Questa tipologia di lavoro risale alla legge 390/1981, limitatamente al Mezzogiorno, che prevedeva l'utilizzo dei lavoratori in Cassa integrazione straordinaria in servizi di pubblica utilità, poi estesa, dal 1984 a tutto il territorio nazionale. Un utilizzo che viene rafforzato agganciando la decadenza dell'indennità di sostegno al reddito in caso di rifiuto da parte del lavoratore allo svolgimento dei lavori di pubblica utilità e all'elevazione dell'indennità corrisposta dall'80% al 90% dell'ultima retribuzione. Fra il 1991 e il 1994 viene poi ampliata la sfera dei lavoratori utilizzabili. Nel corso di questi anni vengono inclusi, oltre ai lavoratori in Cassa integrazione straordinaria, anche quelli in mobilità, i disoccupati iscritti da più di 24 mesi nelle liste di collocamento, le persone iscritte alle liste di mobilità con o senza indennità, le categorie di lavoratori individuati dalle Commissioni regionali per l'Impiego (Cri) e i lavoratori in disoccupazione speciale edile.
Dato l'ampliamento della platea di lavoratori utilizzabili, nel tempo, il fenomeno Lsu assume dimensioni notevoli (sfiorando le 170.000 unità a fine anni novanta). Per poi calare progressivamente dopo le riforme degli inizi del 2000 che hanno abrogato le procedure che consentivano l'utilizzo di lavoratori in attività socialmente utili mantenendo solo la possibilità di impiego diretto di lavoratori titolari di trattamenti previdenziali, da parte delle pubbliche amministrazioni, senza l'obbligo di predisporre uno specifico progetto.
Le categorie. Attualmente, pertanto, si possono distinguere due categorie di lavoratori socialmente utili: a) i "transitoristi" ovvero i LSU che avevano maturato 12 mesi di permanenza nelle attività socialmente utili nel biennio 1998-1999 e che continuano le attività con oneri a carico del Fondo sociale occupazione e formazione (ex Fondo per l'Occupazione), categoria ormai in esaurimento; b) i lavoratori cosiddetti "autofinanziati" che continuano le attività con oneri a totale carico delle Regioni o enti utilizzatori. In questo ambito rientrano i soggetti che non avevano maturato almeno 12 mesi di permanenza nelle attività socialmente utili, nel periodo dal 1° gennaio 1998 al 31 dicembre 1999 e che, pertanto, hanno potuto continuare le attività – su specifica deliberazione dell'Ente utilizzatore - con oneri a carico dell'Ente stesso (divenendo cosi lavoratori cosiddetti autofinanziati).
L'assegno. In entrambi i casi per lo svolgimento delle attività socialmente utili spetta, mensilmente, l'assegno per attività socialmente utili (ASU) pari a 580,14 euro e l'eventuale assegno al nucleo familiare (ANF). I lavoratori devono essere impegnati per un orario settimanale di 20 ore e per non più di 8 ore giornaliere. Per quanto riguarda gli aspetti previdenziali per i periodi di impegno in attività socialmente utili, per i quali è erogato l'assegno ASU, viene riconosciuto l'accredito della contribuzione figurativa, utile ai soli fini del raggiungimento del requisito assicurativo per il diritto a pensione (non per la misura).
Incompatibilità. L'Inps ricorda che l'assegno è incompatibile con lo svolgimento di attività di lavoro subordinato con contratto a termine a tempo pieno. L'assegno per i lavoratori socialmente utili è, invece, cumulabile con i redditi relativi ad attività di lavoro autonomo occasionale e di collaborazione continuata e coordinata (svolte per il periodo massimo previsto per il mantenimento dell'iscrizione nella prima classe delle liste di collocamento) nel limite massimo di 3.718,49 euro lordi. L'assegno è inoltre cumulabile con i redditi da lavoro dipendente a tempo determinato parziale, nei limite di 309,87 euro mensili.
L'assegno è incompatibile con i trattamenti pensionistici diretti e con i trattamenti di pensionamento anticipato. I titolari di assegno o pensione di invalidità possono scegliere di optare in favore dell'assegno ASU. Sono, invece, cumulabili con l'assegno ASU gli assegni e le pensioni di invalidità civile, nonché le pensioni privilegiate per infermità contratta a causa del servizio obbligatorio di leva. Le attività socialmente utili possono essere svolte dai lavoratori non oltre il raggiungimento dei requisiti minimi per fruire della pensione di vecchiaia o anticipata.