L'esecutivo deve presentare un proprio progetto di intervento per rendere piu' flessibile l'età pensionabile. Soprattutto in vista del prossimo scatto dell'aspettativa di vita che dal 2016 chiederà a tutti di restare sul lavoro per 4 mesi in piu'.
Kamsin Tante proposte ma pochi fatti. Si può riassumere così lo stato dell'arte all'indomani delle varie aperture del Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti e del Neo-presidente dell'Inps Tito Boeri. Il ministro del Lavoro, Giuliano Paletti, lo va ripetendo da giorni e la scorsa settimana lo ha ri-confermato. Un intervento sulle pensioni è all'ordine del giorno del Governo e verrà deciso con la prossima legge di stabilità. Ma non è chiaro come si interverrà: "è necessario fare prima un lavoro preliminare di studio, per poi arrivare a delle scelte, in un quadro di tenuta dei conti" ha detto Poletti
Il nodo è sempre quello di una nuova forma di flessibilità in uscita capace di risolvere strutturalmente le situazioni di marginalità (disoccupati a pochi anni dalla pensione con ammortizzatori esauriti) senza modificare i requisiti attuali. «Dobbiamo - partire - ha detto Poletti dalle situazioni più difficili e socialmente più delicate, da specifiche condizioni come chi perde il lavoro e, nonostante gli ammortizzatori sociali, non riesce a maturare i requisiti per la pensione».
Il ministro nei giorni scorsi aveva più volte fatto riferimento all'ipotesi del "prestito pensionistico" che era stato messo a punto dal suo predecessore, Enrico Giovannini. Si tratterebbe, in questo caso, della possibilità di far scattare un anticipo temporaneo dell'assegno pensionistico (fino a 750-800 euro al mese) a chi si trovasse a due o tre anni dalla maturazione dei requisiti per la vecchiaia. E una volta in pensione ci sarà la restituzione dell'anticipo con microprelievi sull'assegno Inps. Su questa misura sono state anche fatte simulazioni che risalgono a diversi mesi fa e dalle qualirisulterebbero oneri per meno di un miliardo tra il 2015 e il 2024.
L'ipotesi però non piace ai sindacati e alla minoranza dem. Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati ha accusato che in questo modo si farebbe l'elemosina a persone che hanno versato contributi per quasi 40 anni e che meritano al contrario l'assegno pieno, qullo ingiustamente "scippato dalla legge Fornero".
Molto piu' equilibrate quindi le proposte di flessibilità in uscita sostenute dai Dem di cui proprio Damiano è stato apripista. Il partito democratico sostiene le uscite a partire da 62 anni e 35 di contributi con una decurtazione massima dell'8%, oppure la quota 100 (magari abbinata ad un meccanismo di penalità simile). Le due proposte (si vedano le tabelle) potrebbero mettere sostanzialmente d'accordo i sindacati (che chiedono però l'eliminazione delle decurtazioni) anche se necessitano di coperture finanziarie assai più ampie rispetto al prestito previdenziale.
Suscita minori consensi la proposta di estendere l'opzione contributiva a tutti i lavoratori con calcolo interamente contributivo. I rilievi si elevano dalla constatazione che in questo modo non sarebbe riconosciuta alcuna gradualità nel pensionamento: ai lavoratori verrebbe data la possibilità di uscire con requisiti anticipati (57 anni e 35 di contributi se si prorogasse il regime sperimentale attuale previsto dall'articolo 1, comma 9 della legge 243/04) accettando un taglio secco dell'assegno che può tranquillamente superare il 30%. Al massimo, sottolineano gli addetti ai lavori, tale opzione dovrebbe essere abbinata ad una delle proposte sopra esposte.
Si vedrà quali saranno le decisioni. Per ora il prossimo step è l'avvio di un confronto con i sindacati: Poletti si è detto pronto a ricevere nei prossimi giorni Cgil-Cisl e Uil sia per riflettere sulle possibili soluzioni per la flessibilità in uscita, sia per avviare il confronto sulla nuova governance da adottare per Inps e Inail.
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Zedde