Su questi argomenti Confindustria si è già messa in moto: «Abbiamo elaborato un documento inviato all'attenzione del Premier per avviare una riflessione complessiva su ammortizzatori sociali, politiche attive del lavoro, formazione. Vogliamo però capire, ha aggiunto il presidente di Confindustria, l'orientamento del governo sulle pensioni. «Confidiamo - ha proseguito - che si apra a breve un confronto con tutte le parti interessate».
Squinzi si ferma qui ma è evidente il disegno che sta dietro alle sue parole. I vertici di Confindustria, da un lato, premono, sulle pensioni flessibili per abbattere i costi e per favorire il turn over nelle
imprese; dall'altro, sono interessati a spingere su un nuovo modello di contrattazione basato tendenzialmente su un solo livello ( o nazionale o aziendale) e in larga parte centrato sul welfare integrativo
e sulla bilateralità.
"Di fronte ad un paese che non cresce vedo sempre più vicino quello scenario di cui mi aveva parlato un ex presidente dell'Inps, e cioè che o cresciamo del 2% all'anno o rischiamo il default dell'Inps stessa" ricorda Squinzi. "Non bastano quindi le novità arrivate finora con il Jobs act e con i decreti collegati, che comunque vanno nella giusta direzione di relazioni industriali più moderne e al passo con la competizione. Bisogna andare avanti, rivedendo le regole della contrattazione, dopo «l'importante accordo sulla rappresentanza». Analogamente bisogna affrontare il secondo pilastro previdenziale. «Noi siamo pronti con le nostre proposte - ha rimarcato Squinzi - sono convinto che si possa trovare anche rapidamente quella sintonia che permetterebbe di definire un'intesa di rilevante portata per le imprese, i lavoratori, l'intera società». Ma bisogna andare avanti; c'è bisogno della riforma dell'assistenza, delle pensioni e del welfare, della burocrazia, di una revisione della spesa pubblica, di liberare dal mercato le rendite monopolistiche.