Rossini V

Rossini V

Franco Rossini, già avvocato ed esperto in diritto del lavoro e della previdenza collabora dal 2013 con PensioniOggi.it. 

Sono nato nell'agosto 1960, rientro nel sistema retributivo. Ho la possibilità di reimpiegarmi, ma con uno stipendio molto inferiore a quello che percepivo in passato, per arrivare ai nuovi requisiti richiesti per la pensione anticipata. Al patronato mi hanno detto che se trovo una nuova occupazione perderò una rilevante parte della pensione. E' davvero così? Ma ai fini del calcolo della quota A e B, si prenderanno gli ultimi stipendi al 31 dicembre 2011 (fine del sistema retributivo) o gli ultimi del 2019 (fine dell'attività lavorativa, se la trovassi)? Vincenzo

Dipende. La riforma Monti-Fornero, con l'istituzione della quota contributiva relativa alle anzianità matura­te a decorrere dal 1° gennaio 2012, ha congelato i coefficienti di rendimento al 31 dicembre 2011. Tutta­via, stanti le disposizioni contenute nella riforma Amato (Dlgs 503/1992), le retribuzioni prese a riferi­mento saranno quelle antecedenti la decorrenza della pensione o, in ogni caso, le ultime percepite.

Quindi nel caso di specie, un reimpiego con sti­pendio inferiore a quanto percepito prima della cessazione dell'attività lavorativa comporterà una riduzione del tratta­mento pensionistico tanto maggiore quanto sarà l'ar­co temporale in cui le retribuzioni più basse saranno percepite.


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In base ai calcoli del mio patronato è emerso che compio i requisiti per la pensione (quota 97 con i vari adeguamenti alla stima di vita ) nel Novembre 2014 successivamente alla scadenza dell'indennità di mobilità. Volevo sapere se posso comunuque beneficiare dell'ultima salvaguardia appena approvata con la legge di stabilità. Secondo il mio patronato forse potrei accedere ma all'inps non sanno nulla. Io sapevo che i requisiti dovevano essere perfezionati entro la fine della mobilità. E per tale ragione ero stato escluso dalle due precedenti salvaguardie. E' corretto quanto affermato dal patronato? Francesco da Torino

La risposta ritengo sia positiva. L'articolo 1, comma 231, lettera a) della legge 228/2012 (legge di stabilità 2012) ha esteso la salvaguardia - tra l'altro - ai lavoratori cessati dal rapporto di lavoro entro il 30 settembre 2012 e collocati in mobilita' ordinaria o in deroga a seguito di accordi governativi o non governativi, stipulati entro il 31 dicembre 2011, e che abbiano perfezionato i requisiti utili al trattamento pensionistico entro il periodo di fruizione dell'indennita' di mobilita' di cui all'articolo 7, commi 1 e 2,della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero durante il periodo di godimento dell'indennita' di mobilita' in deroga e in ogni caso entro il 31 dicembre 2014.

La salvaguardia in esame non è stata tuttavia ancora attuata ed è dunque necessario attendere una conferma di questa impostazione da parte dell'Inps nelle prossime settimane.


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Volevo sapere quando vado in pensione. Sono nato il 29 settembre 1949 e ho lasciato il servizio il 31 dicembre 1992, avendo maturato 22 anni di contributi. Per il diritto alla pensione di vecchiaia, a partire da gennaio 2013, sono 66 anni e tre mesi, che andrò a maturare entro il Dicembre 2015. Dal vostro calcolatore risulta che la pensione decorrerà dal 1° Gennaio 2016 e che quindi non dovrò scontare l'ulteriore aumento della stima di vita. E' corretto?  Inoltre, non ci dovrebbero essere dubbi sull'applicazione del calcolo retributivo relativo agli ultimi cinque anni di lavoro (sino al 1992). Ernesto da Mantova

Il lettore maturerà effettivamente il diritto all'ac­cesso alla pensione al compimento di 66 anni e tre mesi di età, e quindi il 29 dicembre 2015, con decorrenza del trattamento pensionistico il 1° genna­io 2016. Solo agli assicurati che matureranno il diritto nel corso del triennio 2016-2018 saranno richiesti ulte­riori mesi in funzione degli aumenti legati alla speran­za di vita, che dovrebbero ammontare ad ulteriori 4 mesi sulla base dell'ultimo scenario demografico istat.

La pensione sarà calcolata con le regole del sistema retributivo e quindi sarà composta solo dalla quota A, determinata in funzione delle retribuzioni percepite nel corso degli ultimi cinque anni antecedenti la cessa­zione.


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Sono un ingegnere di 67 anni, pensionato Inpdap dal 2006 dopo avere lavorato come docente nella pubblica amministrazione. Durante gli anni di insegnamento, con autorizzazione annuale del dirigente scolastico, esercitavo saltuariamente la libera professione, versando il 2% alla Cassa degli ingegneri e il 10% del fatturato all'Inps. Nel 2007, essendo andato in pensione, ho aperto la partita Iva, iscrivendomi alla cassa ingegneri. Ho cessato l'attività dopo due anni per mancanza di lavoro. Attualmente ricevo una pensione dall'Inpdap per l'insegnamento e una dall'Inps per i contributi versati a tale ente, mentre nulla ricevo dalla Cassa ingegneri per quanto a essa versato per oltre 30 anni. Luciano da Firenze

Per la maturazione della pensione Inarcasse, oltre al requisito anagrafico, occorre avere maturato un minimo di iscrizione e contribuzione alla Cas­sa, minimo che per la pensione di vecchiaia è pari a 30 anni. Tuttavia, la contribuzione deve essere quella sog­gettiva obbligatoria, mentre pare di capire che l'interes­sato ha versato solo quella integrativa calcolata sul fattu­rato, essendo iscritto alla gestione separata Inps. Occor­re, in definitiva, verificare con la Cassa l'ammontare dei contributi soggettivi versati degli anni di iscrizione.


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Nella mia vita lavorativa sono stata lavoratrice del settore privato per quasi 33 anni. Dal 2012 sono stata finalmente assunta presso la pubblica amministrazione e quindi sto maturando contributi in una cassa diversa e dovrò pertanto unificare in qualche modo questi periodi contributivi per avere un'unica pensione. Allo stato attuale, considerato che l'Inpdap, nell'anno 2012, risulta essere stato soppresso in quanto conglobato nell'Inps, vorrei sapere se devo fare richiesta di ricongiunzione del periodo contributivo come lavoratrice dipendente privato nella cassa pubblica. In caso di risposta affermativa, a quale ente dovrò rivolgere la domanda? E si tratterà di ricongiunzione onerosa? Se fosse troppo costosa potrei utilizzare la totalizzazione? Quali sarebbero le eventuali ulteriori alternative? Franca Da Genova

Il Dl 201/2011 ha effettivamente accorpato gli istituti previdenziali, ma ha lasciato invariati gli adempi­menti, motivo per cui la domanda di ricongiunzio­ne dei periodi lavorati con iscrizione Inps (cioè con datore di lavoro privato) dovrà essere prodotta all'ex Inpdap. La ri­congiunzione in questione è contemplata dall'articolo 2 della legge 29/1979, ed è - di norma - a titolo oneroso con importo ridotto al 50 per cento. Tuttavia, qualora la differenza tra riserva matematica e contributi da trasfe­rire dovesse risultare negativa, potrebbe non sopportare alcun sacrificio economico (co­siddetto provvedimento a onere zero). La verifica dovrebbe essere effettuata presso un patronato.

Le alternative al­la ricongiunzione, secondo l'attuale legislazione, sono diverse: totalizzazione nazionale con 40 anni e tre mesi di contributi, oppure 65 anni e tre mesi di età con almeno 20 anni di contributi (requisiti stabiliti per il triennio 2013/2015, da adeguare ai successivi incrementi legati al­la speranza di vita). Alle pensioni liquidate in regime di totalizzazione continua però ad applicarsi la finestra mobile di 18 mesi (o di 19, 20 e 21 mesi per i quarantisti) e, in assenza di un diritto autonomo, tutte le quote di pensione sarebbero calcolate con il sistema di calcolo contributivo.

Ferma restando la disciplina vigente in materia dì ricon­giunzione e totalizzazione dei periodi assicurativi, in al­ternativa la legge di stabilità 2013 (legge 228/2012) ha in­trodotto, al comma 239 dell'articolo 1, la facoltà di conse­guire un'unica pensione cumulando i periodi assicurati­vi non coincidenti posseduti presso due (o più) forme di assicurazione obbligatorie; per quei lavoratori che non siano già titolari di trattamento pensionistico autonomo presso una delle gestioni citate, qualora non siano in pos­sesso dei requisiti per il trattamento pensionistico. Tale facoltà può essere esercitata esclusivamente per la liqui­dazione del trattamento pensionistico di vecchiaia, con i requisiti anagrafici previsti dalla riforma Monti-Forne­ro (66 anni e tre mesi per il triennio 2013/2015). Quest'ul­tima possibilità, in attesa di chiarimenti ufficiali da parte dell'istituto previdenziale, non pare possa essere usata dalla lettrice, stante l'elevata anzianità contributiva pos­seduta presso l'Inps, poiché all'atto del pensionamento risulterebbero perfezionati i requisiti fissati nell'assicu­razione generale obbligatoria.

Infine, sempre a titolo oneroso, è possibile trasferire i contributi dalla gestione ex Inpdap all'Inps mediante l'attivazione dell'articolo 1 della legge 29/1979. Anche in questo caso l'onere eventualmente richiesto risulterà ab­battuto del 50 per cento.


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