La novità, in vigore dal 25 giugno 2015, riconosce alle lavoratrici dipendenti del settore pubblico e privato (con esclusione del lavoro domestico) che siano inserite in percorsi di protezione relativi alla violenza di genere - debitamente certificati dai servizi sociali, dai centri antiviolenza o dalle case rifugio - il diritto di astenersi dal lavoro, allo scopo di essere protette, per un periodo massimo di tre mesi.
Per esercitare questo diritto, la lavoratrice, salvo casi d'oggettiva impossibilità, è tenuta ad avvisare il datore di lavoro con un termine di preavviso di almeno sette giorni, indicando l'inizio e la fine del periodo di congedo.
Durante l'assenza la lavoratrice ha diritto a percepire un'indennità pari all'ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento. Il periodo è coperto da contribuzione figurativa ed è computato ai fini dell'anzianità di servizio, nonché per la maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto. La legge prevede che il congedo possa essere usufruito anche su base oraria o giornaliera nell'arco temporale di tre anni secondo quanto previsto da successivi accordi collettivi nazionali. GamsinIn caso di mancata regolamentazione da parte della contrattazione collettiva, la dipendente può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell'orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale inizia il congedo. La lavoratrice vittima di violenza di genere ha, inoltre, diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale se disponibile in organico, che dovrà poi essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno.