Pensioni

Pensioni

Un emendamento approvato al Ddl di stabilità taglia, dal 1° gennaio 2015, gli assegni d'oro dei "grand commis" di Stato. Ma la misura rischia di travolgere anche qualche pensione di "latta".

Kamsin Il ddl di stabilità approvato in prima lettura alla Camera contiene una importante misura che blocca la crescita della pensione per alcune tipologie di lavoratori per i quali, dal 2012, è scattato il calcolo contributivo.

L'emendamento approvato, salvo stravolgimenti nel corso dell'iter del ddl in Senato, prevede, infatti, che l'importo complessivo del trattamento determinato con il calcolo contributivo "non può eccedere quello che sarebbe stato liquidato con l'applicazione delle regole di calcolo vigenti prima dell'entrata in vigore del Dl 201/2011 computando, ai fini della determinazione della misura del trattamento, l'anzianità contributiva necessaria per il conseguimento del diritto alla prestazione, integrata da quella eventualmente maturata fra la data di conseguimento del diritto e la data di decorrenza del primo periodo utile per la corresponsione della prestazione stessa".

In primo luogo la misura si rivolge a coloro che erano nel 2011 nel sistema retributivo e cioè coloro che potevano vantare almeno 18 anni di versamenti al 31 dicembre 1995 e che vanno in pensione con la massima anzianità contributiva. In tale condizione si trovano due macro-categorie di lavoratori:

Con Requisiti Ante Fornero - Si tratta dei lavoratori la cui anzianità massima risulta fissata in 40 anni di contributi.  Sono coloro che hanno maturato un diritto a pensione entro il 2011 o, qualora si tratti dei salvaguardati o di altre categorie particolari di lavoratori per i quali sono mantenuti i vecchi requisiti (si pensi, ad esempio, al comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico), anche dopo il 2011. Per questi soggetti si precisa che l'anzianità contributiva eccedente i 40 anni di contributi, maggiorata con il periodo di finestra mobile - in genere 12 mesi anche se, in taluni casi, può arrivare sino a 21 mesi -, non sarà piu' utile ai fini della determinazione del trattamento pensionistico.

Con requisiti Post Fornero - Si tratta dei lavoratori che non hanno maturato un diritto a pensione con la vecchia normativa e che, quindi, dovranno accedere con i nuovi requisiti post-fornero. Nei loro confronti la contribuzione valida ai fini pensionistici si fermerà a 42 anni e mezzo (41 anni e mezzo le donne). La contribuzione in eccedenza non sarà piu' utile a guadagnare una prestazione piu' elevata. In altri termini chi andrà oltre questi tetti non cumulerà più nulla e la sua pensione non crescerà più.

La norma inoltre, per come è stata formulata, è retroattiva (sollevando anche alcuni profili di incostituzionalità): pertanto coloro che, ad esempio, sono andati in pensione nel corso del 2013 e del 2014 si vedranno decurtati gli assegni a partire dal 1° gennaio 2015 (anche se non saranno toccati gli assegni già liquidati).

La seguente tabella può aiutare a comprendere le innovazioni contenute nel ddl di stabilità:

Gli effetti - La norma produrrà i suoi effetti principali nei confronti delle pensioni degli alti funzionari di stato (magistrati, docenti universitari, medici, avvocati dello stato eccetera) che com'è noto possono restare in servizio sino a 70 anni (e sino a poco tempo fa anche sino a 75 anni) riuscendo, in tal modo, a maturare molti anni di contributi aggiuntivi rispetto ai fatidici 40 anni previsti nel vecchio sistema. Ebbene, per effetto anche di coefficienti di trasformazione piu' elevati, calcolati sino a 70 anni di età, le prestazione pensionistiche di tali lavoratori possono attualmente superare agevolmente l'80% dell'ultima retribuzione (si arriva anche al 110%), il tetto invalicabile previsto con la vecchia normativa. Pertanto in tali circostanze, la decurtazione, potrà anche essere "significativa".

Se questi lavoratori sono i principali destinatari della misura presentata dal Governo non si può escludere a priori che sia colpito, in maniera però meno significativa, anche qualche pensionato d'argento o di "latta", come stanno denunciando in questi giorni i sindacati. Potenzialmente, infatti, possono essere interessati anche gli assegni di quei lavoratori "comuni" che hanno perfezionato 40 anni di contributi nel 2011 e che, pur potendo uscire subito, si sono attardati sul posto di lavoro oltre il primo periodo di decorrenza utile. Vale la pena di notare, tuttavia, che la maggior parte di questi soggetti sono andati in pensione entro il 2012 e, dunque, in tal caso, non vedranno ridursi il proprio assegno pensionistico.

Nella nota tecnica che accompagna l'emendamento non si parla di risparmi di spesa ("dipendono dalla scelte comportamentali conseguenti") ma si dice che se ci saranno risparmi verranno utilizzati nell'ambito della previdenza. Le economie derivanti dalla misura affluiranno, infatti, in un apposito Fondo, istituito presso l'INPS, finalizzato a garantire l'adeguatezza delle prestazioni pensionistiche in favore di particolari categorie di soggetti, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

 Zedde

Il relatore al Ddl di stabilità chiude ad ulteriori modifiche sulle pensioni nella manovra. Ma dal prossimo anno il Governo "dovrebbe" intervernire sulla flessibilità in uscita.

Kamsin E' arrivata ieri una parziale apertura alla possibilità di rimettere mano, in parte, ad ulteriori criticità della Riforma Fornero del 2011. Dopo i correttivi introdotti con il ddl di stabilità alla Camera - che saranno confermati al Senato salvo ripensamenti dell'ultim'ora - il relatore al ddl Stabilità, Giorgio Santini (Pd), ha ammesso che si tratta di «argomenti su cui sta riflettendo il governo. Ci aspettiamo che sciolga questi nodi ma è più probabile che siano collocati in altri provvedimenti che saranno fatti molto rapidamente ma non in legge di Stabilità».

Insomma, secondo Santini, un provvedimento sulle pensioni dovrebbe arrivare nei primi mesi del prossimo anno per garantire maggiore flessibilità in uscita e la riforma della governance dell'Inps. Nella sostanza il governo da gennaio vorrebbe ridisegnare l'Inps come un'azienda. Un cda leggero (forse di sole 3 persone), e un direttore generale con poteri da amministratore delegato. Magari facendo fuori il Consiglio di vigilanza (Civ). Mentre sulle pensioni si potrebbe rispolverare la proposta Damiano sui pensionamenti flessibili. Vedremo se e come il Governo intenderà procedere. 

Prosegue intanto in Commissione Bilancio a Palazzo Madama l'esame del ddl di stabilità. Ieri è scaduto il termine per gli emendamenti, i vari gruppi dovranno ora selezionare cosa “segnalare” all’Esecutivo entro giovedì, quando anche il governo presenterà le proprie richieste di modifica. Ieri circolava la voce (riportata da Il Sole 24 Ore) secondo cui si starebbe valutando l'ipotesi di limitare lo stop alle penalizzazioni solo a chi dovesse incassare meno di 3.500 euro lordi al mese di pensione. La proposta, contenuta in un emendamento Pd, è stata però seccamente smentita dal Viceministro Morando che ha assicurato che non ci saranno modifiche rispetto a quanto approvato alla Camera dei Deputati (cioè stop alla penalizzazione sino al 2017 e stop alla crescita degli assegni per chi è entrato nel sistema contributivo). Da sciogliere ancora i nodi fondi pensione, Casse Professionali e gestione del personale in esubero nelle Province.

Zedde

La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha chiesto alle Sezioni Unite di stabilire se i giornalisti hanno diritto a chiedere la prosecuzione del rapporto di lavoro sino a 70 anni di età

Kamsin La Corte di cassazione vuole vederci chiaro e, pur non prendendo alcuna decisione su un ricorso presentato da un dipendente Rai, ha trasmesso gli atti al primo presidente di Palazzo Cavour per l'assegnazione alle Sezioni Unite "stante la particolare importanza della questione".

Il caso nasce con la riforma Fornero, con la quale le età per la pensione Inps di vecchiaia sono schizzate in alto ed è stata data la possibilità, per chi vuole, di lavorare fino ai 70 anni, incentivata da coefficienti di calcolo introdotti anche per le età da 66 a 70 anni, ovviamente in misura più appetibile rispetto a quelli riferiti alle età precedenti.

La richiesta arriva all'indomani delle difficoltà dei Tribunali nella definizione di un orientamento unitario circa la possibilità in capo al lavoratore di ottenere la prosecuzione del rapporto lavorativo sino a 70 anni di età. Il contrasto è relativo alla circostanza se il lavoratore ha un diritto soggettivo a chiedere la prosecuzione del rapporto di lavoro sino a 70 anni, indipendentemente dalla volontà del datore, oppure se debba sussistere anche il consenso del datore di lavoro.

Molti lavoratori del settore privato, licenziati al compimento dell'età per il collocamento in quiescenza (66 anni e 3 mesi), hanno iniziato a chiedere il riconoscimento della nuova "frontiera" anagrafica, ma i giudici di prima istanza non hanno assunto un orientamento chiaro. Alcune corti hanno, infatti, osservato che l'incentivo a lasciare il lavoro più tardi può essere attivato solo se c'è l'accordo, il consenso del datore di lavoro. In sostanza i lavoratori non avrebbero alcun diritto potestativo di scegliere in via autonoma fino a quale età lavorare. La norma di legge sarebbe soltanto un invito programmatico e nulla più.

Ora la Cassazione dovrà risolvere la questione. I giudici, come detto all'inizio, sottopongono il caso alle autorità superiori (sentenza 23380/2014) proprio perché qualsiasi soluzione adottata finisce per incidere sui diritti delle parti e anche sull'assetto degli equilibri del sistema pensionistico con ripercussioni a catena sui sistemi di calcolo delle rendite.

La vicenda nel caso dei giornalisti, peraltro, dovrebbe offrire l'opportunità di chiarire se l'incentivazione del rapporto di lavoro fino a 70 anni debba essere riconosciuta nel solo sistema contributivo oppure riguardi anche i lavoratori nel sistema misto e retributivo.

Zedde

Il Movimento 5 Stelle ha ripresentato ieri in Commissione Bilancio al Senato l'emendamento al ddl di stabilità per mandare in pensione dal 1° Settembre 2015 i lavoratori che si riconoscono nel cd. movimento quota 96 della scuola. 

Kamsin “Il governo li ha prima illusi, poi totalmente abbandonati: è la vergognosa vicenda dei Quota 96, gli insegnanti che per un grossolano errore della legge Fornero non possono vedersi riconosciuto il sacrosanto diritto di andarsene in pensione, pur avendone maturato i requisiti”. Lo affermano in una nota i deputati e i senatori del M5S in Commissione Cultura.

“Dopo tante belle parole al vento – continuano -, il governo ha definitivamente sbattuto loro la porta in faccia e nemmeno nella riforma della scuola in cantiere ha ritenuto necessario inserire una soluzione che ponga fine a questa clamorosa anomalia. Eppure la soluzione sarebbe a portata di mano, basterebbe solo volerla. Per questo il Movimento 5 Stelle ha presentato un emendamento e un ordine del giorno alla legge di Stabilità in discussione al Senato, con cui si chiede di correggere l’errore contenuto nella Legge Fornero, introducendo il termine del 31 agosto 2012 per il personale del comparto scuola che ha maturato i requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore della riforma pensionistica del governo Monti”. Nel testo dell'emendamento si precisa che i lavoratori del comparto scuola, che hanno maturato un diritto a pensione entro il termine dell'anno scolastico 2011/2012 potranno accedere al trattamento di quiescenza dal 1° settembre 2015.

“Le nostre proposte per sanare la situazione – concludono i parlamentari M5S – non arrivano oggi, le avevamo già avanzate ma sono state bocciate sia in occasione del decreto Carrozza, sia nell’ultima salvaguardia per gliesodati e del Decreto Pa, dove oltre al danno c’è stata anche la beffa dell’imbarazzante dietrofront della maggioranza. Vedremo se il governo avrà il coraggio di dire no anche questa volta”. 

Zedde

Il M5S ripropone l'emendamento per salvare i quota 96 della scuola. Morando smentisce l'ipotesi di ancorare la sospensione delle penalizzazioni all'importo dei trattamenti pensionistici.

Kamsin Ok alla sospensione della penalizzazione sui trattamenti anticipati sino al 2017 e stop della possibilità di ottenere pensioni piu' elevate con il sistema contributivo rispetto a quanto accadeva con il sistema retributivo. Il Governo ha confermato ieri, tramite il Viceministro all'Economia Enrico Morando, che non intende modificare le novità approvate nel ddl di stabilità alla Camera la scorsa settimana nel corso dell'esame al Senato del provvedimento.

L'impianto delle modifiche alla Riforma Fornero con il ddl di stabilità resterebbe, dunque per ora, quello già anticipato da pensionioggi.it nei giorni scorsi. Ieri sono state, tuttavia, alcune proposte emendative al ddl dai gruppi politici. Il M5S ha (ri)presentato un emendamento per risolvere la questione dei quota 96 della scuola; il Pd ha presentato un emendamento secondo il quale si limita lo stop alla penalizzazione solo in favore di coloro che maturano assegni inferiori a circa 3500 euro lordi mensili (circa 2400 netti), e sempre per chi percepisce una pensione sopra questa soglia, pari a sette volte il minimo, - si legge nell'emendamento a firma Pd - tornerebbe il divieto di cumulo con altri redditi da lavoro; Sel ha presentato una proposta emendativa in favore dei lavoratori ferrovieri. Fioccano richieste di modifica anche dalla Cgil che, ieri, ha chiesto l'estensione della moratoria sulla penalizzazione anche oltre il 2017. Proposte tuttavia che trovano contrario l'esecutivo, almeno per ora.

Il Governo dovrebbe invece aprire ad una revisione della tassazione sui fondi pensione, sulla tassazione dei rendimenti delle Casse professionali, rivalutazione del Tfr. Da sciogliere, poi, il nodo del personale delle province sul quale resta ancora in piedi l'ipotesi di fare ricorso a prepensionamenti per il personale in esubero.

Altri interventi sul capitolo previdenziale saranno affrontati probabilmente nei primi mesi del 2015. L'ipotesi è quella di intervenire per introdurre un sistema di maggiore flessibilità in uscita rispolverando il ddl sui pensionamenti flessibili proposto da Cesare Damiano. La modifica potrebbe salire sul treno della Riforma della Governance dell'Inps che l'esecutivo dovrà rapidamente approvare nei all'inizio del prossimo anno.

Zedde

La Cgil chiede che lo stop alle penalizzazioni sia esteso anche oltre il 2017. Necessario affrontare ancora il tema esodati, il dramma dei quota 96 della scuola e dei ferrovieri. Damiano: si apra la discussione sui pensionamenti flessibili.

Kamsin Auspichiamo che il Senato nella rilettura della legge di stabilità ritorni sui propri passi e modifichi le norme in materia di pensioni votate dalla Camera. E' quanto si legge in un comunicato stampa diffuso da Vera Lamonica, segretaria confederale della Cgil, in merito alle previsioni sulle pensioni contenute nella legge di stabilità, il cui iter prosegue a Palazzo Madama.

"Un emendamento proposto dalla Commissione e accolto dal governo - spiega Lamonica - elimina la penalizzazione per chi va in pensione anticipata (41,6 anni di contributi per le donne e 42,6 per gli uomini) prima dei 62 anni di età". "La cancellazione di tali penalizzazioni è da sempre una richiesta del sindacato", ricorda la dirigente della Cgil. "Queste colpiscono i lavoratori precoci e tutti coloro che, per salute (esposizione all'amianto etc.) o per lavori particolarmente faticosi (i cosiddetti lavori 'usuranti'), usufruiscono di agevolazioni sulle decorrenze. Anche perché - sottolinea - la legge Fornero ha legato il calcolo della contribuzione ai periodi di 'effettivo lavoro', escludendo proprio i soggetti più fragili dalla non applicazione delle penalizzazioni fino al 2017". "Questo meccanismo - sottolinea Lamonica - sta colpendo in modo particolare le donne che, per il carico del lavoro di cura, hanno più periodi di assenza. Quindi bene l'eliminazione della norma, ma essa deve essere stralciata strutturalmente: per tutti e anche successivamente al 2017, come invece previsto".

Lamonica indica poi alcuni nodi irrisolti e dimenticati dalla manovra: "la legge di stabilità non affronta il problema di dare soluzione definitiva alla questione esodati, così come a quello di quota 96 nella scuola e dei macchinisti delle Ferrovie, temi urgenti che aspettano ancora risposte adeguate".

"La Cgil - sostiene - ritiene non più rinviabile l'apertura di un confronto sull'insieme della legge Fornero, che va al più presto modificata nel suo impianto perché non sopportabile nella concreta condizione del Paese e del mercato del lavoro. Anche questo - conclude - è un obiettivo dello sciopero generale del 12 dicembre".

Sul punto anche l'Onorevole Cesare Damiano (Pd) rilancia: Se il Governo vuole finalmente mettere mano nel 2015 alle pensioni per correggere la “riforma” Fornero, e’ sufficiente che adotti le proposte di legge gia’ presentate dal Pd nella scorsa ed in questa legislatura. La principale di esse propone di introdurre un criterio di flessibilita’ consentendo, a partire dai 62 anni e con 35 di contributi o con 41 anni di contributi indipendentemente dall’eta’ anagrafica, di andare in pensione -prosegue il Damiano -Risolveremmo in questo modo il problema degli “esodati”, che e’ ancora rilevante, e daremmo una mano all’occupazione dei giovani che e’ compromessa – conclude – anche dall’obbligo di permanenza al lavoro fino a 67 anni dei propri genitori”.

Zedde

© 2022 Digit Italia Srl - Partita IVA/C.f. 12640411000. Tutti i diritti riservati