Lavoro

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In dirittura d'arrivo anche il decreto che riforma la cassa integrazione. Tra le novità attese c'è anche il superamento della cassa a zero ore ad eccezione delle riconversioni industriali.

Kamsin Il governo chiuderà il secondo capitolo del jobs Act il prossimo 20 Febbraio. Dopo i due provvedimenti approvati a dicembre che introducono da un lato il contratto di lavoro a tutele crescenti e la modifica dell'articolo 18 e, dall'altro lato, per chi perde il lavoro, altri due decreti stanno per vedere il disco verde nel Cdm di fine mese. I provvedimenti riguarderanno la riforma delle tipologie contrattuali che sarà inserita nei cosiddetto testo unico semplificato e la riforma degli ammortizzatori sociali, in particolare la cassa integrazione.

Dal primo decreto attuativo si attende l'abolizione dei contratti parasubordinati: "O si è lavoratori dipendenti o si è lavoratori autonomi, questa è la distinzione fondamentale spiega Filippo Taddei, responsabile economia del Pd. E il lavoro dipendente potrà essere svolto con il contratto a tutele crescenti o con il contratto a termine. II primo più conveniente del secondo, il secondo mantenuto per particolari esigenze". Sul punto il decreto potrebbe fissare in 24 mesi la durata massima del contratto a termine contro i 36 attuali, ma in compenso alzerebbe dal 20 al 30% il rapporto tra dipendenti a tempo indeterminato e a termine. Sulla causale resta confermata la norma attuale che la ha tolta.

Dovrebbero sparire quindi i co.co.co e co.co.pro ed essere introdotte specifiche tutele per i lavoratori autonomi con partita iva "genuina". Secondo Taddei chi lavora con partita Iva ma ha un unico committente o professionisti a inizio carriera legati, per esempio, a una sola committenza o a un solo progetto di lavoro dovrà avere "un plafond di tutele per esempio in caso di ritardo nei pagamenti dell'unico committente, malattie o maternità". Se, per esempio, "un programmatore ottiene una commessa di sei mesi e per un mese si ammala vogliamo aiutarlo a non perdere il lavoro". Tutele analoghe a quelle per la malattia sono allo studio per la maternità.
 
L'altro decreto dovrebbe riguardare la cassa integrazione. La formula che si intende adottare è "più la usi più paghi". Una sorta di clausola bonus/malus per le aziende che fanno maggior ricorso alla Cig. Secondo Taddei se si aumentano i contributi a carico delle aziende che ne fanno maggior uso si potrebbe innestare un circolo virtuoso limitando "in futuro gli abusi nell'interesse degli onesti». Tra le novità attese c'è anche il superamento della cassa a zero ore ad eccezione delle riconversioni industriali.

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Ameno di dodici mesi di distanza dal decreto Poletti si profila un nuovo intervento, il quarto negli ultimi due anni e mezzo, sui contratti a termine. Ci sarà una fase di transizione per le collaborazioni a progetto che poi verranno cancellate. Stessa sorte toccherà probabilmente al lavoro ripartito.

Kamsin Sui contratti a termine si potrebbe tornare indietro. La loro durata massima, che lo stesso governo Renzi aveva portato, per quelli senza causale, da uno a tre anni nel suo primo provvedimento importante, potrebbe scendere da 36 a 24 mesi, e c'è l'ipotesi anche di ritoccare il numero di proroghe, per ridurle da 5 a 3. A parziale compensazione, però, viene alzato un altro tetto: se oggi ogni azienda, sul totale dei dipendenti, non può avere più del 20% di lavoratori a termine il limite sarà portato più in alto, probabilmente al 30%. Mentre nulla cambia sulla causale, che non dovrà essere indicata dal datore di lavoro.

Il governo sta mettendo a punto il Dlgs di riordino delle tipologie contrattuali  il terzo attuativo del Jobs act atteso per il consiglio dei ministri del 20 febbraio e con l'occasione si potrebbe profilarsi un nuovo intervento sui contratti a termine. «L'obiettivo  afferma il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei  è quello di promuovere il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, per effetto del mix tra maggiore flessibilità in uscita e incentivi, contrastando l'area grigia dei contratti parasubordinati, che mascherano rapporti di subordinazione».

Confermate le altre novità del decreto che dovrebbe procedere, come stabilito nel disegno di legge delega, al «disboscamento» delle forme di lavoro più precarie. Dovrebbe scomparire il lavoro a chiamata, che però potrebbe lasciare il passo a un ricorso più facile ed esteso ai voucher, i buoni per le prestazioni occasionali. L'apprendistato di 1° (diploma e qualifica professionale) e 3° livello (alta formazione) avrà una forte semplificazione da concordare con il ministero dell'Istruzione. Possibile il rafforzamento anche del part-time verticale, cioè la possibilità di lavorare solo in alcuni giorni della settimana accettando una riduzione dello stipendio. Si prevede il graduale superamento delle collaborazioni a progetto. Restano da definire le nuove regole per le collaborazioni coordinate e continuative,  le associazioni in partecipazione, e il lavoro a chiamata: il governo vorrebbe cancellarlo del tutto ma nella ristorazione la modifica non va giu'.

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Esprime dubbi sui dati della Cassaintegrazione diffusi nei giorni scorsi dall'Inps, Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera. Lo fa tramite un'intervista raccolta dal Fatto Quotidiano questa mattina, dopo la denuncia fatta dal suo blog dopo aver letto i dati dell'Istituto sulla cassa integrazione relativa al 2014. Kamsin  Cosa l'ha allarmata? Ho letto una dichiarazione dell'Inps nella quale si affermava che il totale delle ore di Cassa integrazione autorizzate nel 2014 si attestava a 1 miliardo e 112 milioni registrando una diminuzione di circa il 6% rispetto allo stesso consuntivo del 2013 indicato in 1 miliardo e 182 milioni.

Quindi, una bella notizia? Certo. Però io verifico trimestralmente i dati dell'Inps e ricordavo che il consuntivo del 2013 non era quello indicato ma 1 miliardo e 76 milioni, oltre 100 milioni di meno. Quindi se confrontiamo il dato 2013 con quello del 2014 si ha un aumento del 3% e non una diminuzione.

Cosa ha risposto l'Inps? Che l'Istituto provvede nel mese di giugno di ciascun anno a rivedere e aggiornare la cifre del mese di gennaio. Dopo la revisione, quindi, si è arrivati a 1 miliardo e 182 milioni. Ma se vogliamo monitorare davvero la Cig dobbiamo confrontare dati omogenei.

Quale sarà, infatti, il dato rivisto a giugno? Sarebbe opportuno non fare dichiarazioni affrettate. E perché quella fretta? Non lo so. Avrebbero dovuto precisare che si trattava di un confronto tra dati non omogenei.

L'Inps ha cercato di mostrarsi gentile con il governo?
Non voglio essere malizioso ma qualcuno può essere indotto in tentazione e magari se si può fornire un dato positivo lo si fa. Ma non è corretto. A proposito di Inps ci sono state polemiche sulla nomina del nuovo presidente accusato di non avere i requisiti adeguati.

Qual è il suo giudizio? Le osservazioni sui requisiti del nuovo presidente venivano soprattutto da parte di Forza Italia e Ncd. Come presidente di Commissione ho pensato fosse giusto valutare il problema. Abbiamo convocato Boeri per un'audizione a cui è venuto da Londra. Per quello che mi riguarda le spiegazioni fornite sono state più che sufficienti. Su 32 votanti, abbiamo avuto 4 astensioni del M5S e un voto contrario di Forza Italia.

A che punto è la discussione sui decreti delegati del Jobs Act? Il parere del Parlamento non è vincolante e quindi il governo può non tenerne conto. Sarà un passaggio politico. A me premono tre cose: cancellare il riferimento ai licenziamenti collettivi; inserire un criterio di proporzionalità tra infrazione e sanzione; aumentare le indennità in caso di licenziamento.

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Con il nuovo anno si riduce la durata della mobilità in deroga. Nelle regioni in cui sarà concessa la durata non potrà superare i 6 mesi (8 mesi nelle regioni del mezzogiorno).

Kamsin Nuova stretta per la mobilità in deroga. Chi accede all'ammortizzatore sociale quest'anno potrà contare su una assistenza fino (massimo) a 6 mesi (erano 7 sino al 31 dicembre 2014). Unica eccezione è prevista per i lavoratori che risiedono nelle Aree svantaggiate del mezzogiorno (di cui al Dpr 218/1978) che potranno contare su un assegno sino ad 8 mesi sia nel 2015 che nel 2016. Sono gli effetti del recente decreto del Ministero del Lavoro 83473 dello scorso 12 agosto che ha dato una stretta agli ammortizzatori sociali in deroga in vista del loro superamento a partire dal 2017.

Quest'anno il trattamento di mobilità in deroga non potrà essere concesso ai lavoratori che hanno già beneficiato dello stesso trattamento per 3 anni o più, anche non continuativi, in passato; mentre chi sarà ammesso non potrà superare comunque i 3 anni e 4 mesi complessivi di fruizione. La mobilità in deroga, inoltre, è riservata ai lavoratori provenienti da imprese di cui all’art. 2082 del codice civile, ivi compresi i piccoli imprenditori di cui all’articolo 2083 del codice civile, che siano disoccupati e che abbiano reso la dichiarazione di disponibilità al lavoro ai sensi del D.Lgs. 181/00; è necessario inoltre avere un'anzianità aziendale di almeno 12 mesi di cui 6 di lavoro effettivamente prestato e risultare privi di altra prestazione legata alla cessazione del rapporto di lavoro (es. Aspi, Mini-Aspi o disoccupazione agricola).

Per accedere all'ammortizzatore si dovrà presentare la domanda per via telematica, alla sede inps territoriale,  a pena di decadenza entro 60 giorni dalla data del licenziamento o dalla scadenza della precedente prestazione.

Per la concessione della mobilità in deroga bisogna comunque fare riferimento agli accordi territoriali siglati nella propria regione di residenza. Quasi tutte le regioni hanno concesso l'ammortizzatore sociale con l'eccezione, per ora, solo di Piemonte e Veneto che hanno preferito dirottare le risorse a finanziare altri strumenti di sostegno. Gli assegni, come noto, vengono posti in pagamento dall'Inps con una procedura che è stata snellita dallo stesso decreto. L'Inps infatti entro 3 giorni dalla ricezione della domanda deve trasmetterla la domanda alle Regioni che devono effettuare la propria istruttoria nel giro di 30 giorni. Alla fine, il provvedimento di concessione viene trasmesso entro 5 giorni all'Istituto di previdenza che è incaricato del monitoraggio mensile di domande, prestazioni e flussi finanziari.

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Tra le novità che i tecnici di Palazzo Chigi e del ministero del Lavoro stanno valutando in vista dell'emanazione del Dlgs sul riordino delle tipologie contrattuali c'è l'abolizione del lavoro a chiamata. Il contratto potrebbe essere sostituito da un ricorso più esteso ai voucher per prestazioni discontinue e occasionali e al part-time.

Kamsin Il Governo è lavoro per l'attuazione delle altre deleghe sul Jobs Act. Dopo l'approvazione dei primi due decreti attuativi (attualmente all'esame delle Commissioni di Camera e Senato) l'esecutivo punta a chiudere la partita sul riordino delle tipologie contrattuali, altro punto caldo della legge delega 183/2014.

L'obiettivo è il graduale superamento delle collaborazioni a progetto, la cancellazione dell'associazione in partecipazione, e del lavoro intermittente (cioè i rapporti a chiamata) che sarà sostituito da un allargamento del voucher per il lavoro accessorio e dal rafforzamento del part-time verticale (per prestazioni a tempo pieno per periodi di tempo predeterminati). In arrivo anche un generale ripensamento della struttura delle collaborazioni coordinate e continuative, per renderle una forma genuina di rapporto flessibile.

Sono queste le ultime indiscrezioni provenienti da Palazzo Chigi in vista del consiglio dei ministri del 20 febbraio che, tra i tanti temi all'ordine del giorno, esaminerà il decreto attuativo del Jobs act che riguarda «il codice dei contratti, ossia la revisione delle tipologie contrattuali».

Non dovrebbero, invece, esserci modifiche sostanziali al contatto a termine, ma solo ulteriori semplificazioni normative nonostante le richieste della minoranza dem che vuole una riduzione della durata del contratto da 36 mesi a 24 mesi; una modifica per evitare che i rapporti si "configurino come periodi di prova allungati nel qual caso c'è il contratto a tutele crescenti, con i vantaggi per il datore di lavoro in termini economici e di maggiore flessibilità" ricorda Fassina.

Sull'apprendistato si va verso una robusta semplificazione degli adempimenti formativi a carico delle imprese e verso un azzeramento dei costi e delle quote obbligatorie di stabilizzazione per l'apprendistato per la qualifica e il diploma professionale (1° livello) e per l'alta formazione (3° livello).

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Potranno continuare a fruire dell'incentivo per l'assunzione di disoccupati di lungo periodo previsto dalla legge 407/1990 solo i datori che hanno inserito in azienda questa tipologia di lavoratori entro il 31 dicembre 2014.

Kamsin Stop al bonus contributivo previsto dalla legge 407/1990 in favore dei datori di lavoro che assumono lavoratori iscritti nelle liste di mobilità. La novità è contenuta dalla legge di Stabilità 2015 (articolo 1, comma 121, della legge 190/2014) per spostare le risorse sul nuovo esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato realizzate nel 2015. L'agevolazione potrà essere mantenuta, però, come ha indicato l'Inps con la Circolare 17/2015, solo in favore dei datori che hanno assunto nel 2014, fino alla scadenza dell'arco temporale agevolato, al termine dei 36 mesi dalla data di assunzione.

L'incentivo. L'articolo 8 della legge 407/1990 prevedeva nei confronti dei datori che assumevano alle loro dipendenze, con contratti di lavoro a tempo indeterminato, lavoratori disoccupati che si trovavano in tale stato da almeno 24 mesi, uno sgravio contributivo del 50% per un periodo di 36 mesi (lo sgravio arrivava al 100% se le assunzioni venivano effettuate da imprese operanti nel Mezzogiorno d'Italia ovvero da imprese artigiane ovunque localizzate).

Per poter accedere ai benefici contributivi della legge 407/90 bisognava rispettare alcune regole, introdotte dalla legge 92/2012 e specificate nella circolare Inps 137/2012: in particolare, l'assunzione non doveva realizzare una sostituzione di personale licenziato, nelle ipotesi dei recessi intimati «per giustificato motivo oggettivo o per riduzione di personale». L'Inps aveva chiarito che la «sostituzione» dei lavoratori licenziati ricorreva quando si assumeva un altro lavoratore per adibirlo a mansioni per le quali i lavoratori licenziati avessero un diritto di precedenza alla riassunzione. Per aver diritto all'incentivo, infatti, l'assunzione non doveva violare il diritto di precedenza.

L'incentivo spettava invece nel caso in cui il posto di lavoro fosse stato preventivamente offerto ai lavoratori licenziati e questi avessero rifiutato. L'unica deroga riguardava le assunzioni agevolate riferite a soggetti disabili, collocati in base alla legge 68/1999. Per godere dell'incentivo, i datori di lavoro dovevano anche accertare che il lavoratore possedesse il requisito di anzianità dei 24 mesi come disoccupato. Infatti, le sedi Inps, per verificare la spettanza dei bonus  legati allo stato e alla durata della disoccupazione, si attengono agli accertamenti dei centri per l'Impiego.

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