Pensioni

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La preclusione alla totalizzazione dei periodi assicurativi per chi ha già una pensione non opera nei casi in cui venga meno la titolarità dell'assegno ordinario di invalidità per mancata conferma, ovvero, a seguito di revisione, dello stato di invalidità.

Kamsin Chi è titolare dell'assegno ordinario di invalidità potrà liberamente esercitare la totalizzazione in caso di mancata conferma dell'assegno stesso, ovvero, a seguito di revisione, dello stato di invalidità. E' quanto ha precisato l'istituto di previdenza con il messaggio inps 9626/2014. 

La normativa attuale, com'è noto, prevede che l'esercizio della totalizzazione dei periodi assicurativi sia preclusa ai titolari di assegno ordinario di invalidità in quanto tali assegni costituiscono trattamento pensionistico autonomo. L'esercizio della totalizzazione, infatti, ai sensi della Circolare Inps 9/2008 è escluso laddove l'assicurato sia titolare di un trattamento pensionistico erogato da una delle gestioni destinatarie della normativa della totalizzazione, anche nel caso in cui si debbano cumulare periodi contributivi maturati in gestioni diverse da quella o quelle nelle quali sia stata già liquidata una prestazione a favore dell'assicurato. In pratica, salvo la pensione ai superstiti, quando l'assicurato ha già in godimento una pensione, compreso l'assegno di invalidità, e ha contributi versati in un'altra gestione, non può totalizzarli per ottenere un'unica pensione.

L'Inps però, con il messaggio citato, ha aperto ad una maggiore flessibilità interpretativa indicando che il divieto resta solo fino a che all'interessato non venga tolto il trattamento di invalidità. Pertanto, da oggi, chi è titolare di un assegno di invalidità e lo perde a seguito, ad esempio, della revisione dello stato di invalidità potrà liberamente esercitare la totalizzazione nazionale per conseguire, ove abbia contributi accreditati in diverse gestioni, il trattamento di anzianità in totalizzazione (40 anni e 3 mesi di contributi piu' la finestra mobile di 21 mesi) oppure il trattamento di vecchiaia (65 anni e 3 mesi di età piu' la finestra mobile).

Zedde

Il Ministro dell'Economia PierCarlo Padoan difende l'impianto della Riforma Fornero del 2011. Non sarà possibile metterla in discussione in futuro.

Kamsin L'intervento sulle pensioni del 2011 è stato necessario per correggere le anomalie nell'andamento della spesa previdenziale dello Stato. Gli effetti sul bilancio, però, non erano immediati e per questa ragione si è dovuto procedere con il blocco, parziale, dell'indicizzazione degli assegni e all'aumento brusco dei requisiti anagrafici e contributivi utili per l'accesso alle prestazioni pensionistiche. E' quanto ha indicato il Ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan intervenuto in mattinata al convegno organizzato alla Mefop Lecture «The clash of generations» presso la sala del Parlamentino del ministero dell'Economia. 

Il Ministro ha ricordato come da allora i vari governi che si sono succeduti hanno cercato di mettere un argine ai tanti problemi creati dalla Riforma. Ad iniziare dal tema esodati su cui "anche il Governo Renzi ha approvato, di recente, un nuovo provvedimento di salvaguardia", ma il sistema nel suo complesso, anche se deve essere ritoccato, non potrà essere messo in discussione in quanto garantisce "sostenibilità da un punto di vista finanziario".

L'Italia, ha osservato Padoan, è tra i Paesi Ocse quello che presenta un numero molto elevato di riforme effettuate in materia di pensioni negli ultimi vent'anni. Dalla riforma Amato del '92 alla riforma Dini nel '95, per finire con la riforma Monti-Fornero del 2011, che ha innalzato l'età pensionabile, con annessa l'eliminazione delle pensioni di anzianità e il passaggio per tutti al contributivo: tutti interventi che garantiscono, secondo le previsioni relative ai prossimi 15-20 anni, la riduzione della spesa pensionistica di circa 1,5 punti di Pil. «Interventi che accrescono la solidità e la stabilità nel tempo del nostro sistema pensionistico e pongono il debito italiano, pur con il suo alto livello, in una situazione di sostenibilità molto superiore rispetto a quella di diversi altri Paesi».

Secondo Padoan l'innalzamento dell'età pensionabile e il passaggio per tutti al sistema contributivo sono i punti cardine del futuro su cui non si potrà tornare indietro. Il 2011 segna uno "spartiacque" chiaro sulle pensioni. L'Italia da quel momento ha scelto la strada della sostenibilità della spesa previdenziale come "certifica l'Ue" (il Ministro ha fatto esplicito riferimento alle due ultime lettere inviate alla Commissione europea in cui si apprezza l'impianto della Riforma Fornero).

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Pubblicato il primo report delle domande pervenute alle direzioni territoriali del lavoro nell'ambito della sesta procedura di salvaguardia.

Kamsin Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato il primo report sul monitoraggio delle domande presentate per l'accesso ai benefici della cosiddetta sesta salvaguardia prevista dalla legge 147/2014 e dal Messaggio Inps 8881/2014. Il documento diffuso mostra le istanze di accesso al beneficio nel periodo intercorrente tra il 6 novembre e l'8 Dicembre 2014 alle direzioni territoriali del lavoro sono state ben 6.928. All'appello, come nel precedente report, mancano tuttavia Sicilia e Trentino Alto Adige. 

Le istanze monitorate si riferiscono esclusivamente a quei lavoratori tenuti al "passaggio" presso la DTL ai fini del riconoscimento della salvaguardia. Si tratta in particolare dei:

1) lavoratori il cui rapporto di lavoro si e' risolto entro il 30 giugno 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo il 30 giugno 2012, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

2) lavoratori il cui rapporto di lavoro si e' risolto dopo il 30 giugno 2012 ed entro il 31 dicembre 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

3) lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato per risoluzione unilaterale, nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, successivamente alla data di cessazione, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

4) i lavoratori con  contratto di  lavoro a  tempo determinato  cessati  dal   lavoro tra  il  1° gennaio 2007 e  il 31 dicembre 2011,  non rioccupati a  tempo indeterminato;

5) i lavoratori che, nel corso dell'anno 2011, risultano essere in congedo ai sensi dell'articolo 42, comma 5, del decreto legislativo n. 151 del 2001 e successive modificazioni, o aver fruito di permessi ai sensi dell'articolo 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992, e successive modificazioni (l'Inps ha esentato, però, dalla ripresentazione della domanda coloro che avevano già presentato domanda di accesso alla DTL nell'ambito delle procedure per la quarta salvaguardia, a condizione che la DTL non la avesse respinta);

Si segnala, in particolare, che per quanto riguarda quest'ultimo profilo di tutela le DTL hanno ricevuto ben 2.147 istanze di accesso a fronte di soli 1800 posti complessivamente disponibili. In questa categoria vanno, peraltro, aggiunti coloro che sono rimasti esclusi con la precedente salvaguardia per l'esaurimento del plafond, e che ammontano, secondo stime sindacali, a circa 2000 unità. 

Fonti: il report diffuso dal ministero del Lavoro

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E' ripreso oggi l'esame in Commissione Bilancio degli emendamenti alla legge di stabilità. Sui fondi pensione nodo ancora da sciogliere. Dal Governo via libera alla deroga per i lavoratori dell'Isochimica di Avellino esposti all'amianto.

Kamsin E' ripreso oggi in Commissione Bilancio del Senato l'esame agli emendamenti sulla legge di stabilità. La commissione dovrebbe ultimare i lavori mercoledì sera o al massimo giovedì mattina. Il via libera dell'Aula, con la “fiducia”, dovrebbe arrivare non oltre il 18-19 dicembre, per consentire il passaggio del testo alla Camera prima di Natale per il sì finale. Tre questioni rimangono ancora in sospeso: tassazione fondi pensione e Casse privatizzate; soglie dei “minimi” per i professionisti; ritocchi all'Irap (si prevede una franchigia per le Pmi e azzeramento costo del lavoro per tutti gli stagionale). In tutti e tre i casi la base di partenza per apportare modifiche al testo sarà quella degli emendamenti già depositati dai gruppi parlamentari sui quali il Governo opererà eventuali nuove riformulazioni.

Tutte le altre modifiche al capitolo pensioni saranno invece discusse nel corso della settimana. Si parte comunque dalle novità approvate in prima lettura dalla Camera: stop alla penalizzazione sino al 2017 per chi consegue i requisiti per la pensione anticipata e tetto sulle pensioni d'oro. A vario titolo al Senato si cerca di estendere e/o di ancorare a determinati requisiti reddituali tali innovazioni. E poi c'è il capitolo delle nuove deroghe alla Riforma Fornero con diverse proposte presentate dai partiti di opposizione (Sel, M5S e Lega), ad iniziare dai quota 96 della scuola. Vedremo nei prossimi giorni se il Governo farà qualche concessione.

Al vaglio dei senatori, dopo la scrematura tra inammissibilità e segnalazioni da parte dei gruppi, restano del resto circa 6-700 emendamenti dei 3800 iniziali, molti dei quali sugli stessi temi come, pensioni, il regime dei minimi o dell'Irap, così come sul ridimensionamento del taglio ai patronati, temi sui quali il Governo vorrebbe intervenire attraverso le proposte parlamentari.

Per ora l'unica apertura governativa è arrivata per i lavoratori dell'Isochimica di Avellino, ammalati di amianto. Sabato l'esecutivo ha presentato in Senato un emedamento che consente a tali soggetti possano mantenere le previgenti regole di pensionamento. La misura, secondo la relazione illustrativa, riguarderà circa 200 soggetti con un costo di circa 5milioni di euro annui.

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Nel 2015 il Governo dovrà garantire un sistema di pensionamenti flessibili che consenta un anticipo dell'età pensionabile di almeno 3 anni. Ma bisogna risolvere la vicenda dei quota 96 della scuola e di altri tanti errori della Riforma Fornero.

Kamsin “Condividiamo l’opinione di Tiziano Treu, commissario dell’Inps, di introdurre un criterio di flessibilita’ nel sistema pensionistico”. E' quanto ha detto Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della camera.   “Su questo argomento – continua Damiano – il Partito Democratico ha depositato una proposta di legge, di cui sono primo firmatario, che prevede la possibilita’ per chi ha 35 anni di contributi di andare in pensione a partire dall’eta’ di 62 anni (cd. i pensionamenti flessibili) oppure con 41 anni di contributi indipendentemente dall’eta’ anagrafica”.

Treu nei giorni scorsi aveva indicato che tra le priorità da affrontare nel prossimo anno c'è l'ammorbidimento dei requisiti previdenziali fissati dalla Riforma del 2011. Ipotesi condivisa anche dal relatore al ddl di stabilità, Giorgio Santini (Pd), che ha aperto alla possibilità di un intervento in tal senso in occasione della Riforma della Governance dell'Inps, prevista per il primo semestre del 2015.

“Questa proposta – prosegue Damiano – di cui sono a conoscenza il governo e il ministro Poletti, consentirebbe, a mio avviso, di risolvere anche il problema delle decine di migliaia di esodati che, nonostante le sei salvaguardie, sono ancora rimasti intrappolati nella Legge Fornero”.    “Ricordiamo al commissario dell’INPS che altri temi previdenziali da affrontare sono quelli delle ricongiunzioni, dell'opzione donna, dei macchinisti delle ferrovie e dei Quota 96 della scuola. Si tratta di un pacchetto di problemi causati da errori legislativi ai quali va posto riparo se si vuole perseguire un criterio di giustizia sociale”, ha detto Damiano.

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L'Inps dovrà recuperare lo 0,1% di rivalutazione provvisoriamente erogata durante l'anno 2014. Il tasso concesso per il 2015 è dello 0,3%.

Kamsin Nel 2015 le pensioni saranno rivalutate dello 0,3 per cento. Ma il tasso di rivalutazione definitivo per il 2014 sarà dell’1,1% invece dell’1,2% provvisorio applicato finora. E' quanto ha stabilito il decreto del ministero dell’Economia del 20 novembre 2014, pubblicato in «Gazzetta ufficiale» il 2 dicembre scorso.

La frenata dell'inflazione registrata nel corso di quest'anno, così come calcolata dall'Istat, determinerà, quindi, un contenimento della rivalutazione degli assegni previdenziali. Quale effetto delle indicazioni contenute nel decreto, il valore definitivo del trattamento minimo per il 2014 è di 500,88 euro, mentre quello dell'anno prossimo sarà di 502,38 euro. Per effetto di queste novità vediamo, quindi, nella tabella seguente come cambierà dal prossimo anno la perequazione automatica dei trattamenti pensionistici.

I cinque scaglioni di rivalutazione, evidenziati nelle tabelle, sono frutto della legge 147/2013 che ha, almeno parzialmente, rimosso il blocco disposto dal Decreto legge 201/2011. La legge di stabilità 2014 ha previsto, infatti, che per le pensioni di importo fino a tre volte il trattamento minimo l'adeguamento avviene in misura piena (100%); per le pensioni di importo superiore e sino a quattro volte il trattamento minimo viene riconosciuto il 95% dell'adeguamento; per quelle di importo superiore e sino a cinque volte il minimo l'adeguamento è pari al 75%; adeguamento che scende al 50 % per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il minimo, del 45% per le fasce di importo superiori a sei volte il trattamento minimo INPS.

Gli effetti - Per effetto della rivalutazione un pensionato che percepisce mille euro nel 2014 vedrà il proprio assegno crescere, pertanto, dello 0,30% e raggiungere i 1003 euro al mese; chi percepisce 3mila euro vedrà l'assegno salire dello 0,15% ed aggiungerà quindi 4,5 euro al mese in piu' al trattamento. Almeno in teoria. I calcoli infatti sono piu' complessi di quanto sembra perchè, il tasso dello 0,3% per l'anno prossimo non va applicato all'importo dell'assegno pagato nel 2014 sulla base dell'adeguamento provvisorio, ma sul valore definitivo, che è più basso, perché il tasso da utilizzare per il 2014 è dell'1,1% invece dell'1,2% A fine 2013, infatti, è stata data indicazione di rivalutare le pensioni dell'1,2% dal 2014 (ad un tasso provvisorio). Lo scorso 20 novembre, invece, è stato comunicato il tasso definitivo, che è pari all'1,1% e contestualmente è stato indicato quello provvisorio per il 2015 (lo 0,3%).

In altre parole, il nostro pensionato che oggi ha un assegno di 1.000 euro lordi, l'anno prossimo non incasserà 1.003 ma 1.002,01 euro.

L'aggiustamento retroattivo degli importi comporta, inoltre, anche un altro effetto negativo per i pensionati. Poiché nel 2014 il valore provvisorio dell'assegno è stato più generoso di quello definitivo, a inizio 2015 l'Inps dovrà recuperare la differenza, pari allo 0,1 per cento. In altre parole, l'ipotetico assegno di 1.000 euro lordi pagato finora sarebbe dovuto essere di 999,01 euro. Quindi a gennaio si dovranno restituire 12,87 euro (bisogna considerare infatti anche la tredicesima). Di conseguenza il nostro ipotetico pensionato l'anno prossimo percepirà 26,13 euro in più rispetto a oggi, ma subirà un conguaglio negativo riferito al 2014 di 12,87 euro e quindi l'incremento annuale "netto" (cioè i soldi in più che effettivamente metterà in tasca) sarà disoli 13,26 euro. Le modalità di recupero e gli importi esatti saranno comunicati dall'Inps nelle prossime settimane con una circolare.

Il recupero interesserà, inoltre, anche chi incassa una pensione di importo compreso fra tre e quattro volte il minimo o superiore a sei volte il minimo. L'Inps, infatti, ha pagato nel 2014 importi che devono essere rettificati sia nel tasso di rivalutazione (dall'1,2 all'1,1%), sia nell'aliquota di indicizzazione. Il risultato di questi assestamenti è che chi si colloca nella fascia tra 3 e 4 volte il minimo (per esempio 1.600 euro), avrà un beneficio maggiore perché gli sarà riconosciuta l'indicizzazione al 95% invece del 90% applicata temporaneamente finora; mentre chi percepisce oltre 3mila euro avrà un saldo negativo perchè l'aliquota di indicizzazione è scesa dal 50% al 40%.

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