cui ha sempre sperato Salvini sono andate definitivamente nel cassetto e anche il fondo ministeriale per gli anni 2022-2023-2024 di cui si era parlato nelle scorse settimane per limitare “lo scalone” sembra si andato in un binario morto.
Non sarà facile per il Ministro Franco trovare i denari per affrontare questo problema dal momento che con il rialzarsi dell’inflazione nel 2022 bisognerà reperire altri quattro miliardi di euro per pagare ai 16 milioni di assegni previdenziali l’indicizzazione delle pensioni.