La costituzione di rendita vitalizia (art. 13 L. 1338/1962), lo strumento che consente di riscattare periodi lavorativi per cui i contributi previdenziali risultino omessi e prescritti, non è rivolta ai soli lavoratori dipendenti: fortunatamente, la misura può essere utilizzata da tutti coloro la cui posizione contributiva (iscrizione all’Inps, comunicazioni e versamenti) dipenda da un altro soggetto.
È il caso, ad esempio, di collaboratori e coadiutori, che devono essere iscritti presso le gestioni speciali dei lavoratori autonomi dell’Inps (come la gestione dei Commercianti), laddove svolgano l’attività lavorativa in modo abituale e prevalente (Ministero del Lavoro, Circ. 10478/2013).
Colui sul quale grava l’obbligo contributivo, in queste ipotesi, non è difatti il collaboratore o coadiutore in prima persona, ma il titolare (art.10, L. 613/1966), anche qualora quest’ultimo non sia tenuto all’iscrizione Inps (Circ. Inps 78/2006).
Purtroppo, in occasione della verifica della propria posizione previdenziale alle soglie della pensione, capita non di rado che ci si accorga di importanti vuoti contributivi, corrispondenti a periodi datati, lavorati in qualità di collaboratore o coadiutore, ormai caduti in prescrizione.
In questi casi, i collaboratori/coadiutori dell'impresa commmerciale possono richiedere il riscatto dei contributi omessi all’Inps. Bisogna però sottolineare che l’accoglimento della domanda di costituzione di rendita vitalizia non è semplice e richiede delle prove rigorose, inerenti lo svolgimento dell’attività lavorativa.
Periodi lavorati in qualità di collaboratore/ coadiutore dell’impresa commerciale: prove documentali
L’elenco della documentazione richiesta per verificare l’effettivo svolgimento dell’attività lavorativa, in merito ai contributi omessi e prescritti, è contenuto nella circolare Inps n. 78 del 2019. In particolare, nell'Allegato 1 alla circolare, l’Inps richiede, in relazione ai periodi di lavoro svolto in qualità di collaboratore/ coadiutore dell’impresa commerciale (si vedano anche le circ. n. 31/2002 e n. 65/2008):
- l'atto costitutivo dell’impresa familiare e la relativa dichiarazione dei redditi di partecipazione;
- eventuali attestazioni delle Commissioni provinciali da cui risulti l’iscrizione del familiare ai fini dell’assicurazione I.V.S.;
- eventuali attestazioni dell’Ispettorato del Lavoro;
- risultanze degli archivi dell’Inps circa la sussistenza del rapporto assicurativo, ancorché in assenza dell’accredito contributivo, e documentazione assimilabile.
Requisiti della documentazione
È importante che i documenti siano di data certa e che da questi possa evincersi l’effettiva esistenza del rapporto di lavoro (art.13, co.4, L. 1338/1962), nonché la natura del rapporto di lavoro.
La documentazione deve preferibilmente essere redatta all’epoca dello svolgimento del rapporto di lavoro; se redatta in epoca successiva, deve comunque risultare risalente rispetto al momento della domanda di rendita vitalizia, in modo da escludere che sia stata costituita allo specifico scopo di usufruire del riscatto. L’Inps, a tal fine, controlla se la stessa documentazione sia stata già presentata dall’interessato in eventuali precedenti domande di costituzione di rendita vitalizia, verificando che anche rispetto ad esse la documentazione sia precedente.
È altresì importante evidenziare che la documentazione, di qualsiasi tipologia, deve rispettare sempre precisi requisiti di forma e di sostanza e deve essere sottoposta, in ogni caso, a una valutazione critica, nel contesto complessivo dell’istruttoria e dei riscontri: peraltro, l’esistenza del rapporto di lavoro non deve apparire solo verosimile o plausibile, ma risultare certa (cfr. Corte costituzionale sent. n. 26/1984 e n. 568/1989). La durata, la continuità della concreta prestazione lavorativa, la qualifica e gli ulteriori aspetti rilevanti del rapporto possono essere verificati anche con altri mezzi di prova (Corte Cost. sent. n. 568/89).
In base a quanto esposto, i documenti devono:
- essere attinenti con il rapporto di lavoro a cui la domanda di riscatto si riferisce;
- non essere stati redatti esclusivamente del beneficiario;
- risultare datati e sottoscritti dall’autore;
- essere completi in ogni parte ed integri, privi di abrasioni, alterazioni o cancellazioni tali da far presumere che siano stati predisposti allo scopo di ottenere il riscatto.
Nel dettaglio, la documentazione deve essere presentata in originale o copia debitamente autenticata da pubblico ufficiale.
Le copie autentiche, per essere utilizzabili ai fini della costituzione di rendita vitalizia, devono:
- riguardare il documento nella sua integrità e completezza;
- attestare la conformità con l'originale, a cura di chi esegue l’autenticazione, che, oltre ad apporre la propria firma per esteso ed il timbro dell'ufficio, deve indicare:
- la data e il luogo del rilascio;
- il numero dei fogli impiegati;
- il proprio nome e cognome;
- la qualifica rivestita.
Non sono utilizzabili le attestazioni di conformità all’originale redatte dall’interessato, dal datore di lavoro o da privati, mentre è ammessa la dichiarazione sostitutiva del fatto che la copia di un atto o di un documento conservato o rilasciato da una Pubblica Amministrazione o la copia di titoli di servizio siano conformi all'originale. La dichiarazione sostitutiva non è ammissibile per la documentazione privata o non conservata presso una Pubblica Amministrazione.
Dichiarazioni e attestazioni
In base a quanto specificato dall’Inps (Circ. Inps 78/2019 p.to 2.2), le dichiarazioni ora per allora non sono idonee a provare l’esistenza del rapporto di lavoro.
Le dichiarazioni delle Pubbliche Amministrazioni possono però essere utilizzate per evincere l’esistenza di un documento di data certa comprovante il rapporto di lavoro se:
- sono sottoscritte dai funzionari responsabili;
- contengono la precisa indicazione del tipo di atto, della data e dell’eventuale numero di protocollo del documento stesso.
Le attestazioni del Sindaco o del funzionario comunale delegato devono essere sempre verificate attraverso l’acquisizione della documentazione sulla cui base sono state rilasciate.
Sentenze
Nonostante, nella generalità dei casi, il giudice possa accertare l’esistenza di un rapporto lavorativo controverso attraverso diversi mezzi di prova, per l’accertamento dell’esistenza del rapporto di lavoro, ai fini della costituzione della rendita, deve basarsi su prove documentali di data certa e inequivocabili.
Nell’ipotesi in cui l’esistenza del rapporto di lavoro sia stata accertata sulla base di prove testimoniali, la sentenza non è assimilabile alla documentazione scritta di data certa: pertanto, non è utile a provare la sussistenza e la natura del rapporto di lavoro, ai fini del diritto alla costituzione di rendita vitalizia.
Non rileva la formazione del giudicato, anche qualora l’Inps risulti parte nello stesso giudizio (Cass. sent. n. 5239/88).
Testimonianze
La testimonianza è una tipologia di prova astrattamente idonea, in mancanza di riscontri documentali, a dimostrare l’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa nel periodo di vuoto contributivo. Inoltre, tramite la testimonianza è possibile provare lo svolgimento effettivo della prestazione in periodi antecedenti o successivi a quelli documentalmente accertati.
L’Inps, pur non escludendo a priori la prova testimoniale, precisa che l’utilizzo della testimonianza non deve calpestare il principio di prova scritta certa dell’esistenza del rapporto di lavoro.
Perché la testimonianza sia utilizzabile, il testimone deve:
- rappresentare fatti oggetto della propria percezione diretta;
- attestare le ragioni di come sia venuto a conoscenza di tali fatti, per offrire elementi di riscontro.
Non è comunque possibile, attraverso la testimonianza, retrodatare o postdatare un rapporto di lavoro, se il documento che prova l’esistenza del rapporto indica in modo inequivocabile la data di inizio e di fine dello stesso.
In sostanza, non è possibile utilizzare la testimonianza quando la data del documento è certa ed è certa, altresì, in base al contenuto del documento stesso, l’epoca di costituzione del rapporto.
Se il documento di data certa riporta le date di inizio e fine del rapporto di lavoro, le dichiarazioni testimoniali sono utili per coprire eventuali vuoti contributivi collocati fra le date indicate.
Se il documento di data certa riporta solo la data di inizio del rapporto di lavoro, non è possibile anticipare tramite testimonianza lo svolgimento dell’attività; se il documento di data certa riporta solo la data di fine del rapporto di lavoro, non è possibile posticipare oltre tale data, tramite testimonianza, lo stesso svolgimento.
Ad ogni modo:
- se il documento di data certa non indica né le data di inizio né le data di fine, è possibile utilizzare le dichiarazioni testimoniali per determinare l’effettiva durata e continuità della prestazione lavorativa;
- non devono essere presenti interruzioni tra la data dimostrata dalla documentazione e il periodo testimoniato (cd. “primo principio di collegamento”);
- deve essere presente un collegamento tra il periodo indicato nei documenti ed il periodo in cui il testimone risultava presente sul luogo di lavoro (cd. “secondo principio di collegamento”).
Nelle ipotesi in cui i testimoni siano colleghi di lavoro, questi devono essere regolarmente assicurati per il lavoro svolto effettivamente, durante tutto il periodo cui si riferisce la testimonianza. Nei casi in cui testimonino fornitori o acquirenti, è necessario che siano riscontrati rapporti diretti, abituali e continuativi fra azienda e testimone, per tutto il periodo oggetto di riscatto.
In generale, per l’ammissione di testimonianze di persone che non sono stretti colleghi di lavoro, è necessario verificare la motivazione della presenza del testimone presso il luogo di lavoro.
Verifiche da parte dell’Inps
Perché sia autorizzata la costituzione di rendita vitalizia, il titolare dell’obbligo contributivo (ad esempio, la ditta individuale) deve risultare esistente nel periodo oggetto della richiesta di riscatto: l’Inps può svolgere tale verifica non solo attraverso la consultazione delle proprie banche dati o del fascicolo aziendale, ma anche attraverso visure camerali o documentazione fiscale.
Nel caso in cui, a seguito della valutazione da parte dell’Inps, restino margini di incertezza, ambiguità, spazi aperti a diverse interpretazioni sulla riferibilità della documentazione al rapporto di lavoro in discussione, alla sua effettività o alla sua natura, la domanda di riscatto non può essere accolta.