Se la temperatura supera i 35 gradi l’azienda può ricorrere alla cassa integrazione ordinaria evocando la causale eventi meteo. Inoltre le aziende, nell’ambito delle attività di prevenzione dei rischi possono ridurre l’attività lavorativa nelle ore più calde e soleggiate, quali ad esempio dalle 14:00 alle 17:00. A spiegarlo, tra l'altro, è l'ispettorato nazionale del lavoro nella nota prot. 5056/2023, con cui integra le istruzioni operative in materia di vigilanza sulle misure di prevenzione ai fini della riduzione dei rischi per i lavoratori legati ai danni da calore.
Valutazione del rischio
Un'esposizione eccessiva a stress termici, spiega l'Inl, comporta l'aumento del rischio infortuni atteso che la prestazione lavorativa si espone a situazioni particolari di vulnerabilità. Più di tutto, sono interessate da tali fenomeni le mansioni che comportano attività non occasionale all'aperto, nei settori più esposti al rischio: edilizia civile e stradale (con particolare rilevanza per i cantieri e i siti industriali), comparto estrattivo, settore agricolo e della manutenzione del verde, comparto marittimo e balneare.
Le misure di prevenzione
Il rischio da calore, precisa l'Inl, rientra nell'ambito della “valutazione dei rischi” aziendale, mediante l'individuazione e l'adozione, da parte del datore di lavoro, di misure di prevenzione e protezione. Negli ambienti outdoor è naturalmente impossibile modificare i parametri fisici ambientali che caratterizzano l'esposizione al calore. In ragione della valutazione del rischio “microclima”, pertanto, vanno predisposte opportune misure di prevenzione che permettano di ridurre a minimo i rischi connessi alle ondate di calore che possono incidere negativamente sullo svolgimento dell'attività lavorativa, provocando conseguenze sulla salute, malesseri e anche infortuni.
Tra i fattori importanti che possono concorrere nella valutazione del rischio o del suo aggravamento, in chiave sia prevenzionistica sia ispettiva, da considerare nelle misure volte ad affrontare e mitigare i rischi in condizioni di calore, spiega l'Inl, ci sono: l'orario di lavoro che comprende le ore più calde e soleggiate della giornata a elevato rischio di stress termico (14:00/17:00); le mansioni; le attività con intenso sforzo fisico, anche abbinato all'utilizzo di dispositivi di protezione individuale (Dpi); l'ubicazione del luogo di lavoro; la dimensione aziendale; le caratteristiche dei lavoratore (età, salute, status socioeconomico, genere).
Stop attività senza prevenzione
Qualora durante l'attività ispettiva venga riscontrato, nei settori in cui il rischio è maggiore (ad esempio lavori all'aperto), l'assenza della valutazione del rischio specifico o delle misure di prevenzione, l'ispettore deve procedere ad emettere il verbale di prescrizione, con l'immediata sospensione dei lavori o, nei confronti dei lavoratori interessati, delle attività lavorative prive della predetta valutazione specifica. Invece, qualora, venga riscontrato che il datore di lavoro ha effettuato la valutazione del rischio e ha individuato le misure di prevenzione e protezione, ma, tuttavia, le stesse non sono rispettate, procederà a emettere un verbale di prescrizione nei confronti del preposto per non aver vigilato «sulla osservanza delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro».
A tal fine l’Inl segnala l’ordinanza del 18 agosto 2022 del Tribunale di Palermo, in relazione alla prestazione lavorativa dei rider, con le quali il giudice di merito, stante il generico obbligo di tutela dell’integrità psico-fisica del lavoratore, ha ritenuto “che la società convenuta sia tenuta all’adozione delle misure preventive e protettive indicate dall’INAIL nel Progetto Worklimate” e condanna la stessa “ad effettuare ex art. 17 e 28 d.lgs. 81/08 una specifica valutazione del rischio da esposizione ad ondate di calore… a fornire …un’adeguata formazione e informazione … ” e a consegnare una serie di necessari dispositivi atti a proteggere i lavoratori dai possibili shock termici.
Cigo sopra i 35°
Infine, l'Inl ricorda la possibilità di ricorrere alla cassa integrazione nel caso di temperature elevate registrate dai bollettini meteo o “percepite” in ragione della particolare tipologia di lavorazioni in atto. Si considerano elevate le temperature superiori a 35° centigradi. Nella domanda di CIGO e nella relazione tecnica da allegare, l’azienda deve solo indicare le giornate di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa e specificare il tipo di lavorazione in atto nelle giornate medesime, senza necessità di produrre dichiarazioni che attestino l’entità della temperatura o di produrre bollettini meteo.
Indipendentemente dalle temperature rilevate, la CIGO è riconosciuta in tutti i casi in cui il responsabile della sicurezza dell’azienda dispone la sospensione delle lavorazioni in quanto ritiene sussistano rischi o pericoli per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i casi in cui le sospensioni siano dovute a temperature eccessive. (circolare Inps n. 139/2016 e messaggio Hermes Inps n. 1856/2017).