Il disegno di legge prevede, in via sperimentale, una misura di incentivazione fiscale che mira direttamente a promuovere il lavoro delle donne con figli, ovvero le più fragili nel mercato del lavoro, a maggiore rischio di abbandono, una misura utile anche in funzione del raggiungimento dei traguardi fissati dalla citata Strategia Europa 2020. "La misura - sostengono i firmatari - non può essere qualificata come discriminatoria in ragione del genere dei lavoratori, dal momento che essa è esplicitamente mirata a superare un assetto socio-economico produttivo di effetti discriminatori a carico delle donne: essa può e deve dunque essere qualificata come « azione positiva » volta a raggiungere un obiettivo al cui perseguimento la Repubblica italiana è vincolata dall’Unione europea.
La normativa punta esplicitamente a far sì che, a parità di reddito percepito, il prelievo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) su quello della contribuente lavoratrice donna sia significativamente inferiore a quello esercitato sul reddito identico del lavoratore maschio. La proposta consiste in una forte riduzione del prelievo fiscale sui redditi da lavoro a favore di tutte le donne con figli minori che decidano di rientrare nel mercato del lavoro dopo almeno tre anni di inattività, siano esse lavoratrici dipendenti, economicamente dipendenti o autonome.
In particolare, si prevede per tale platea l’applicazione di aliquote dell’IRPEF ridotte per i cinque periodi d’imposta successivi all’inizio dell’attività lavorativa. Il taglio – concentrato in prevalenza sul primo scaglione di reddito, per il quale il prelievo è portato a zero ( no tax area fino a 15.000 euro ) – è tale da comportare una riduzione d’imposta per tutti i redditi di lavoro, di qualunque natura e importo. L’entità della riduzione in rapporto al reddito netto attuale è resa tuttavia più intensa per i redditi fino a 28.000 euro, cioè per la fascia di reddito in cui si concentra a tutt’oggi il maggior numero di contribuenti donne.
In particolare, si prospetta un incremento del reddito disponibile che raggiunge il 30 per cento per i redditi fino a 15.000 euro e il 24 per cento per i redditi compresi tra 15.000 e 28.000 euro, per scendere al 15 per cento per i redditi fino a 55.000 euro e ridursi ulteriormente per i redditi maggiori. Per le donne residenti nelle aree o occupate nei settori in cui il tasso di partecipazione al lavoro delle donne è inferiore per almeno il 25 per cento al tasso medio nazionale riferito a tutti i settori economici, in aggiunta al regime speciale di imposizione, è prevista l’applicazione di una specifica detrazione forfetaria d’imposta sul reddito personale, articolata secondo tre fasce di reddito, entro il limite di 40.000 euro annui.
"Questa ulteriore detrazione - concludono i firmatari - , mirata a riconoscere una tutela più intensa alle donne in posizione di particolare svantaggio, territoriale o professionale, è in linea con la qualificazione di « lavoratore svantaggiato per genere » di cui al regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014. Trattandosi di una defiscalizzazione a beneficio esclusivo di lavoratrici non inserite nel mercato del lavoro e con scarsa probabilità statistica di rientrarvi, essa non dovrebbe comportare alcuna perdita di gettito nel breve-medio periodo, mentre comporterebbe, al contrario, un aumento del gettito particolarmente consistente quando le lavoratrici esauriscano il periodo di tassazione agevolata e restino comunque nel mercato del lavoro. Tuttavia, all’articolo 5, si è predisposta una norma di copertura finanziaria volta a fare fronte ad oneri stimati in un massimo di 250 milioni di euro annui".
Documenti: Il testo della proposta di legge