I pensionati titolari di una pensione in regime di salvaguardia possono conseguire una pensione aggiuntiva sulla base dei contributi versati dopo il pensionamento o per l'attività professionale eventualmente svolta con iscrizione alla cassa professionale.
L'aumento della stima di vita interesserà anche quei lavoratori che, in virtu' di speciali disposizioni di legge, mantengono tutt'oggi in vigore le regole di pensionamento antecedenti alla Riforma Fornero.
Kamsin Continuano a giungerci decine di richieste di chiarimenti dai lettori circa un passaggio contenuto nella recente Circolare Inps 63/2015 con la quale l'istituto ha fissato gli effetti del prossimo incremento dell'età pensionabile nel triennio 2016-2018.
La Circolare, nel ribadire l'incremento di 4 mesi dei requisiti per l'accesso alla pensione dei lavoratori iscritti alla previdenza pubblica, ha precisato che il predetto adeguamento interessa anche "i soggetti per i quali continuano a trovare applicazione le disposizioni in materia di requisiti per il diritto a pensione con il sistema delle c.d. quote". Tali soggetti possono accedere alla pensione con "un’anzianità contributiva di almeno 35 anni e, se lavoratori dipendenti pubblici e privati, di un’età anagrafica minima di 61 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 97,6, e, se lavoratori autonomi iscritti all’Inps, di un’età anagrafica minima di 62 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 98,6".
Questo passaggio, però, si riferisce solo a due categorie "particolari" di lavoratori per i quali è ancora oggi applicabile il sistema delle quote.
In primis si riferisce ai lavoratori salvaguardati, cioè coloro che sulla base di sei specifici provvedimenti legislativi possono continuare a godere delle regole ante-Fornero, tra cui c'era, per l'appunto, la possibilità di accedere alla pensione con le cd. quote. Sono 170mila i lavoratori che si trovano in questa condizione: si tratta di lavoratori che avevano perso il lavoro entro il 2011 o che avevano, sempre entro tale data, stipulato accordi con il datore che prevedevano l'uscita nei mesi successivi.
In secondo luogo si riferisce ai lavoratori addetti a lavori particolarmente faticosi e pesanti e notturni ai sensi di quanto previsto dal Dlgs 67/2011 (vedi voce lavori usuranti). La Riforma Fornero ha lasciato infatti in vigore una disciplina particolare basata per l'appunto sul sistema delle cd. quote.
Ebbene per il triennio 2016-2018 questi lavoratori dovranno perfezionare almeno 61 anni e 7 mesi di età unitamente al quorum di 97,6 (per gli autonomi i requisiti sono di un anno piu' elevati). E' appena il caso di precisare che chi beneficia di questa normativa riporta in vita anche il vecchio sistema basato sulle finestre mobili. E quindi dovrà attendere 12 mesi o 18 mesi dal perfezionamento dei suddetti requisiti prima di poter ottenere la liquidazione della prestazione.
L'Inps propone anche un esempio di come deve essere condotta la verifica per il diritto a pensione. Ad esempio per verificare il raggiungimento del requisito al 31 ottobre 2016 di un lavoratore nato il 20 marzo 1955 con 1877 settimane di contributi bisogna trasformare l’età e i contributi del lavoratore in questo modo: 61 anni e 225 giorni sono pari a (61+225/365)= 61,616 anni; si divide quindi il numero di contributi per le settimane (1877/52) e si ottiene il valore 36,096 anni. La somma tra età e anzianità contributiva alla data del 31 ottobre 2016 è pari a 61,616 + 36,096 = 97,712. Il lavoratore ha quindi raggiunto il diritto a pensione avendo superato quota 97,6 ed essendo in possesso dei requisiti minimo di 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contribuzione.
Ad ogni modo, dunque, un lavoratore dipendente, pubblico o autonomo che non si riconosca in una delle due deroghe appena citate non potrà fruire del pensionamento con le quote. Dovrà attendere i requisiti previdenziali introdotti dalla Riforma Fornero e cioè: a) 41 anni e 6 mesi di contributi (42 anni e 6 mesi se uomini) indipendentemente dall'età anagrafica (pensione anticipata); 66 anni e 3 mesi di età unitamente a 20 anni di contributi (pensione di vecchiaia). Per maggiori informazioni si veda la voce: età pensionabile.
Sono una lavoratrice dipendente che ha raggiunto 57 anni e 3 mesi e i 35 anni di contributi a febbraio di quest'anno. Vorrei sapere se ho possibilità di uscire con l'opzione per il contributivo prima della sua scadenza. Posso fare la domanda? Giorgia Kamsin La lettrice può fare domanda ma nulla si può dire circa l'effettivo pensionamento. La circolare Inps 35 del 2012 infatti ha previsto che entro il 31 dicembre 2015, data di scadenza del regime di cui all'articolo 1, comma 9 della legge 243/04, si debba essere aperta anche la finestra mobile pari a 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome.
Ciò determina che le lavoratrici per poter accedere alla pensione con l'opzione contributivo debbano perfezionare i requisiti entro il 31 maggio 2014 se autonome, entro il 30 novembre 2014 se dipendenti del settore privato ed entro il 30 dicembre 2014 se impiegate statali.
L'istituto ha comunque precisato, con il messaggio inps 9304/2014, che le domande di coloro che maturano i requisiti quest'anno (come la lettrice), e che pertanto avrebbero l'apertura della finestra nel corso del 2016, non saranno rigettate ma tenute in debita evidenza al solo scopo cautelativo, in attesa che il Ministero del Lavoro si pronunci definitivamente sull'ammissibilità o meno al pensionamento dei lavoratrici che maturano i quesiti nell'anno 2015. Pertanto la lettrice può fare domanda ma l'effettivo pensionamento dipenderà dall'orientamento del Ministero del Lavoro.
L'aumento della stima di vita interesserà anche quei lavoratori che, in virtu' di speciali disposizioni di legge, mantengono tutt'oggi in vigore le regole di pensionamento antecedenti alla Riforma Fornero.
Kamsin La Circolare Inps 63/2015 ha fissato gli effetti del prossimo incremento dell'età pensionabile nel triennio 2016-2018. E' così dal prossimo 1° gennaio 2016 si dovrà lavorare 4 mesi in piu' di quest'anno. Per la pensione anticipata bisognerà raggiungere i 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne) mentre per la vecchiaia saranno necessari 66 anni e 7 mesi (65 anni e 7 mesi per le lavoratrici dipendenti e 66 anni ed un mese per le autonome).
Nella Circolare c'è, tuttavia un passaggio che ha destato tra i lettori di pensionioggi.it molta confusione. Il passaggio "incriminato" è il seguente: "Ciò posto, dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2018, i soggetti per i quali continuano a trovare applicazione le disposizioni in materia di requisiti per il diritto a pensione con il sistema delle c.d. quote, possono conseguire tale diritto ove in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 35 anni e, se lavoratori dipendenti pubblici e privati, di un’età anagrafica minima di 61 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 97,6, e, se lavoratori autonomi iscritti all’Inps, di un’età anagrafica minima di 62 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 98,6". Molti lettori hanno interpretato questa disposizione nel senso che fossero tornate in vigore le pensioni con le quote in forma generalizzata e che quindi fosse possibile uscire con 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contributi. Viene sorridere perchè, naturalmente, non è così.
Il passaggio infatti si riferisce solo a due categorie "particolari" di lavoratori per i quali è ancora oggi previsto il sistema delle quote. Da un lato ci sono i lavoratori salvaguardati, cioè coloro che sulla base di specifici provvedimenti legislativi possono continuare a godere delle regole ante-Fornero, tra cui c'era, per l'appunto, la possibilità di accedere alla pensione con le cd. quote. Sono 170mila i lavoratori che si trovano in questa condizione e, per avvalersi di questo beneficio, bisogna rispettare parecchi vincoli e condizioni stabiliti in sei diversi provvedimenti di salvaguardia. Si tratta comunque di lavoratori che avevano perso il lavoro entro il 2011 o che avevano, sempre entro tale data, stipulato accordi con il datore che prevedevano l'uscita nei mesi successivi.
Dall'altro lato ci sono i lavoratori addetti a lavori particolarmente faticosi e pesanti e notturni ai sensi di quanto previsto dal Dlgs 67/2011 (vedi voce lavori usuranti). Anche per questi lavoratori è, infatti, previsto un canale di uscita basato sulle cd. quote che chiederà, per il triennio 2016-2018, il perfezionamento di almeno 61 anni e 7 mesi di età unitamente ad quorum di 97,6 (per gli autonomi i requisiti sono di un anno piu' elevati).
E' appena il caso di precisare che chi beneficia di questa normativa riporta in vita anche il vecchio sistema basato sulle finestre mobili. E quindi dovrà attendere 12 mesi o 18 mesi dal perfezionamento dei suddetti requisiti prima di poter ottenere la liquidazione della prestazione.
L'Inps propone anche un esempio di come deve essere condotta la verifica per il diritto a pensione. Ad esempio per verificare il raggiungimento del requisito al 31 ottobre 2016 di un lavoratore nato il 20 marzo 1955 con 1877 settimane di contributi bisogna trasformare l’età e i contributi del lavoratore in questo modo: 61 anni e 225 giorni sono pari a (61+225/365)= 61,616 anni; si divide quindi il numero di contributi per le settimane (1877/52) e si ottiene il valore 36,096 anni. La somma tra età e anzianità contributiva alla data del 31 ottobre 2016 è pari a 61,616 + 36,096 = 97,712. Il lavoratore ha quindi raggiunto il diritto a pensione avendo superato quota 97,6 ed essendo in possesso dei requisiti minimo di 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contribuzione.
Ad ogni modo, dunque, un lavoratore dipendente, pubblico o autonomo che non si riconosca in una delle due deroghe appena citate non potrà fruire delle quote. Ma dovrà attendere i requisiti previdenziali introdotti dalla Riforma Fornero citati all'inizio dell'articolo.
A dicembre ho inviato all'INPS di Cagliari la domanda in quanto sono un lavoratore collocato in mobilità a seguito di accordi stipulati entro il 31/12/2011 e ho cessato il rapporto di lavoro il 30/12/2011,con perfezionamento dei requisiti per la pensione entro 12 mesi successivi al termine del periodo di Mobilità. Sono nato il 07/11/1955,in mobilità fino al 07/09/2016. Maturo i requisiti con la legge ante Fornero il 30/06/2017( 61,7 mesi di età e 37 anni di contributi) e con decorrenza pensione il 01/07/2018.
In data odierna ho ricevuto il diniego. L'impiegato incaricato mi ha informato che non posso essere salvaguardato perché il programma che ha predisposto l'INPS prevede la decorrenza della pensione entro i 12 mesi dalla fine della mobilità e non il perfezionamento dei requisiti (61,7 mesi di età e36 anni di contributi quota 97,7) entro 12 mesi dalla fine della mobilità. Vi chiedo gentilmente un chiarimento in merito. PierpaoloKamsin Il problema è noto. In breve la legge 147/2014 riconosce la salvaguardia - tra l'altro - testualmente "nel limite di 5.500 soggetti, ai lavoratori collocati in mobilita' ordinaria a seguito di accordi governativi o non governativi, stipulati entro il 31 dicembre 2011, cessati dal rapporto di lavoro entro il 30 settembre 2012 e che perfezionano, entro il periodo di fruizione dell'indennita' di mobilita' di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero, anche mediante il versamento di contributi volontari, entro dodici mesi dalla fine dello stesso periodo, i requisiti vigenti prima della data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011".
La questione verte quindi sull'interpretazione dell'avverbio "anche" e dell'apposizione delle relative virgole. Secondo la norma è possibile maturare un diritto a pensione - determinato con la normativa ante-fornero - nei successivi 12 mesi dal termine dell'indennità di mobilità a prescindere dal versamento dei volontari. Alcune sedi Inps disconoscono però nei fatti tale interpretazione attivando la fruizione di questo ulteriore periodo di 12 mesi solo a condizione che il lavoratore versi i contributi volontari per perfezionare un requisito contributivo mancante alla scadenza dell'indennità di mobilità (in sintonia con una norma simile inserita in precedenza nella quinta salvaguardia, cfr: messaggio inps 4373/2014). Per tale ragione, ritengo, che le sedi inps abbiano rigettato la domanda di salvaguardia.
Sarebbe utile che l'Inps precisasse in via ufficiale come debba essere interpretata tale disposizione per evitare indebite restrizioni.
Per favore mi dite se ho la sicurezza di lavorare fino all'età di 70 anni in quanto da Noi fanno pressioni che a 66 anni e 6 mesi “devi abbandonare “ in quanto a 66 anni Ti inviano la lettera che devi andare a casa . Non so come raggirano la “legge Fornero”. Ringrazio Se sapete qualcosa in quanto non ho capito , le sentenze hanno validità o no. Walter. Kamsin La legge Fornero incentiva nel settore privato la prosecuzione del rapporto di lavoro sino a 70 anni ai fini di attivare coefficienti di trasformazione piu' elevati e maturare quindi una pensione piu' elevata. Ma allo stato attuale da quanto mi consta non c'è uniformità di vedute a livello di giurisprudenza su come debba essere interpretata tale normativa. Quindi la risposta non può che rispecchiare tali orientamenti.
In breve ci sono due scuole di pensiero: la prima vuole che la prosecuzione del rapporto di lavoro oltre i 66 anni e 3 mesi (età per la pensione di vecchiaia) si attivi solo se c'è il consenso del datore di lavoro (e quindi si deve realizzare un accordo con il datore); la seconda configura tale situazione come diritto soggettivo del lavoratore e dunque, in tale ipotesi, non sarebbe necessario il consenso del datore: il lavoratore avrebbe un diritto a continuare a lavorare sino a 70 anni (e 3 mesi) continuando peraltro a fruire della tutela dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori.
Alcuni giuristi pongono il dubbio però che la tutela si riferisca ai soli lavoratori nel sistema totalmente contributivo e non potrebbe essere quindi invocata da chi è in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995.
La questione è stata assegnata di recente alla Sezioni Unite della Corte di Cassazione che dovrebbero ora offrire un supporto alla situazione esposta dal lettore. Ad avviso dello scrivente lo spirito della legge dovrebbe essere il secondo in quanto altrimenti la precisazione sarebbe stata del tutto superflua. Si metta in conto però che nel settore pubblico tale possibilità è pressochè rimasta lettera morta.