L’esecutivo è pronto a rivedere la norma contenuta nella legge di bilancio 2024 che taglia dal prossimo anno le pensioni dei dipendenti degli enti locali, medici ed infermieri. Lo ha detto ieri il sottosegretario al welfare, Claudio Durigon, lasciando intendere che le risorse potrebbero essere reperite con una stretta all’indicizzazione degli assegni.
La questione
L'articolo 33 del testo della manovra prevede un taglio alle aliquote di rendimento delle anzianità acquisite sino al 31 dicembre 1995 nei confronti degli iscritti alle ex casse di previdenza amministrate dal tesoro (CPDEL, CPS, CPI e CPUG). Si tratta prevalentemente dei dipendenti degli enti locali, dei lavoratori della sanità pubblica (medici, infermieri eccetera), degli insegnanti delle scuole primarie paritarie, pubbliche e private, degli asili eretti in enti morali e delle scuole dell'infanzia comunali e degli ufficiali giudiziari e loro ausiliari. La revisione dei coefficienti di rendimento non riguarda tutti gli iscritti ma solo coloro che hanno maturato non più di 15 anni di versamenti nel sistema retributivo, cioè al 31 dicembre 1995.
L’attuale tabella A allegata alla legge n. 965/1965 attribuisce coefficienti di rendita piuttosto generosi anche in presenza di anzianità contributive scarse. E’ sufficiente avere anche solo un giorno di anzianità contributiva al 31.12.1995 per poter tradurre in pensione il 23,8% dell’ultima retribuzione pensionabile in godimento al momento del pensionamento. Al crescere dell’anzianità sono riconosciuti aumenti più contenuti sino al raggiungimento di un coefficiente di rendimento del 37,5% in corrispondenza di 15 anni di anzianità contributiva.
Il taglio
L’intervento proposto in manovra, invece, reca uno sviluppo dei rendimenti più omogeneo pari al 2,5% per ogni anno di anzianità contributiva acquisita da 0 a 15 anni. Con decurtazioni, pertanto, più sensibili quanto meno è l’anzianità contributiva al 31.12.1995. Ad esempio un assicurato con 10 anni di anzianità contributiva al 31.12.1995 vedrebbe una riduzione della quota retributiva della rendita pensionistica dal 31,89% al 25% dell’ultima retribuzione pensionabile. Con 5 anni di anzianità retributiva al 31.12.1995 il valore della rendita retributiva subirebbe già una perdita secca di oltre il 50%: dal 27,27% al 12,5%; con un anno di anzianità il rendimento scenderebbe drasticamente dal 24,45% al 2,5%. Oltre i 15 anni di versamenti l’attuale tabella già garantisce coefficienti di rendita complessivamente inferiori al 2,5% annuo (perciò i criteri non sono stati modificati). In tabella il confronto.
Secondo la relazione illustrativa del ddl bilancio il taglio riguarderà oltre 700 mila lavoratori consentendo il recupero di 17,7 milioni di euro già nel 2024 e complessivamente 3,5 miliardi di euro entro il 2043. Secondo i sindacati una pensione di vecchiaia con decorrenza nel 2024, a 67 anni età e 35 anni di contribuzione e con retribuzioni rispettivamente da 30.000, 40.000 o 50.000 euro annui, potrebbe subire una riduzione pari a 4.432 euro, 5.910 euro o 7.387 euro. Peraltro la norma è anche a rischio costituzionalità in quanto viola il principio del cd. pro rata.
Il dietrofront
A seguito delle preoccupazioni sollevate soprattutto dal comparto sanitario il sottosegretario Durigon ha espresso ieri la volontà di trovare delle soluzioni alle criticità sollevate, nell'ottica di un intervento complessivo e, dunque, non limitato soltanto ad alcune platee. La modifica potrebbe arrivare tramite la presentazione di un apposito emendamento alla manovra nel corso dell’iter parlamentare.